lunedì 28 dicembre 2009

venerdì 18 dicembre 2009

You

lunedì 30 novembre 2009

venerdì 27 novembre 2009

Mi chico latino





Miguel lo aveva baciato. Non riusciva ancora a capacitarsene. Era stato un bacio aggressivo, duro, di quelli che non te li dimentichi neanche col lavaggio del cervello. Era durato un sacco anche se non ne era sicuro. Avevano entrambi bevuto parecchi cocktail quel pomeriggio-sera interrogando decine di donne entrate in contatto con la vittima. L’omicidio legato all’agenzia matrimoniale era un caso pesante. Di quelli che tolgono il sonno. E ora, a scombinare le notti del commissario Maybach ci sarebbe stato pure il ricordo di quel bacio. Miguel lo aveva lasciato alla sua macchina come se niente fosse “Ci si vede domani” aveva biascicato aprendo la portiera. Jan l’aveva visto mentre veniva inghiottito dalla notte. Fermo immobile, aveva sperato che succedesse qualcosa. Magari si fosse ripreso da quel torpore alcolico.
Una volta tornato a casa si era sdraiato sul letto. Era crollato quasi subito. Ma alle quattro del mattino un’angoscia mista a stupore lo aveva svegliato. Sentiva un peso nel petto che gli toglieva il respiro. Come un macigno. Miguel mi ha baciato. Un rigagnolo di sudore solcò la sua tempia. Era vergognoso, inaudito e, allo stesso tempo, tremendamente eccitante. Fu proprio l’eccitazione fisica ad impedirgli di riprendere sonno. La bocca di Miguel sulla sua, su tutto il suo viso... a mapparlo, a saggiarlo. Era stato così sublime... intenso...
Quando era stata l’ultima volta che una donna gli aveva fatto provare qualcosa di simile? Scosse la testa odiandosi per quella domanda. No, non doveva porsi quello di quesito. Ma l’altro... Jensen... era stato con lui, solo con lui che si era sentito così. L’unico uomo della sua vita, il solo a portarlo ad un passo dalla perdizione. Dopo la fine di quel difficile rapporto, c’era stato il matrimonio con Anya, coronato con l’arrivo di uno splendido frugoletto, Benny. L’omosessualità poteva dirsi ricordo le passato, in soffitta come le cose vecchie di cui ci si vuole disfare. Anche se gli costava una fatica immane ammetterlo, la relazione con lo spacciatore era stata così intensa da eclissare qualsiasi rapporto passato o futuro con le altre. Nemmeno il menage con Anya dopo tutto era riuscito a sopportare il peso di quel rapporto, anche se i motivi della separazione erano ufficialmente altri. E per Jan l’unico obbiettivo per sentirsi in pace con se stesso era quello di trovare una donna. Qualcuna che facesse da madre a Benny. Non vi era riuscito, e nel frattempo il suo migliore amico non che collega l’aveva baciato gettandolo nel baratro del dubbio e della paura. Ci sarebbe stato un lunedì dopo quel bacio? Ci sarebbero state colazioni allegre con suo figlio? Morbidi panini spalmati di burro e barzellette da ascoltare e da raccontare? In quel momento gli sembrava impossibile che esistesse un domani. Che ci fosse per lui un solo tralcio di normalità. Aveva corrotto Miguel... anche se ubriaco perso. In ogni caso era stata colpa sua.
Gli omosessuali come lui mandano dei segnali ad altri omosessuali, spesso però intercettati da chi omosessuale non è. Miguel era solo caduto nella rete del ragno. Una rete tessuta con pazienza ed impegno. Tale era il disgusto verso se stesso che per qualche secondo meditò il farla finita. Ma non durò che un secondo. Amava troppo suo figlio considerare sul serio una cosa simile.
Incredibilmente il mattino arrivò. Osservò Benny salire sullo scuolabus. Una volta solo mise tuta e scarpe da ginnastica. Aveva bisogno di correre per scaricare la tensione.
Non poté evitare il commissariato e, di conseguenza, il confronto con Miguel. Colui che gli aveva rubato la tranquillità non era ancora arrivato. Ina stava compilando delle pratiche.
“Ciao Jan, il tuo amichetto?”
“Cosa?” impallidì.
“Miguel Alvarez, hai presente? Di solito arrivate insieme...” deglutì. Non rispose, superò la scrivania della collega per poi andarsi a schiantare sulla sua poltrona. Quando il suo non solo più collega-amichetto, come l’aveva definito Ina, arrivò, lui era occupato con Haio in un dialogo piuttosto importante riguardo l’indagine in corso.
“Eccoti finalmente.”
“Jan è arrivato?”
“Magari buongiorno o che ne so, ‘Ciao’” Miguel non aveva voglia di scherzare. Guardò la scrivania di Jan e vide il giubbetto appoggiato sulla poltrona. Doveva parlargli. Prima di subito.
“Comunque, è dentro con Haio, da almeno venti minuti. Il fatto che tu sia in ritardo non passerà inosservato.”
“Non c’è problema” si sentiva una specie di Dio. Aveva una forza dentro sé tale da farlo sentire invincibile. Avrebbe potuto comandare un drappello e andare alla guerra senza timori. Aveva baciato Jan, e lui non gli aveva creato problemi, anzi... aveva risposto al bacio con genuina passione. E quella che aveva sentito attraverso il pantaloni era eccitazione. Jan ce l’aveva duro durante la pomiciata più rischiosa della sua vita. Ma ce l’aveva fatta, aveva azzardato e, come in un miraggio, rivide il flashback della sera prendente.
L’ultima testimone era uscita. Jan era seduto sullo sgabello a ridosso del bancone. Miguel ballava con la cameriera un lento. Baciò la mano alla ragazza che si accomiatò da lui. Certo, se lei non avesse dovuto lavorare... magari avrebbe potuto sostituire Carmen Rubio. Peccato, era solo, anzi no, c’era Jan. Perché era triste? Sembrava dormisse. Dopo avergli confessato la certezza di aver conquistato il cuore di quella stupenda mora con gli occhi più neri della notte, si era addossato a lui. Che fai dormi? Gli aveva chiesto ironico con la voce impastata dall’alcol. Jan non aveva risposto. Si era però lasciato sbavare il collo. Ma quasi subito si era allontanato. Miguel aveva superato il segno quella sera. E niente erano servite le parole gridate da dietro. “Cosa ho fatto di male?” Jan era già in mezzo alla strada...
Poi un vicolo più buio, vicino all’auto di Jan. Miguel l’aveva raggiunto. Gli si era parato davanti.
“Ora me lo dici che ti ho fatto?”
“Non sei tu... non ti preoccupare.”
“E cosa? Ti da fastidio che durante un indagine ci abbia provato con una?”
“Perché, lo hai fatto?”
“No... in realtà ho solo flirtato un po’”
“Beh, hai fatto male” Jan guardò oltre la sua spalla. In verità era turbato perché una delle indagate aveva una figlia ed era single, proprio come lui. Gli sarebbe dispiaciuto un sacco se fosse stata lei ad aver commesso il delitto.
“Facciamola finita qui, dai” disse. Jan trattenne uno sbuffo di riso. Il solito egocentrico. Se lui rideva ed era felice, se era incazzato o triste doveva essere sempre e solo merito o colpa sua.
“Non ce l’ho con te, Miguel, hai capito?” Sorrise, di quei sorrisi che ogni tanto disarmavano lo spagnolo fino a farlo sciogliere. Fino ad una manciata di secondi prima lo stava abbracciando da dietro e ora Miguel moriva dalla voglia di abbracciarlo prendendolo da davanti. Stringere le braccia attorno alla sua vita e accostarlo a sé.
E lo fece, tutto d’un fiato.
“Jan Maybach” esalò mentre lo abbracciava. La bocca era attaccata all’orecchio.
“Miguel Alvarez” rispose. Fino a quel momento il mondo era ancora un posto normale. Abitabile. Gradevole, persino. Poi la bocca di Miguel si era spostata dall’orecchio alla gota, dalla gota al mento, dal mento al labbro inferiore. E poi, lentamente, era planata sulla sua. Jan aveva schiuso le labbra rispondendo ad un istinto atavico.
Si stavano baciando, per la prima volta, senza trattenere tutta la virile passione che li caratterizzava. Miguel aveva agguantato il volto dell’amico stringendo le guancie. Il bacio era proseguito per tanto, incuranti dei possibili occhi indiscreti. Lipsia quella sera non era una città ma il loro nido d’amore. Senza motivo, Jan aveva perso una lacrima. Miguel l’aveva leccata. Per poi tornare a leccare la saliva attorno alla bocca.
“Mi chico hermoso” sussurrò con voce calda tra una succhiata di lingua e l’altra. Jan stentava a credere ai suoi occhi, alle sue orecchie, alla sua bocca. Al calore del fuoco che imperversava dentro sé. Ma soprattutto, non riusciva a capacitarsi che Miguel lo stesse baciando. E con tanta passione poi! I bacini aderirono fino a fondersi. Erano ancora così, abbracciati, bacianti e in mezzo alla strada. La sirena della polizia li riportò alla realtà. Si staccarono. Jan teneva gli occhi abbassati per la vergogna e lo stupore. Era così freddo senza il corpo di Miguel a scaldarlo.
“Ci si vede domani” così si era chiusa la faccenda.
Miguel tornò alla realtà. Ina lo stava guardando interdetta.
“Cos’hai oggi? Sei più svagato del solito.... una di quelle dell’agenzia ha fatto breccia nel grande cuore del commissario Alvarez” ironizzò sogghignando.
“Non proprio...” rispose più rilassato. Jan era dall’altra parte del muro. Riusciva a sentire la voce del suo capo che lo esortava a non dare nulla per scontato. Ma la questione indagine era lontana anni luce da Miguel... persino Carmen Rubio anche se le era piaciuto flirtare con lei, doveva ammetterlo. Ma la questione era stata surclassata in maniera piuttosto decisa da altro.
Haio uscì dal suo ufficio per primo seguito da un Jan con l’espressione più malinconica che aveva. Subito gli occhi dei due quasi amanti si incrociarono.
“Era ora, dormito bene?” Haio si rivolse al ritardatario con tono acido.
“Scusa capo, ma la macchina ha ricominciato a dare problemi e...”
“Risparmia le scuse e mettiti al lavoro. Jan mi ha aggiornato a sufficienza. Ma non abbiamo ancora capito da chi è stato ammazzato quel tizio. Dunque al lavoro e poche storie” tuonò. Miguel tornò a fissare Jan che rispose allo sguardo imbarazzato.
Per qualche giorno non tornarono sull’argomento. Miguel era stato impegnato a stanare la truffatrice Carmen Rubio. Sì perché alla fine della fiera era uscito che il morto e la bella ispanica truffavano l’agenzia matrimoniale fingendo di cercare l’anima gemella. In realtà spillavano denaro a poveri cristi con la complicità della titolare.
Jan voleva provare a mettersi il bacio alle spalle. Aveva visto l’amico turbato dalla presa in giro di Carmen nei suoi confronti. Questo lo aveva un po’ consolato. Se Miguel pensava all’indagata anziché al bacio di fuoco tra loro voleva dire che ricordava poco di quella notte... quella fatidica notte.
Lo aveva persino consolato con una pacca sulla spalla. Al solo contatto aveva sentito sciogliere la lastra di ghiaccio che attanagliava il suo cuore. Una volta scovato il colpevole, in quel caso ‘la colpevole’ tutti si sentirono più liberi di ricominciare la solita routine, magari in attesa di un nuovo caso. E a Lipsia non c’era quasi mai il tempo per crogiolarsi nelle scempiaggini.
Miguel cercava da giorni il momento giusto per parlare a Jan. Perché non lo trovava? Forse voleva inconsciamente rimandare il confronto? Temeva che lui si fosse dimenticato di quella notte, della loro appassionate pomiciata in mezzo la strada. Sarebbe stato clamoroso. Un eterosessuale incorruttibile come lui che si lasciava infilare la lingua in bocca da un uomo... e Jan? Non era etero pure lui? Miguel cominciava a nutrire dei sospetti. Come tutti, il commissario Maybach nascondeva un lato oscuro ben protetto dalla luce. Chissà se c’è qualcosa che deve dirmi il mio caro amico... pensò sentendosi geloso. Al solo pensiero che un altro l’avesse toccato prima di lui si sentì bruciare dentro. Doveva affrontarlo. Se non altro per mettere fine a quei dubbi che lo logoravano.
Lo beccò nel lato ufficio adibito a cucina: “Jan stasera hai da fare?” non c’era nessuno. Jan roteò gli occhi confuso.
“Sì.”
“Lo immaginavo.” E poi aggiunse aggressivo: “Non m’importa. Ti passo a prendere alle otto”
“Non sono organizzato con Benny...”
“Chiami zia Erta..”
“Ma...”
“Alle otto.” Si allontanò da lui senza dagli possibilità di replica alcuna.

