martedì 22 febbraio 2011

Bello pure quando dormi





Titolo: Bello pure quando dormi
Autore: Sokogirl
Fandom: SOKO Leipzig
Pairing: Jan Maybach/Vincent Becker
Storyline: stagione futura


Vince era rimasto a casa con il piccolo Miguel Junior mentre Jan si occupava di interrogare l’energumeno che aveva ucciso una donna, colpevole di aver intascato un gratta e vinci! Leni era tornata al lavoro da poco, stava sullo stesso caso del compagno e i giornali da che mondo e mondo si scrivono di notte.
A Vincent Becker non dispiaceva fare il babysitter ogni tanto. Soprattutto quando Jan glielo domandava socchiudendo gli occhioni blu.
“Finalmente sei crollato” sussurrò al neonato avvolto in una copertina bianca tra le sue braccia: dormiva paciosamente. Mentre continuava a cullarlo si appollaiò alla poltrona. Continuava a rimirane i lineamenti che, sebbene la tenera età, ricordavano ogni giorno di più quelli del padre. Proprio bello come tuo padre. “Sai ranocchietto che quando dormi sei carino come il tuo papà?” si scoprì a dire ad alta voce. Le guance gli si colorarono all’istante. Ricordò quando qualche tempo prima, che Leni ancora non aveva partorito, avevano appostato un pregiudicato di sera tardi. Jan era distrutto dalle poche ore di sonno causate della compagna, la quale si lamentava della pancia al punto che tra una camomilla, un massaggio alla schiena, le volte che il commissario Maybach si era ritrovato ad addormentarsi all’alba, erano fin troppe. “Che noia!” furono le ultime parole che gli sentì dire Vince prima che un altro suono, dolce e melodico, uscisse dalle labbra socchiuse. Jan russava sommessamente, un respiro flebile. Vince si era voltato per prenderlo in giro, svegliarlo. Ma la visione lo arricchì di una tenerezza quasi dolorosa. Sei bello pure quando dormi, pensò.
Proprio in quel momento Jan rincasò facendo tornare Vince alla realtà.
Il poliziotto biondo si avvicinò alla poltrona occupata dal collega e dal figlio. Piombato alle spalle si piegò su di loro. “Dorme?”
“Già” Vince si voltò dalla sua parte. “Messi dentro i cattivi?”
“Ho fatto i compiti, e ora sono stanco”
“Devo cullare anche te?” a Vince scappò naturale ma subito se ne pentì soprattutto quando lesse nel volto di Jan un’espressione così deliziosamente sbalordita.
“Si fa per dire, tu pesi molto di più!”
“Lo porti tu dentro la culla?” rispose Jan toccandosi la nuca imbarazzato.
“Certo! Servizio completo” così dicendo Vince si avviò in camera da letto. Appoggiata la creatura nel suo giaciglio, si soffermò a guardarlo di nuovo, così preso non si accorse di Jan giunto alle sue spalle.
“Non so come ringraziarti” gli sentì dire.
A Vince vennero in mente almeno cento risposte, ma non ce n’era nemmeno una soltanto che non fosse vagamente maliziosa e dunque altamente pericolosa.
“Mi basta sapere che il piccolino sta bene e che il suo papà ha svolto il compito come si deve” si morse il labbro inferiore. Pure quella però, la centunesima, suonava vagamente ambigua.
“E tu Vince?”
“Io cosa?” trasecolò.
“Stai bene?”
“Intendi con Miguel?”
“Intendo in generale”
Vince girò intorno a Jan evitando il suo sguardo. Di nuovo una serie di risposte improbabili, del genere: come schifo faccio a stare bene se l’unica persona che vorrei amare, che mi blocca il respiro ogni volta che la guardo, è di un’altro? Una donna che gli ha appena sfornato un ragazzino e l’unico modo che ho per tenermelo vicino è fargli da babysitter? Si sorprese a bofonchiare qualcosa.
“Che c’è?”
“Cosa?” cercò di tornare in sé.
“Ho chiesto se hai detto qualcosa Vince!”
“E perché ti interessa sapere se sono felice?” ribatté con aria di sfida, petto in fuori.
“Perché ti scaldi?”
“Non mi sto scaldando”
“A me sembra di sì” Vince non riuscì a dire altro e tentò di sgusciare dalla camera da letto... dove Jan e Leni fanno così bene l’amore... si sentì invadere dalla nausea.
Jan, afferratolo per un braccio, lo bloccò con maschia decisione: “Dove vai?”
“Il babysitting è finito, vado a casa a leccarmi le ferite visto che sono tanto infelice” Vince si odiò per quella frase stucchevole e per niente degna di un poliziotto. Di un uomo.
“Vince, perché fai così? Se è colpa mia... se ho fatto qualcosa che...”
“Perché dovrebbe essere colpa tua Jan”
“Perché non riusciamo ad essere amici” ammise Jan alla fine: “Intendo dire: siamo colleghi, e ci stimiamo. Ma tu mi tieni a distanza, come se ti fosse difficile considerarmi amico”
Ma bravo Maybach, che bella scoperta! Ci sei arrivato! “Non dire cavolate Jan: noi siamo amici”
“Hai appena detto che ti tratto come una tata, o sbaglio?”
“Era ironico”
“Non lo sembrava”
“Mi dispiace, ultimamente i toni non mi riescono come dovrei. Forse dovrei davvero fare un ripassino da S.O.S Tata”
“Finiscila di fare il cinico”
“E tu abbassa la voce sennò svegli tuo figlio!” ma lo disse lui più forte e, difetti, il ragazzino eruppe in un fragoroso pianto. “Provo a dargli i ciuccio, magari si calma” Vince, tornato subito efficiente, accostò alla bocca del neonato il gommotto di caucciù scivolato fuori dalla sua portata. Per i primi venti secondi non ne volle sapere, ma poi si rassegnò.
“Tanto tra venti minuti deve mangiare” sussurrò Vince tenendo sempre la mano sul ciuccio per impedire che gli sfuggisse di nuovo.
“Vorrei che restassi allora” mormorò Jan ad un passo da lui. Vince si sentì invadere da un calore totale: il corpo di Jan.
“Ma il latte di Leni è già in frigo, bisogna solo scaldarlo”
“Però ho notato che quando glielo dai tu mangia più volentieri”
Vince pensò che suonava come una scusa bella e buona e avvampò. Jan gli aveva non solo appoggiato un braccio sulla spalla, ma aveva pure posto l’altro su un fianco. “Vince, togli la mano. Ora dorme profondamente, e secondo me ne avrà per ben più di venti minuti”
“Dunque?”
“Perché non continuiamo quel discorso sull’amicizia?”
Vince deglutì, con Jan addossato così a lui, i discorsi sull’amicizia gli sembravano appropriati come il salame per antipasto ad una cena tra musulmani!
Perché no! Perché cazzo vuoi parlare d’amicizia? Perché ti amo! E voglio fare l’amore con te! Cavolo Jan ma sei empatico come un secchio di vomito! Dovresti cambiare mestiere! “Voglio esserti amico Jan” si limitò a rispondere con le labbra che non riuscivano a smettere di tremare.
“Anche io Vince, ne ho bisogno” si abbracciarono. Un abbraccio tra amici che non potevano essere amici. Vince con il suo terrore che l’altro scoprisse che bleffava. E Jan con l’altrettanto terrore che Miguel Junior ricominciasse a piangere. Perché l’abbraccio di Vince desiderava gustarselo a lungo, in silenzio. Unico suono: il battito dei loro cuori.