Jan era agitato, di più. Benny lo guardava mentre si faceva la barba con estrema cura. Aveva appoggiato il cambio d’abiti sul letto come se dovesse recarsi ad un appuntamento galante.
“Esci con Miguel, perché ti agghindi?”
Jan lo fissò sgomento. “Mi sono solo fatto la barba.”
“Ti sei pure spuntato i peli del naso.”
“Che dici.. tuo padre non ce li ha i peli del naso...”
“Sì, come no...” Jan lo rincorse per scherzo. Finirono ruzzolando sul pavimento. Zia Erta arrivò in quell’istante. Subito dopo il telefonino del commissario vibrò. Miguel gli chiedeva di scendere con uno squillo.
“Non farò tardi, in ogni caso faccia in modo che non si metta in testa di aspettarmi sveglio”
“Non si preoccupi, vada pure signor Maybach” gli sorrise complice. Perché tutti pensavano che avesse un appuntamento galante? Cosa dava quell’impressione? Sbuffò. Raggiunse l’auto di Miguel a grandi falcate. Aveva già il fiatone.
Miguel indossava una camicia blu e una giacca nera a righe grigie alternate ad altre del medesimo colore della camicia. Si girò a guardarlo.
“Ciao”
“Ciao”
Nell’auto si creò un molesto silenzio. Poi Miguel cominciò a guardarlo di sottecchi. Notò che aveva una camicia carina sotto il giubbotto di pelle e si era rasato da poco. Era così bello da far venire l’acquolina in bocca. Che avrebbe pensato di lui se lo avesse portato direttamente a casa sua? Non lo faceva nemmeno con le ragazze, nemmeno con quelle più facili. Doveva toppare così proprio con lui? Il problema è che non aveva fame. Fatto inconsueto per uno della sua pasta.
“Dove andiamo?” domandò quando furono fermi ad un semaforo.
“Non importa” Jan lo guardo con tenerezza. Miguel rispose al suo sguardo.
“Ma se ci prendiamo una cosa dal cinese e ce la portiamo a casa mia, la trovi una cattiva idea?” Jan rimase a bocca aperta. Miguel voleva appartarsi con lui! E non erano nemmeno ubriachi.
“Sì, ma non ho fame.”
“Nemmeno io” lo disse con il tono di voce più basso che aveva. Jan rabbrividì. Chiuse gli occhi. Non voleva pensare a cosa stava facendo, che forse stava per corrompere un innocente. In ogni caso, Miguel, il suo Miguel, meritava di conoscere la verità.


Gli involucri d’alluminio furono lasciati sul tavolino a fumare. Entrambi gli uomini avevano gli stomaci incordati. Impossibile solo pensare di mangiare. Miguel gli fu accanto. Lo guardò con desiderio.
“Jan non sai da quando sto cercando un’occasione per parlarti...” gli brillavano gli occhi. Jan si tenne a debita distanza per evitare che gli venisse in mente di saltargli addosso. Non poteva lasciarsi andare prima di avergli spiegato che razza di essere abbietto avesse scelto per passare dall’altra sponda.
“Miguel anch’io devo parlarti. Siediti.”
“Sedermi? Perché quello che stai per dirmi mi farà crollare per terra?” era ironico. Molto probabilmente non sapeva quanto fosse vicina quell’ipotesi alla realtà.
“Va bene, sono seduto, parla” lo esortò. Jan si sedette a sua volta.
“Da quella sera....” s’interruppe per riprendere fiato “da quella sera non faccio che pensare a...”
“Anch’io”
“Miguel non m’interrompere.”
“Perché ne parli con quella faccia da funerale. È stato bello, non provare a dire che non ti è piaciuto” gli mise una mano sulla coscia. Jan gentilmente la scansò.
“Sì, mi è piaciuto. Anche se non è detto che se una cosa ti piace ti farà anche bene.”
“Di che stai parlando Jan?”
“Miguel tu non sei gay!”
“Sono felice che tu ne sia accorto” ridacchiò borioso.
“Io sì” ammise. Miguel lo guardò di sottecchi.
“Ne ho avuto il sospetto quella volta che hai litigato con Ina per accopparti l’ultimo dolcificante rimasto.”
“Non scherzare, parlo sul serio.”
“Vuoi che ci creda? So che ti piacciono le donne e... e sei stato sposato. E Benny?”
“Ma non l’hai ancora capito? Anya era solo una copertura. Un poliziotto omosessuale è roba da film, la realtà è diversa. In ogni modo, le cose tra noi non hanno funzionato. E ho continuato a recitare con tutti, compreso con me stesso. Le donne me le sono fatte piacere perché cercavo una madre per Benny e magari dei fratelli, anche” si asciugò la fronte matita di sudore. “Mi sarebbe piaciuto avere una famiglia vera. Ogni volta che torno a casa ci penso. Mi sento così solo.” Abbassò lo sguardo abbattuto.
“Ma non sei solo. Ci sono io con te” Miguel era felice. Jan gli aveva aperto il suo cuore. Forse si sarebbe anche lasciato amare. Non riusciva a pensare a qualcosa di altrettanto dolce.
“Miguel... ma cosa dici?” lo guardò finalmente dritto negli occhi, “perché ti stai lasciando infinocchiare così?”
“Infinocchiare?”
“Plagiare? Lo capisci plagiare?” Miguel ebbe un moto di stizza che represse quasi subito. Aveva voglia di prenderlo a sberle quel testone, ma soprattutto di tramortirlo a forza di baci. Fece altro. S’inginocchiò ai suoi piedi. Jan lo guardò sbigottito.
“Ma che fai?”
“Jan, guardami, te lo dirò una volta sola per stasera, imprimitelo bene in capoccia”
“Ma...”
“Niente ma. Io ti amo, hai capito? Ti amo... tu non mi hai plagiato. Non è da ieri, ne dall’altro ieri...”
“Cosa stai cercando di dirmi?” sorridendo con dolcezza il moro si accostò di più a lui. I visi furono ad un soffio. “Jan sto cercando di dire che ti amo da una vita e senza avere il minimo sospetto che tu potessi provare qualcosa per me, o tanto meno fossi omosessuale.” Jan sentì dentro sé incrinarsi qualcosa. Perché ostinarsi a credere altro quando la dichiarazione di Miguel sembrava così accorata e genuina?
“Ti è chiaro il concetto?” Jan annuì arrendendosi ai fatti. A Miguel non servì altro. Si gettò tra le sue braccia. Lo strinse a sé affondando la testa tra spalla e collo, sussurrando dolci parole.
“Dio come ti amo Jan...”
“Affermavi che non l’avresti più ripetuto” Miguel rispose sogghignando. Lentamente la sua guancia scivolò su quella dell’amico. Per qualche secondo furono immobili, quasi paralizzati. Poi fu Jan a sposare di qualche centimetro la testa di Miguel verso di sé. Le fronti slittarono mentre gli occhi si cercavano per guardarsi oltre lo sguardo. Poi fu solo una questione di secondi perché le bocche non urtassero per poi accarezzarsi con dolcezza. Ed in fine, aprirsi e fondersi. Il bacio scatenò una tempesta di sensazioni a lungo represse. Sudore e saliva si mischiarono in un orgia di lingue. La passione del loro primo bacio in mezzo alla strada, impallidì rispetto a quello che stava succedendo. Jan e Miguel avevano intrapreso uno dei momenti più erotici della loro esistenza. E mentre le bocche si azzannavano insaziabili, le braccia cominciarono a toccare, tastare, saggiare il corpo dell’altro. Miguel tirò fuori dai pantaloni prima la camicia di Jan e poi la sua. Incoraggiato da quel gesto Jan sbottonò il sopra poi il sotto. Nella confusione più totale e senza smettere di baciarsi, i due poliziotti si ritrovarono nudi l’uno di fronte all’altro. Quando se ne resero conto, la cosa li turbò un poco.
“E ora che facciamo, Miguel?”
“Secondo te?” fece un sorriso storto tutto malizia.
“Ma sei sicuro di quello che fai? Tu non sei mai stato con un uomo, non sei capace di...” Miguel lo interruppe appoggiando il palmo della mano sulla bocca.
“Sai cosa diceva il mio nonno spagnolo? Se una cosa non la sai fare imparala, se non hai il tempo di impararla, improvvisa!”
“Saggio il nonnino. Sai invece cosa diceva il mio?”
“Cosa?”
“Fattela spiegare.”
Miguel sogghignò per poi tornare ad assaltare la bocca. Quando la voglia di baci fu placata, tornò al discorso interrotto: “Non vedo l’ora di imparare, maestro.”
Jan sorrise. “Non aspettarti troppo però, è tanto che non faccio certe cose.”
“Dai Jan, non fare il difficile, non sarà così diverso da una donna.”
“Non puoi saperlo finché non provi.” Miguel lo stava trascinando nella sua stanza.
“Lo voglio provare, lo voglio sapere... voglio farti godere Jan. E voglio godere con te” Jan chiuse gli occhi mentre lo seguiva. La sola prospettiva lo eccitava da morire.
Stava per succedere.
Nel giro di poco si ritrovarono sul letto. Nudi, eccitati, desiderosi di darsi piacere a vicenda.
Jan gli afferrò la mano.
“Ora ti spiego come voglio che mi tocchi”
“Ok” Il tedesco purosangue spostò il palmo lungo il torace. Miguel lo guardò pieno di desiderio. Non avrebbe mai pensato che il bel corpo villoso dell’amico gli avrebbe fatto quell’effetto. Le dita si fermarono all’altezza del capezzolo destro.
“Ora vorresti strizzarlo, vero?”
“È sbagliato?”
“Per niente ma prima bagnati le dita con la saliva sennò stride troppo”
“Non fare il maestrino, anche le donne hanno i capezzoli e ci so fare io con le donne...”
“Finiscila, fanfarone e fai quello che ti ho detto” dopo il piccolo alterco, il tono di Jan tornò sensuale. Miguel insalivò per bene pollice e indice. Jan pensò che fosse dannatamente sexy con le due dita in bocca! Solo quel gesto lo avvicinava al culmine. Diligentemente, l’alunno si occupò del capezzolo. Non trattenendo gli ansimi di piacere, Maybach si lasciò andare a quel tocco.
“Ti piace?” domandò Miguel
“E me lo chiedi?”
“Posso anche baciarteli se vuoi”
“No, non ora. Passiamo al resto...”
“Ok...” Miguel lasciò che l’amico trasferisse la sua mano lungo la linea di peli scuri. Sotto il pube, l’erezione spingeva in alto.
“Non devi spiegarmi come si fa una sega, Jan, sono pratico con il mio. Sai, da ragazzino, ci giocavo spesso.”
“Non devi farmi una sega.”
Miguel lo guardò sorpreso. “Cosa?”
“Devi succhiarmelo.”
“Davvero?”
Jan scoppiò a ridere. “Sì, devi, ma non ora...”
“Perché non ora?”
“Perché sono così eccitato che se tu mi facessi un pompino, anche il più insoddisfacente, verrei in un baleno” così dicendo con l’indice lambì la bocca.
“Le tue labbra sono così belle Miguel, così piene... non riesco a pensare a qualcosa di altrettanto eccitante come averle attorno al mio sesso.”
“Lasciamelo fare, sono un incapace lo so, ma potrei sorprenderti. Mi piace provare qualcosa di nuovo. E di solito mi riesce alla grande.”
“Modesto come sempre.... piuttosto avevo in mente altro...”
“Dimmelo.” Jan non rispose ma agguantò la testa e la spinse verso le sue cosce tese.
“Baciami qui e poi arriva dove pensi io abbia bisogno... di essere baciato.” Miguel capì al volo. Vezzeggiò l’interno coscia posando una scia di baci e leccatine leggere fin quando non si ritrovò ad un passo dalla fessura e dai testicoli di Jan. L’odore che emanava il corpo del suo amico era intossicante.
“Ora inizia a leccare piano, senza spingere dentro con lingua, ok?”
“Sì, tranquillo. Riguardo a questo non devi spiegarmi nulla” si pavoneggiò.
La bocca di Miguel si occupò dell’apertura con solerzia, questo mandò totalmente su di giri l’altro commissario che iniziò a muoversi verso di lui.
“Adesso sì... adesso spingila dentro” ordinò con la voce contratta dal piacere. Miguel ubbidì scatenando sensazioni che sconvolsero entrambi. Jan si abbarbicò più forte verso la sua bocca. Istintivamente avrebbe continuato così fino a quando il piacere non l’avrebbe tramortito fino a farlo esplodere. Era una sofferenza chiedergli di smettere ma era più che deciso a non venire così.
“Ora basta”
“Vuoi che smetta?”
“Sì...” intontito dal piacere Jan si scostò da lui. Senza preavviso gli prese il sesso in mano.
“Jan... che fai?” Miguel era sorpreso. Lo desiderava talmente tanto, eppure si sentiva intimidito. Jan gli stava dando piacere. E lui temeva che ne sarebbe morto.
“Quando saremo un po’ meno su di giri faremo molti giochi con la bocca. Ma ora basta preliminari. Ti voglio dentro di me” Miguel spalancò la bocca sorpreso. Aveva capito bene? Jan gli aveva chiesto.... proprio...
“Vuoi che ti scopi?”
“Certo che lo voglio, Miguel...” un dubbio subitaneo unito ad un moto di gelosia invase il giovanotto.
“Era quello che ti facevi fare... da i tuoi amanti?”
“Un solo amante e, in ogni modo, la risposta è sì, mi facevo scopare il culo. Ti stupisce?”
“Dovrebbe stupirmi ancora qualcosa?” Miguel sorrise tornando sereno. “Scusami piccolo, è che sono talmente geloso all’idea che tu abbia fatto queste cose con un altro...”
“Ma ora sono tuo, conta solo questo, ok?”
“Sì, hai ragione. Ora dimmi quello che devo fare.”
“Hai già fatto abbastanza” Jan impugnò il sesso alla base avvicinandolo a sé. Si voltò dando le spalle all’amico.
“Adesso prendimi.”
“Sei sicuro, non ti farà male?”
“Non essere sciocco. Non è la prima volta e poi mi hai lubrificato così bene...” sorrise malizioso. Miguel lo guardò pieno di desiderio. Era così sexy il suo Jan in quella posizione. Nudo, carponi, e con i capelli umidi di sudore che gli solcavano la fronte.
“Prendimi” ripeté. Non era una richiesta ma una supplica. E Miguel non aveva più intenzione di farlo aspettare.
“Sì, amore mio” esalò appoggiandosi a lui. Lo sormontò stendendosi con il torace sulla schiena.
“Sei mio...” sussurrò prima di spingersi dentro lui e lasciarsi avvolgere dalla quella meraviglia. Quando fu completamente immerso iniziò a muoversi piano. Dalla bocca uscirono suoni incoerenti e dolci parole piene di gratitudine.
“Jan... è stupendo... io non credevo...”
“Ora vai più veloce...”
“Sicuro che posso?”
“Non puoi, devi. Lasciami godere con te dentro” quelle parole lo infiammarono. Miguel afferrò l’amico per i fianchi mentre si lasciava andare inferendo colpi secchi e precisi che ben presto mandarono in visibilio il beneficiario. Jan si abbandonò al godimento a sua volta, non trattenendo grida estatiche mentre lo incitava a non smettere, a non rallentare il ritmo.
“Continua così... mi fai diventare matto”
“Tu mi fai diventare matto” rispose Miguel mentre si approssimava a perdere il controllo. Jan continuava a spingersi verso di lui con i fianchi, e con il corpo tutto. Sembrava volesse anche lui entrargli dentro.
“Sto per venire” fece sapere. Gli assalti sempre più pressanti e ravvicinanti di Miguel stavano coccolando il suo punto speciale. Doveva esplodere in breve tempo. Rischiava di morire in caso contrario.
“Anch’io sto per venire” fece sapere Miguel. Sentì come una scossa elettrica partirgli sotto i testicoli e propagarsi lungo la spina dorsale. E Jan fu riempito dal suo seme. Dopo un urlo di gioia venne anche lui. Miguel si lasciò andare sull’ampia schiena e Jan, per sostenere il peso improvviso, piegò le ginocchia fin quando non toccarono il letto.
Per qualche secondo restarono immobili a godersi quel silenzio calato improvvisamente dopo la confusione dei minuti precedenti. Abbracciati, nudi, ammantati di sudore. Ed uniti. Il sesso ancora duro di Miguel era stretto tra le natiche.
Avevano fatto l’amore. Era stato incredibile. Ora avrebbero dovuto affrontare il ‘dopo’ ma prima dovevano riprendersi dallo stordimento. Fu Jan a muoversi per primo. Si scostò da sotto il corpo scivolando verso la spalliera del letto. Appoggiò la testa su di un cuscino.
Miguel si voltò dalla sua parte. Si guardarono negli occhi.
“Come sono andato?”
“Vuoi sentire i complimenti ora? Vero macho latino?”
“Se ti va di farmeli...” Jan allungò la mano per accarezzargli il volto.
“Scopi da Dio” ammise sorridendo. “Mentre dimmi, tu, da neofita, cosa ne pensi del sesso con un maschio?”
“Per la miseria Jan, penso sia evidente cosa ne penso” gettò quelle parole andandosi ad accostare a lui. Le bocche si lambirono per qualche istante per poi ricominciare un bacio lento e sensuale.
“Essere dentro di te, sentirti godere attorno a me piccolo, è stato come essere in paradiso senza morire.”
“Sicuro che non la dici a tutte questa bella farse?”
“Sicuro, già. Sicuro che tra poco ricominciamo”
“Pensi di avere energie a sufficienza?”
“Per almeno un sei-sette ore sì, ce la posso fare.”
“Sei uno sbruffone Alvarez, te l’ho mai detto?”
“Sì, bello mio, sarò anche uno sbruffone ma scommetti che non vedi già l’ora che te lo rimetta tra le gambe, non è così?”
“Puoi giurarci stallone” Miguel sorridendo lo agguantò per la vita trascinandolo sopra di sé.
“Ora vuoi farlo così?” chiese Jan una volta cavalcioni su di lui.
“Il maestro sei tu, si può fare?”
“Si può fare tutto.” Ma Jan aveva un’altra idea prima di cavalcarlo. Si abbassò per baciargli il petto. Miguel rabbrividì un po’ mentre la bocca del collega si spostava diretta nei lidi più umidi del suo corpo. Dopo aver leccato e succhiato l’ombelico, si spostò a vezzeggiare i peli pubici. Miguel già non resisteva più a quella tortura.
“Prendilo in bocca, Jan, non farmi tribolare più.”
“Non dirlo a me, sto soffrendo anch’io per quanto ho voglia di succhiartelo” Miguel era sorpreso. Jan non solo sembrava davvero a suo agio in quella situazione ma era anche più intraprendente delle donne con cui era stato. E, in quel letto, n’erano passate parecchie! Jan accarezzò la punta con le labbra. Miguel urlò qualcosa di veramente osceno. A quel punto Jan non ebbe più incertezze, lo accolse tra le labbra. Durò poco, una serie di assalti decisi e una quantità di liquido saporito s’infranse sul palato di Jan.
“Ti piace la mia essenza?” domandò ironico.
“Sì, è proprio come te, piccante e allo stesso tempo dolce”
“Vieni qui ora” Miguel lo aiutò a scivolare lungo il suo corpo. Furono petto contro petto. Si baciarono così che anche l’ispanico ebbe modo di sentire il sapore di una parte di sé.

lunedì 9 novembre 2009

Non posso staccarti gli occhi di dosso

Buona visione, e non ho dubbi che lo sarà!

mercoledì 4 novembre 2009

martedì 3 novembre 2009

sabato 31 ottobre 2009

Alcune chicche



Dolcetto o scherzetto?


AUTORE: me medesima
PAIRING: Jan e Miguel
GENERE: Romance
STORYLINE: tra la terza e la quarta (periodo secondo me nel quale i due....)
SPOILERS: fino alla puntata sopra citata
RATING:NC 17
DISCLAIMER: I personaggi citati in questa Fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Squadra speciale Lipsia"
SUMMARY: Jan e Miguel hanno una relazione da circa tre mesi. È la notte di Halloween e tutti i bambini sono in giro, bussando ad ogni porta e ponendo la solita domanda: dolcetto o scherzetto?
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“Vedrai che questa volta la signora Schmidtgal con il suo fucile aria mozza qualcuno di voi lo fa fuori” fece sapere in tono gutturale Jan a suo figlio. Benni, nonostante i suoi quasi tredici anni era eccitato più che mai da Halloween. A Jan quella festa non piaceva. Non contando l’impegno come ogni anno di dover addobbare la casa con zucche arancioni, fantasmi e qualche ragnatela.
“Zia Erata, mi aiuti tu ad indossare il mio vestito da zombi?”
La donna oscillò la testa sconsolata: “Non te lo mettere Benni, ti prego. Quello che hai scelto lo scorso anno era già di per sé orrendo. Tutto sporco di sangue com’era! Mi vengono di nuovo i brividi a pensarci! Ma quello che sta di là anche peggio!”
“Perché ti impressiona? Il sangue era finto e ci doveva stare per forza, ero vestito da incidentato stradale!” precisò il ragazzo. Il travestimento da zombi che aveva preteso da suo padre era appoggiato nel suo letto. Alla fine fu Jan ad aiutare il figlio. Una volta pronto sembrava davvero un morto vivente!
“Benni”
“Sì papà?”
“Fai schifo!”
“L’effetto è quello giusto.” Sorridendo il ragazzino si allontanò da lui.
“Vado anch’io signor Mayback”
“Buon Halloween anche a lei, Erta.”
“Per lei buono che è giovane, piuttosto” Mentre indossava il suo cappotto la donna fece qualche domanda indiscreta: “Non esce? Non va in qualche discoteca?” domandò curiosa.
“Le discoteche non fanno per me. Penso proprio che resterò a casa a leggermi un buon libro.”
“Allora buona cultura signor Mayabck” salutò con la mano e poi chiuse la porta.
Jan sospirò. Non aveva programmi per quella sera. In realtà non aveva davvero voglia di mettersi a leggere il suo libro. Tra l’altro si trattava di un thriller fin troppo angoscioso. Di fatti, glielo aveva prestato un suo collega della scientifica.
“Mettermi a leggere di morti ammazzati con il lavoro che faccio proprio la notte delle streghe... non ci penso affatto!” disse ad alta voce. Sopirò. Miguel quella sera era occupato. Non gli aveva specificatamente detto cosa lo tenesse occupato. Aveva vagheggiato di conti in sospeso, questioni da risolvere... poi mi faccio sentire io. Ma la preoccupazione maggiore di Jan era con chi fosse occupato. Miguel, nonostante tutto, continuava ad occhieggiare le ragazze, quando poteva faceva il cascamorto e non passava giorno che non ricevesse almeno una decina di sms da qualche ex fiamma! Naturalmente tutto questo infastidiva non poco il commissario. Dopo tutto la loro storia era piuttosto breve e, sebbene fossero tanto legati, non avevano mai affrontato l’argomento fedeltà. In poche parole se per la sera di Halloween Miguel fosse uscito con una donna mentre lui era da solo a casa... fece una smorfia di disgusto per via di quel pensiero. Si mise a riordinare la casa nervosamente. Era quasi parossistico il modo nel quale spostò oggetti, riponendoli nei relativi cassetti, cassapanche, frigorifero e quant’altro! Considerò persino di passare l’aspirapolvere! Lo scoraggiò l’orario. Non voleva essere lui quello che avrebbe beccato la pallottola della signora Schmidtgal! Una volta che la casa fu linda e pinta fissò il televisore. Che avrebbero dato quella sera? Horror, nient’altro che Horror! Tanto valeva accontentarsi.
Si mise seduto sul divano esausto. Col telecomando stretto tra le dita fece uno zapping furioso fino a trovare un canale sportivo. Rischiò di addormentarsi motivo per cui optò per un altro canale. Al ventotto davano una sorta di antenato di Hostel. Guardò disgustato i dettagli splatter che, se non altro, lo tenevano sveglio. Il film narrava di una famiglia rapita da un oste pazzoide. Jan si immedesimò un po’ troppo. Tra l’altro il protagonista era biondo ed affascinante proprio come lui e aveva un figlio della stessa età di Benni. Non ci posso credere, mi faccio spaventare da queste cavolate! Blaterò dentro di sé. All’improvviso un crepitio strano alla finestra lo scosse.
“Che cosa è stato?” biascicò a voce alta. Pensò ai ragazzini per strada che cercavano i dolcetti. Pensò alla signora Schmidtgal che litigava con qualche vicino per via dei rumori. Ma, nonostante le varie possibilità, non poté evitare di impressionarsi. Impugnò la pistola d’ordinanza che teneva nascosta nel mobile principale della sala.
“Se c’è qualcuno lo avviso, sono armato” urlò contro l’entità che si muoveva dietro la tenda. Sulla finestra c’era una persona... questo era certo! Senza preavviso quel qualcuno aprì le sue ali. Letteralmente. Jan restò senza fiato nel costatare che non si trattava di una persona ma di un grosso uccello, probabilmente gigantesco, che si era appollaiato sul suo terrazzo. Ma che razza di volatile era? Un mostro o cosa?
“Se è uno scherzo non fa ridere!” disse. In effetti non c’era proprio un bel niente da ridere. Prese coraggio e spalancò la finestra. Un vento maligno lo colpì facendolo rabbrividire. Non ricordava facesse tanto freddo. La sagoma di quella specie di strano uccello apparve minacciosa. Puntò la pistola verso l’ala. A quel punto sentì la voce...
“Jan, per carità, non sparare!” era Miguel...
“Miguel, diavolo che cosa...?!” le domande gli morirono in gola. Accese la luce. Miguel Alvarez aveva indossato un costume da vampiro! Quelle che a Jan erano sembrate ali in realtà erano solo i cordoli del mantello.
“Sei pazzo? Mi hai fatto prendere un accidente!” lo riproverò.
“Io e te? tu a me! Quando ho visto che stavi per spararmi per poco me la faccio sotto...” Miguel gli aveva teso un bello scherzetto. Ma stava quasi per finire male.
“Non ci posso credere, era questo il tuo impegno. Entrare a casa mia dalla finestra?”
“Vestito da conte Dracula. Sono o non sono un sexy vampiro?”
Jan sorrise finalmente rilassato.
“Entra, che se stiamo qui ci prenderà come minimo il raffreddore. E se ci assentiamo chi lo sente Haio?”
“Già, il capo. Lui sì che è un mostro di cui avere paura.”.
Entrarono in casa. Jan osservò divertito il trucco dell’amico. Era davvero prefetto come vampiro. Guance bianche, rossetto cremisi, eye-liner nero sotto gli occhi. E il vestito faceva il resto. Jan considerò che era davvero sexy... gli si seccò la gola. Succedeva tutte le volte che si eccitava. E da quando stavano insieme gli succedeva spesso.
“Benni è in giro a caccia di dolci giusto?”
“Già. Ne avranno per parecchio...” fece sapere con un sottinteso. Miguel capì e non serviva altro. Gli si parò di fronte. Pochi attimi dopo lo abbracciò.
“Davvero pensavi che ti avrei lasciato solo stasera?” sussurrò mentre lo teneva stretto forte a sé.
“Parlavi di vari impegni... conti in sospeso. Io ho pensato subito che volessi vedere qualcuno... una donna...”
“Una donna?”
“Sì Miguel. Una donna. A te piacciono ancora tanto le donne.”
“Perché a te no?”
“Sì ma non ci penso.”
“Nemmeno io ci penso e sai perché?” i nasi si accarezzarono mentre si fissavano negli occhi.
“Non ci penso perché non ho trovato nessuna donna che mi piaccia quanto te, Jan.” Gli toccò i capelli. Il beneficiario di tanto desiderio si sciolse. Un po’ come il rossetto che ben presto fu trasferito al biondino. A piccoli passi si trasferirono nella stanza da letto. Una volta riversi Jan osservò l’amante.
“Sei complicato stasera da scartare.”
“Dammi una mano tu, non so nemmeno io come ho fatto a mettermi queste specie di ali da pipistrello.” Jan fece uno sguardo malizioso e disse:
“No...”
“No?”
“Resta così, non mi sembra poi tanto male fare l’amore con il conte Dracula. Un vampiro così carino e sensuale...”
“Uh uh... commissario lei è davvero tutta una sorpresa.. oltre che tutto un bollore...” Jan rise di gusto mentre gli venivano slacciati i pantaloni.
“Fai piano” si raccomandò Jan quando la mano si aggrappò all’erezione.
“Cos’è, Halloween ti rende delicato?”
“Sono così eccitato che non so se ce la faccio...non ce la faccio già più ad aspettare” sospirò. Miguel lo guardò con desiderio mentre lo sormontava.
“Fammi capire come si sbottona questa specie di frak e ti accontento subito” disse mentre cincischiava con la strana abbottonatura dei suoi pantaloni.
“Lascia fare a me. Tu non sei bravo in queste cose. Come minimo la rompi.”
“Dici che sarebbe una cattivissima idea?” Senza preavviso Miguel optò per quella ipotesi. Quello che premeva sotto non voleva attendere oltre. La strappò. La cerniera fuggì per aria e un brandello del pantalone scucito da qualche parte sul pavimento.
“Miguel tu...”
“Sono caliente, lo sai... un vampiro caliente ed affamato che vuole nutrirsi di buon sangue tedesco...”
“Tutto tuo...” esalò Jan offrendo il collo. Miguel ci si buttò a capofitto.
I baci si fecero sempre più appassionati mentre in pochi attimi concitati, Jan si ritrovò completamente nudo e in balia della bocca dell’amante.
“A questo punto della storia il vampiro violenta il bel ragazzo biondo...”
“Il bel ragazzo biondo non ha nulla in contrario... anzi... non sta più nella pelle...” Miguel ghignò. Si spinse dentro. I primi cinque secondi per Jan erano sempre un po’ duri. Ma poi tutto s’alleggeriva. E arrivava qualcosa di ben diverso. Il piacere.
Restarono uniti per una dozzina di minuti almeno fin quando, a pochi secondi l’uno dall’altro, raggiunsero l’appagamento più completo.
Miguel si gettò a peso morto su di lui. Il fiato grosso, le goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte cadendo sul corpo ancora caldo dell’amato.
“Tranquillo Jan, il prossimo sarà dolcetto.”
“No, se di questo si tratta voglio un altro scherzetto”
“Questi scherzetti per te ogni sera, carissimo...” ridendo rotolarono sul letto.
“Senza vestito di scena, senior vampiro...” sdraiati di fianco si coccolarono per qualche minuto guardandosi fissi negli occhi.
“Ti amo proprio tanto, signor Mayback”
“Anch’io signor Alvarez... c’è un solo problema...”
“Quale?” domandò preoccupato.
“Tra poco tornerà Benni. Devi ritornare nella tua tomba, sai... poi lui è uno zombi.”
“Ah ok, il mio loculo mi attende.” Prima di ritirarsi sul serio diede un ultimo sofferto bacio all’amico. Staccarsi fu un’impresa, anche perché la voglia riprendere era spossante.
“Salutami il mio piccolo zombi” erano sulla porta di casa. Miguel e il suo vestito mezzo stracciato da vampiro e Jan, con un asciugamano attorno ai fianchi.
“Sarà fatto”. Un ultimissimo bacio e la porta si chiuse.
Jan sospirò. Un vero sospiro di piacere. Era stato un Halloween davvero hard quello. Di cose ne erano successe davvero tante quegli ultimi mesi. Era diventato l’amante del suo migliore amico! Con quei pensieri tornò sul letto. Annusò l’odore del sesso. Tra le lenzuola trovò tracce di rossetto. Un piccolo ricordo lasciato dall’amante. Fregandosene sorrise tra sé. Molto probabilmente zia Erta le avrebbe viste quell’indomani rassettando la stanza e avrebbe dato per scontato che Jan Mayaback non aveva letto un libro ma... fatto bene altro. Certo la donna non poteva sicuro pensare che aveva fatto l’amore con un vampiro, e, oltretutto, un vampiro spagnolo!

mercoledì 28 ottobre 2009

So beautiful...

Un omaggio (l'ennesimo) ai nostri ciccini (come sempre)

martedì 27 ottobre 2009

Happy together, capitolo 3





Il locale era piccolo ma grazioso. La birra spumeggiava nei boccali e la gente ne tracannava sincere sorsate. Anche Miguel beveva tranquillo. Mentre Jan parlava...
“Capisci. È il tuo atteggiamento che non va. Tu fai apparire il sesso come una specie di esercizio ginnico.
“Ma come fai a dire questo a me? Io sono l’uomo più romantico che conosci!”
“Senti, non hai capito il nesso. Benny ha diritto alla sue di romanticherie non che esperienze sessuali lontano da gente che lo inciti. Se non ha iniziato ad uscire con le ragazze vuol dire che non si sente pronto o... che ne so, ancora non ha trovato quella giusta.”
“Ma certo. E tu Jan, quando hai perso la verginità?” chiese così a freddo. Jan sbiancò un po’. Si toccò il colletto della maglietta con fare agitato.
“E che c’entra questo? Piuttosto hai capito che non volevo tenerti fuori dalla vita di Benny come tu, testardo come sei, hai subito voluto intendere?”
“Sì, ok però ora non tergiversare. Quando è stato. Non me lo hai mai raccontato...” Miguel appoggiò il mento sulle mani congiunte guardandolo con malizia. L’altro restò in silenzio. Non gli piaceva ricordarla... era passato tanto tempo eppure era come fosse successo il giorno prima.
“Allora Jan?”
“Non sono affari tuoi” ribatté sprezzante.
“Così male?” ridacchiò lui. Diede una pacca sulla mano che assomigliava più ad una carezza. Poi gliela strinse. Il biondino lo guardò contrariato.
“Smettila di bere, Miguel. Tu non la reggi la birra. Quante volte te lo devo ripetere.”
“Sto solo al terzo boccale. Perché devi sempre fare la madre?”
“Deformazione professionale” sorrise. “E quando non devo fare la madre a Benny mi tocca farla a te.”
“Sicuramente sei più materno della mia vera mammina!” Gli strinse il polso. Jan fu un po’ turbato. Gli succedeva tutte le volte che Miguel lo toccava. E lo toccava spesso.
“Non me lo vuoi proprio raccontare?”
“Smettila.” Un attimo dopo il tedesco puro sangue si alzò. Prese l’amico brillo per un braccio e lo trascinò fuori.
“Perché non restiamo ancora?”
“Perché ho un figlio che deve cenare. E secondo me dovresti cenare anche tu prima che ti ritrovi lo stomaco sotto le tonsille”
“È un invito?” Non lo era ma, in ogni modo, Miguel si ritrovò per l’ennesima sera a cenare tra Benny e suo padre. Il ragazzino aveva l’aria di chi ha passato una giornata sui libri e fu molto grato a suo padre di non avergli chiesto di apparecchiare o altro. Per sua fortuna quando c’era Miguel queste incombenze antipatiche se le sorbiva lui. La tata aveva lasciato delle cose da comprare attaccate al blocnotes attaccato al frigorifero. Jan le scrutò prima di passare al dolce. Erta aveva preparato la torta alle nocciole. La preferita di Benny.
“Zia Erta di vizia” gli ricordò suo padre.
Miguel la guardò contrariato toccandosi lo stomaco.
“Com’è, non ce la fai? Bevuto troppo?” provocò ironico. Benny sorrise.
“Hai bevuto troppo Miguel?”
“Ho solo un crampo. Avrò preso freddo” mentì. Era proprio vero. Quando esagerava con l’alcol aveva poi difficoltà a mangiare, e i dolci gli facevano venire la nausea. Benny annunciò che doveva finire un compito di geografia. Sbuffando si accomiatò. Jan lo scrutò orgoglioso.
“Ma è sempre così diligente?”
“Sì, sono un padre fortunato.”
“Beh, questo è vero. È proprio un bravo ragazzo.” Sorridendo aggiunse: “l’abbiamo tirato su proprio bene, vero?”
“Ma finiscila, tu non tireresti su bene nemmeno un cane” ma scherzava e Miguel non abboccò alla provocazione.
“In questo momento, amico mio, non tirerei su nemmeno una cassa di lattine di birra.” Si toccò la gola nervoso. “Perché ho nominato la birra... cavolo Jan mi vien da vomitare” così dicendo scappò in bagno. Jan sospirò nervoso. Vide i piatti accatastati nel lavandino che attendevano di finire nella lavastoviglie. Ma decise che aiutare Miguel aveva la priorità su quel macello.

L'incidente, ovvero: comunque vada sono fuochi d'artificio

mercoledì 21 ottobre 2009

Un semplice bacio tutt’altro che semplice


AUTORE: me medesima
GENERE: Romance
STORYLINE: ficlet della puntata: "La vedova" terza stagione
SPOILERS: fino alla puntata sopra citata
PAIRING: Jan e Miguel
RATING:NC 17
DISCLAIMER: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Squadra speciale Lipsia"
SUMMARY: Il turbamento di Jan dopo aver appreso che la sua amante è un'assassina diviene 'altro' per via della vicinanza di Miguel
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Jan rimase per alcuni minuti immobile guardando la finestra davanti a sé. Non sapeva nemmeno se Miguel, che gentilmente l’aveva riportato a casa quel giorno, fosse ancora lì. Supponeva di sì. Non aveva sentito sbattere la porta.
Benni era ancora dalla zia. E Corinne, la donna, la vedova di cui si era invaghito, era dietro le sbarre.
Avrebbe dovuto sentirsi rincuorato del fatto che fosse stata smascherata. Aveva fatto fuori il marito per un vile fatto di denaro. Una prostituta. Una spogliarellista, come l’aveva definita più volte Miguel... già, Miguel... proprio lui. Il caro amico che più l’aveva messo in guardia da lei. Da quella vedova nera pronta a tutto pur di farla franca.
Sospirò. La sentiva eccome la presenza di Miguel. Perché anche se stava zitto, stranamente zitto, lui c’era. Ogni sua cellula lo percepiva. Ora avrebbe dovuto mandarlo a casa. Non aveva alcun senso che stesse lì, a guardarlo mentre si sconquassava. Era una doppia beffa. Ma lui gli voleva bene. Dopo tutto non si erano sempre aiutati a vicenda? Quando lui si era preso quella bella cotta per Carmen Rubio, la truffatrice dell’agenzia matrimoniale, non era toccato a lui consolarlo? Si erano presi una sbronza e, alla fine, Miguel non ci aveva pensato più. Dimenticata. Come tutte le sue fiamme. Donne che gli scaldavano la parte vuota del letto per qualche ora, al più qualche settimana. Era dunque quello il destino dei due giovani commissari? Amori transitori. Passioni che duravano giusto il tempo di lasciare dietro sé qualche traccia. Di rossetto soltanto a volte. Il più delle volte.
“Ora andrei” ruppe il silenzio Miguel.
“Certo, vai pure” si girò Jan. Lo guardò. Con sorpresa scorse il suo turbamento.
“Non devi starci male. Supererò anche questa storia come tutto il resto, tranquillo.”
“Lo so Jan, tu sei forte.”
“Già” sorrise amaramente.
“E, in ogni caso, se proprio ti senti giù mi chiami e qualche cavolata da dire per farti ridere la trovo.”
“Come sempre Miguel” gli diede una pacca sul braccio. Ma Miguel, istintivamente, lo afferrò per la vita e lo avvicinò a sé. Jan, subito, si lasciò andare all’abbraccio. Abbandonò la testa sulla spalla dell’amico. La sua guancia carezzava la giacca grigia. Curiosamente Miguel quel giorno si era vestito meno male del solito, anzi, era pure piuttosto elegante.
Pensoso, lisciò i capelli biondi mentre l’odore del suo compagno gli entrava dentro. Nelle narici e nell’animo.
“Jan io...”
“Ti ho detto che devi stare tranquillo” sussurrò. Ma Miguel non lo era, tranquillo. Affatto. Tutt’altro. L’inquietudine che gli mordeva in petto era simile ad un mare in tempesta. Un oceano fatto di dubbi e tormenti.
“Jan, ti devo parlare” lo disse tutto d’un fiato.
“Amico che ti succede?” Miguel richiuse la porta dietro di sé. Ma quale parlare... pensò. Fissò sue labbra. Quella bella bocca che fino a poche ore prima era in possesso d’un’ignobile sgualdrina. Un’assassina.
No, anche se era pericoloso come nient’altro, doveva farlo! Se non lo avesse fatto sarebbe impazzito, questo era garantito!
Fu un attimo, nemmeno il tempo che la lancetta dei secondi passasse dal quattro al cinque. Pam! Più veloce di un proiettile. E come un proiettile buca la carne, la carne di Jan fu completamente trafitta.
Miguel lo baciò. E non un bacio amicale sulla guancia o sulla fronte. Un bacio vero.
Lo baciò come andava fatto. Come aveva sognato di fare nei suoi sogni più proibiti. Catturò la testa tra le mani e lo baciò. Jan rispose dettato da un istinto che da lì a poche ore avrebbe sconvolto tutto. Avrebbe ribaltato tutto. Il castello di certezze sarebbe stato spazzato via da quel bacio. Un bacio.
Un semplice bacio tutt’altro che semplice.
Dopo che le bocche si furono azzannate per almeno due minuti buoni.
Dopo che le lingue ebbero mappato la bocca dell’altro.
Dopo uno scambio di saliva piuttosto importante.
Dopo quel bacio tutt’altro che semplice. Dopo... si staccarono.
Miguel lo guardò fissandolo duro. Nel suo sguardo c’era tutto. I suoi occhi erano braci. Due pozzi profondi. Jan sgranò i suoi di occhi. Era così iracondo il suo sguardo che non sapeva più cosa aspettarsi. Lo avrebbe baciato di nuovo? Lo avrebbe sbattuto per terra e stramazzato di baci? O lo avrebbe picchiato? Per come lo scrutava cattivo era quella l’ipotesi più probabile.
“Miguel...” disse in un soffio. Passarono cinque secondi. Solo cinque secondi a fissarsi. Cinque secondi di una tensione tale che sarebbe bastato accendere un fiammifero per far esplodere il palazzo! C’era elettricità pura.
“Che significa?” chiese cercando di riprendersi dallo shock.
“E me lo chiedi pure bastardo?” Miguel serrò i pugni cattivo. Poi usò i polpastrelli per qualcosa di gran lunga più doloroso. Lo colpì così forte che subito stramazzò a terra.
Jan si mise a sedere.
“Alzati e combatti.”
“Non ha senso” rispose toccandosi il volto. Il naso aveva cominciato a sanguinare.
“Non ti difendi?”
“Finiscila di fare il ragazzino.”
“Sei sempre il solito. Vero Jan? Sempre a dar ordini. Ti piace farmi sentire il tuo sottoposto, vero? Questa volta non te lo aspettavi. Non te lo aspettavi che il tuo sottoposto, quel cretino di Miguel Alvarez avesse ragione. Vero?”
“Stati sparlando! Sono solo un mucchio di stronzate!”
“A sì? E quando ti dicevo di stare alla larga da quella donna erano tutte stronzate?”
“Solo perché eri geloso” affermò all’improvviso malinconico.
Capiva, finalmente! Il bacio, i cazzotti. Tutto era figlio di quella gelosia. Di quei sentimenti intensi che da troppo tempo Miguel celava nel suo cuore.
“Geloso? Io ero geloso?” rise sarcastico.
“Sei innamorato di me...”
“Ripetilo se hai coraggio!” sbraitò.
Jan si alzò da terra. Si avvicinò a lui a piccoli passi. Lo fissò impavido.
“Sei innamorato di me.” Ripeté mentre si accostava a lui. Miguel indietreggiò spaventato. Si bloccò quasi subito. Jan mascherò un mezzo sorriso d’intesa con un grugnito storto.
“Povero piccolo Miguel, incompreso da tutti e da tutto. Avresti fatto meglio a parlarmene invece di fingerti un playboy da strapazzo!”
“Finiscila, non sai quello che dici!” Miguel stava soccombendo. E non gli piaceva affatto. Anche perché gli occhi di Jan erano sempre più vicini ai suoi. Il corpo di Jan era sempre più vicino al suo.
“Sei gay.”
“Sai che non lo sono.”
“Però mi ami...”
“Finiscila Jan sei solo un pallone gonfiato!” Jan scrutò gli occhi dell’amico intensamente. Parlavano una lingua tutta differente. Confermava in pieno ogni cosa. Miguel lo amava. Ora era tutto chiaro. Limpido. Una felicità da pazzi ingorgò il cuore del bel commissario biondo. L’amore. Quel all’abbagliante luccicore che acceca gli stolti, stordisce le menti, ammalia i randagi. Quel sentimento che fa diventare due unità un corpo solo forse... Due solitudini.
La voce calma di Jan a stemperare quel clima.
“Anch’io ti amo Miguel...”
“Assurdo.”
“Già... di assurdo c’è che me ne rendo conto solo ora” sussurrò avvicinandosi ancora di più. I nasi si sfiorarono mentre Miguel inghiottiva un gemito di piacere. Ma quando l’abbraccio sicuro dell’amico lo accostò a sé non riuscì a trattenersi. Un lamento gutturale gli sgorgò dalla labbra.
“Jan...”
“Miguel...”.
Un ultimo sguardo con gli occhi a perdersi nelle iridi dell’altro. Fino ad arrivare oltre le pupille, oltre lo spazio, il tempo, la vita. Tutta la vita dell'uno negli occhi dell’altro.
“Ti amo, Jan.” Di nuovo il proiettile sparato. Il bacio. Sofferto, duro, ancora più aggressivo del precedente. Jan incespicò mentre accoglieva l’amato. Lo accoglieva, lo accettava. Miguel lo trascinò lungo la stanza vuota. Il fragore dei baci rendeva ancora tutto più audace. Senz’altro più reale. Senza smettere di baciarsi i due uomini iniziarono a strapparsi i vestiti di dosso. I propri e quelli dell’altro. E con urgenza tale che sarebbe venuto da pensare che ne fosse dipesa la vita. In qualche modo raggiunsero il letto. Miguel ci spinse Jan sopra. In quella stanza il buio era quasi vero buio. Miguel riusciva solo a scorgere il baluginio degli occhi chiari. Sentì il bisogno di vedere anche il resto. Prima di sdraiarsi accanto a lui accese il faretto sopra il comodino. Scorgendolo deglutì. Non era certo la prima volta che lo vedeva nudo e sapeva quanto fosse perfetto il suo corpo. Sfacciatamente perfetto. Ma ne rimase lo stesso abbagliato.
“Mio dio” proferì ciondolando la testa. Sentì salire l’eccitazione come una cascata al contrario, inesorabile. Era quasi dolorosa. Jan era tutto quello che desiderava. E ora era nudo e a sua disposizione. Ma forse si trattava di un sogno. O si stava facendo una sega.
“Miguel.”
“Sta zitto” ma gli tappò lui stesso la bocca con la propria. Il bacio riprese. Questa volta meno aggressivo. Più dolce, lungo, e talmente intenso da inebriarli. Jan gemette mentre lo stringeva a sé. Sembrava tutto così facile. Così normale. Non pensare... se si fosse messo a pensare per un solo istante che stava facendo l’amore con Miguel, il suo migliore amico, sarebbe corso via di sicuro. Non pensare. Quella era la prima regola. Per la prima volta in vita sua trasgrediva. Lentamente capovolsero le posizioni. Per alcuni minuti furono l’uno di fronte all’altro in posizione fetale. Poi fu Jan a sovrastarlo. A prendere il sopravvento. Era lo stesso Miguel a volerlo.
“Piccolo” sussurrò Jan mentre gli accarezzava con le labbra il lobo l’orecchio per poi scendere fino alla clavicola. Lo sentiva ansimare sotto di sé. Sembrava così innocuo, eppure il sangue che gli aveva fatto uscire il suo destro gli impiastricciava ancora la faccia!
“Prendimi Jan...” lo supplicò.
“Ma che stai dicendo...”
“Voglio essere tuo”
“Sei già mio.”
“Lo voglio essere di più” per dimostrare che non scherzava catturò il sesso dell’amico tra le mani. A Jan scappò un urlo.
Morti...
Tanti morti...
Bollette da pagare.
Il rapimento di Benni...

“Tutto bene, amico?” Miguel aveva notato l’attimo si smarrimento.
“C’è mancato un pelo” sorrise. Anche Miguel sorrise.
“Non ce la fai proprio più?”
“Tu che ne pensi?” l’altro gli rispose leccandogli la faccia.
“Ti amo, però adesso scopami!”
“La fai facile.”
“Tranquillo non mi ucciderà,”
“Il solito spaccone.” Jan cercò nel cassetto qualcosa di adatto. L’unico oggetto che assomigliava vagamente a quello che gli serviva era un gel contro le arrossature provocate dal freddo. Non lo aveva praticamente mai usato. Preferiva una buona crema viso rigenerante. Si spalmò la sostanza oleosa sul sesso. Era fin troppo fredda e rabbrividì. Con tatto ne posò una piccola quantità tra le natiche di Miguel, anche lui tremò al contatto.
“Però fai piano...”
“Che c’è? Dove è finito il tuo coraggio, matador?”
“Voglio camminare normalmente mentre entro in commissariato, domani.”
“Questo non te lo garantisco” scherzò Jan mentre si avvicinava. Il momento delle battute doveva dirsi finito. Gli restava solo di non perdere il controllo della situazione. Di solito lui non era tipo che lo perdeva con facilità il controllo.
Si appoggiò a lui. Dopo vari tentativi riuscì a trovare l’entrata. Non era né facile né naturale. Ma estremamente eccitante.
“Mio Dio...” sfuggì al biondino.
Per qualche secondo buono Miguel vide gran parte del firmamento. Poi, in qualche modo, cedette. A quel punto il corpo dell’amico era seppellito dentro di sé. Jan iniziò a muoversi. E Miguel contro di lui.
E furono un corpo solo. Fusi. Sembrava fossero nati per stare così. Come mai non l’avevano capito prima?
Jan faceva un gran baccano. Con la voce, con il corpo. Tutto! Gli piaceva troppo. Miguel lo guardo estasiato. Si era chiesto almeno un milione di volte come fosse il suo volto quando godeva. Ora ce l’aveva di fronte. A meno di un centimetro. Ed era il suo corpo a farlo godere. Ma nonostante la passione, il piacere, l’amore che provavano l’uno per l’altro, qualcosa ancora rodeva dentro.
“Era così bello con la spogliarellista?” esalò. Frase così fuori luogo che avrebbe ammosciare un battaglione in guerra. Non l’eccitazione di Jan che non conosceva freno.
Tra gli ansiti replicò: “Non c’è paragone Miguel, scoparti è divino. Sei così... così stretto.”
“Certo, mica sono una puttana che si spoglia nei night club, io!”
“Già, tu sei solo mio, Miguel, e ora finiscila sennò ti faccio male sul serio” minacciò. Miguel sorridendo, lo avvicinò ancora più a sé.
“Non mi fa paura, commissario” Jan si chinò per baciarlo. Miguel schiuse le labbra per accogliere la lingua. La danza riprese. E ripresero i gemiti scomposti di Jan.
Dopo un lungo ‘sto venendo’ ringhiato tra l’orecchio e la spalla di Miguel, s’accasciò sfinito tra le sue braccia.
“Questa e la cosa più grandiosa che mi sia successa da quando sono nato” rivelò mentre rotolava a fianco all’amico. Miguel si mise nella stessa posizione. Furono di nuovo uno davanti all’altro.
“Non sono venuto.”
“Mi dispiace. Sono un fottuto egoista. Pensi questo di me?”
“Tranquillo. Mi rifaccio con gli interessi...”
“Anche subito!”
“Non fare il teutonico superefficiente. Ora voglio restare così” e si avvicinò a lui abbracciandolo e abbandonandosi all’ampio torace ancora scosso dal fiatone.
“Voglio solo sentire che è vero. Che è tutto vero, amore mio.”
“Sì,è vero Miguel. Se ci penso non riesco a crederci nemmeno io.” Non pensare. Quella era la regola. Per uno che aveva infranto ogni regola esistente almeno per quella notte, almeno una regola in cui credere doveva averla. La regola era: niente regole.
Jan gli accarezzò il labbro inferiore con le dita.
“Che intendevi con ‘mi rifaccio con gli interessi’?”
“Ce abbastanza crema in quel tubetto?”



Fine

martedì 20 ottobre 2009

La vedova (parte seconda)




La vedova (parte prima)

Ecco i primi 5 videoclip della puntata che più di altre si è fatta ricordare. Passioni morbose, gelosia, abiguità e, alla fine, il perdono. Putroppo le scene che avrebbero meritato sarebbero molte di più. Ma va da se che ho preso il meglio del meglio...




lunedì 19 ottobre 2009

Io non dormo in macchina

Miguel difende a spada tratta la sua virilità... ci riuscirà? chissà...

domenica 18 ottobre 2009

Marco Girnth intervista

Grazie all'impagabile alessandra ecco il video nel quale l'attore Marco Girnth racconta della sua Lipsia. A sentirlo parlare moltissimo del suo Gabriel...*________*

giovedì 15 ottobre 2009

Happy together, capitolo 2



Capitolo due


“Duecentomila dollari, dico io, duecentomila dollari per un viaggetto due volte all’anno ai Caraibi. Te lo immagini, Jan? Repubblica Dominicana. Donne bellissime e sempre abbronzate, spiagge da sogno, mare d’incanto...”
“Finiscila Miguel, se volevi fare il contrabbandiere dovevi pensarci prima!”
“E già, ormai sono uno sbirro. Però pensaci...”
“Mi porteresti con te?” Jan lo fissò dritto negli occhi.
“E anche Benny, pure lui si merita le belle ragazze le spiagge dorate” così dicendo mimò la sagoma di una donna.
“Ma non riesci proprio a pensare ad altro?”
“Qualcuno deve pur avviare il ragazzo. Ha tredici anni, ci penserà lo zio Miguel a metterlo sulla buona strada” fece l’occhiolino.
Jan lo guardò di traverso.
“Prima di corrompere l’innocenza di mio figlio dovrai passare sul mio cadavere.” Dal piglio minaccioso non c’erano dubbi sul fatto che non scherzasse.
Miguel lo squadrò a sua volta con aria severa.
“Jan, credimi, prima o poi lo devi tagliare il cordone.” In quella si introdusse Ina, fino a quel momento apparentemente occupata al lavorare al computer.
“Finitela, sembrate una coppia di genitori che deve decidere se dare il permesso al proprio figlio andare ad una festa oppure no!”
“Ina, non ho ragione? Jan è o non è troppo apprensivo?”
“Ha ragione invece, io mio figlio non te lo darei, intendo per un uscita. Anzi te lo dico subito Jan, se fai uscire Benny e Miguel insieme da soli avrai il mio biasimo.”
“Grazie Ina.”
“Prego...” i due si guardarono complici. In mezzo a loro Miguel allargò le braccia sconsolato.
“Sono senza parole.”
“Perché non prendi quei fascicoli riguardo Cuba...”
“Santo Domingo.”
“Va bene Santo Domingo, e ti metti a lavorare invece che sparare cavolate?”
Miguel imitò il saluto militare in maniera ironica. Jan smorzò un sorrisetto. Un po’ anzi parecchio, gli dispiaceva di averlo messo in difficoltà davanti a Ina. Ma non sopportava l’idea che suo figlio fosse spronato a cominciare la vita sessuale. Gli sembrava prosaico oltre che anacronistico. Nel duemilacinque c’erano ben altri metodi. Gli uomini adulti non portavano quelli giovanissimi nei bordelli.
Ebbe un mezzo collasso ripensando alla ‘sua’ prima volta. Era stata patetica. Magari lo avessi avuto davvero un fratello maggiore che mi avvisasse. Pensò
Una volta finito il turno Jan si avvicinò al suo amico. Erano passate le diciannove e la gente si affrettava a raggiungere le proprie abitazioni.
“Hey Miguel.”
“Che c’è” rispose stizzito.
“Scusami per oggi... non volevo attaccarti.”
“Come no....” faceva l’offeso, anche se gli facevano genuinamente piacere le scuse di Jan. Gli dispiaceva sempre quando qualcuno lo provocava. In particolar modo se si trattava del suo migliore amico.
“Non dobbiamo parlarne più.”
“Ma certo, non ti preoccupare. Lo zio Miguel andava bene per qualche partita alla playstation o tutt’al più per una paella. Per le cose serie deve farsi gli affari propri, giusto?”
Jan capì subito che stava facendo la vittima. E si sentì molto colpito dalla questione che quell’apparente problema da niente aveva tirato fuori.
“Non è così, tu conti molto per noi. Benny farà parte sempre della tua vita come tu della sua.”
“Sai che non sarà così, Jan.”
“Che intendi dire?” Il commissario Maybach si avvicinò a lui sporgendosi con il capo. Lo guardò fisso negli occhi. “Andiamo a prenderci una birra così ne parliamo per bene?”
Miguel fu tentato di rifiutare. Ma la prossimità con l’amico lo confondeva. Ma non gli riuscì proprio di sottrarsi. Tutto sommato non riusciva non gli veniva in mente un proseguo della giornata migliore...

mercoledì 14 ottobre 2009

lunedì 12 ottobre 2009

WOW

Marco e Gabriel (Jan e Miguel) in un siparietto davvero godibile

giovedì 8 ottobre 2009

mercoledì 7 ottobre 2009

I wont you now

Altro video superslashoso, i riferimenti a gelosia sono fin troppo evidenti, a questo proposito:leggetela!

martedì 6 ottobre 2009

lunedì 5 ottobre 2009

I will survive

Ovvero: l'imperdibile performace di Miguel nella disco gay!!!!!!!!!!!!

mercoledì 30 settembre 2009

martedì 29 settembre 2009

Professionisti e dilettanti

Alcune clip tratte dalla puntata: Professionisti e dilettanti





Miguel rapito

Miguel Alvarez bloccato al letto da una ragazza un po' folle

Happy together!


AUTORE: me medesima
GENERE: Humor/Romance
STORYLINE: sesta stagione
SPOILERS: nessuno, se me ne sfuggirà qualcuno lo segnalerò nel capitolo
PAIRING: Jan e Miguel (ecchì sennò?)
RATING: quando NC 17 sarà specificato
DISCLAIMER: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "Squadra speciale Lipsia"
SUMMARY: Ogni giorno Jan e Miguel comprendono quant'è bello stare insieme.. buona lettura!



Capitolo 1


“Prendi la farina, facciamo i biscotti!” Benny guardò suo padre con aria irritata.
“Non sono mica più un bambino, papà!”
“A me sembra una buona idea!” intervenne Miguel. Il collega di suo padre era ben felice di trovare qualcosa da fare in quel malinconico pomeriggio di fine ottobre. La gita prevista in campagna era saltata colpa del cattivo tempo.
“È deciso, facciamo i biscotti!” Jan annunciò a gran voce. A Benny non piaceva essere trattato come un ragazzino ma tanto valeva comportarcisi da ragazzino se era quello che volevano suo padre e Miguel.
Gli ingredienti fecero la loro comparsa sopra il piano di lavoro. Farina, amido di mais, fecola, cioccolato, granella di nocciole, scorze di limone, sciroppo d’acero, ecc ecc.
Ben presto la cucina dello scapolo con figlio si trasformò in un caos. Benny sembrava annoiato mentre i due poliziotti si divertivano sul serio.
“Ci sai fare con la paletta, vedo!” prese in giro Miguel mentre con il dito leccava il contenuto della ciotola.
“Invece di mangiare come un porco, lo sa dio dove metti tutte quelle calorie, passami il farina!”
“Io le calorie le consumo...” lanciò uno sguardo al ragazzino a lui di fronte “non entriamo in particolari” non finì la frase per proteggere l’innocenza del minore.
“Sì, come no, il solito fanfarone.”
“Benny, tuo padre è insopportabile, a volte.”
“Tu sei insopportabile” Jan lo guardò con aria di sfida. A quella Miguel prese il pacco di farina in mano, ne acciuffò un mucchietto quanto una manciata di sale.
“Volevi la farina eccoti accontentato” e così dicendo la tirò sul volto dell’amico.
“Sei un...” bloccato dalla rabbia non fece nulla. Ma appena un attimo dopo afferrò una manciata di granella di nocciole e la gettò addosso allo spagnolo.
“Ma cretino, quella fa male! Mi hai preso in un occhio!”
“Oh sentilo, poverino, ti ho accecato? Certo il fascino latino potrebbe essere affievolito con una benda!” ironizzò.
“A sì? E il fascino nordico con una bella dose di sciroppo d’acero sui capelli invece potrebbe addirittura migliorare... ” Intuendo l’intenzione di Miguel, il padrone di casa scappò in salotto. Lo spagnolo lo seguì ghermendo la bottiglia di succo d’acero finché non lo bloccò braccandogli le gambe con le sue. Jan cadde sul tappeto mentre gli veniva inserto quel particolare tipo di shampoo!
“Miguel sei...”
“Ti piace eh? Vedrai che lucentezza domani i tuoi capelli quando ti troverai al cospetto del capo!”
“Domani sarò sì davanti al capo ma a spiegargli il motivo per il quale ti ho ammazzato!” ridendo l’ispanico fuggì di nuovo in cucina. Jan, tutto colante di melmosa essenza, lo raggiunse. Lo prese per il colletto e lo bloccò sullo stipite della porta.
“Ora sai cosa succede?”
“No ti prego, Jan non farlo, ho portato tutte le camicie in tintoria mi resta solo questa!”
“Peggio per te” e come felicemente intuito da Miguel, Jan strusciò la testa più volte sulla sua camicia. L’altro provò a staccarsi ma era troppo tardi. La camicia rosso bordeaux aveva praticamente cambiato colore!
“Sei un infame Jan! Me la paghi!” ma lo disse ridendo.
Anche Jan cominciò a sghignazzare. Benny li osservava allibito.
“Se questo è il mondo degli adulti...”

domenica 27 settembre 2009

sabato 26 settembre 2009

Sprintate e provocazioni di Miguel


Non credere che l'abbia fatto per te

Jan e Miguel love story

Perché li amo


Miguel e Jan fanno parte di quelle ossessioni delle quali ogni tanto non si può proprio fare a meno. Approfodiamo la cosa: O_____________O

-Perché fin dal primo momento che li ho visti il feeling era evidente
-Perché si toccano in continuazione
-Perché si guardano e non sembra stiano parlando d'indagini ma di tutt'altro
-Perché Miguel ama Benny come fosse suo figlio
-Pecché bevono dalla stessa bottiglia/bicchiere e mangiano dallo stesso piatto
-Perché bisticciano su chi deve guidare la BMW
-Perché Miguel gli propone di bere insieme e Jan accetta
-Perché quando Miguel era in pericolo Jan soffriva troppo
-Perché quando Jan andava a letto con la vedova Miguel soffriva in una maniera allucinante
-Perché quando fanno gli appostamenti sembrano una coppietta a caccia d'intimità
-Perché Jan gli sorride sornione
-Perché Miguel lo abbraccia un po' troppo spesso da dietro
-Perché Miguel non può fare a meno di andare al campo di ateletica con lui e se gli da buca s'incazza
-Perché sono tanto diversi
-Perché quando Miguel ha bevuto lo bacia
-Perché giocano al pc
-Perché giocano a frecciette
-Perché giocano a infilare le manette nell'attaccapanni
-Perché quando Benny era rapito Miguel stava troppo male
-Perché quando Miguel è andato a letto con la non vedente Jan ha avuto da ridere
-Perché Jan ha da ridire sul fatto che Miguel pensa sempre alle donne
-Perché ridono sempre alle battute dell'altro
-Perché si punzecchiano e si sa che l'amore non è bello se non è litigarello
-Perché Jan lo difende, lo giustifica e non può fare a meno di lui...

No dico, serve altro? forse...magari dopo lo aggiorno...

venerdì 25 settembre 2009