venerdì 18 febbraio 2011

A DOUBLE GIFT – UN REGALO PER DUE



Titolo: A double gift - Un regalo per due
Autore: Frau Ale
Fandom: Squadra Speciale Lipsia
Pairing: Jan Maybach/Miguel Alvarez
Storyline: Sesta stagione
WARNING: slash



Jan sorrise tra se’, assaporando il rilassante sabato sera che gli si prospettava davanti dopo un periodo piuttosto movimentato; Benny, in visita a sua madre, era partito il venerdì mattina lasciandolo solo, padrone incontrastato della casa.
Sdraiato sul divano chiuse gli occhi e si mise ad ascoltare: silenzio… La coppietta del piano di sotto era in montagna per il weekend e gli anziani del piano di sopra in trasferta dai figli; per quel fine settimana lui sarebbe stato l’unico abitante del palazzo. Non che la cosa gli dispiacesse: dopo la ripetuta quotidiana dose di telefoni che squillano, sirene spiegate e gente che urla, tutto ciò che voleva era godersi un po’ di sana tranquillità.
Certo, quella settimana gli era sembrata più breve grazie alla festa che Miguel aveva organizzato senza preavviso un paio di giorni prima, per il suo compleanno, coinvolgendo anche Ina e Haio ed alla quale aveva poi partecipato anche Leni. Ripensare ai brindisi, ai canti ed ai regali lo fece sorridere.
Già i regali… ancora appoggiati sulla consolle accanto alla porta; in quei due giorni era stato talmente impegnato da non aver avuto neppure il tempo di trovare per ciascuno una sistemazione adeguata. Soprattutto per quello di Miguel.
Lo vide sbucare parzialmente dalla carta nella quale aveva cercato di riavvolgerlo e sospirò.
- Ma come gli e ‘ venuto in mente di farmi un regalo simile?! Sa benissimo che detesto i film horror! –
Gli sembrò davvero strano: il collega conosceva la maggior parte dei suoi gusti cosi’ bene, da rendere incredibile un errore così grossolano.
- Eppure ogni volta che ha tentato di trascinarmi al cinema a vederne uno l’ho sempre scoraggiato, rifiutando l’invito perché il genere non mi interessa! Per quale motivo… -
Improvvisamente l’illuminazione.
- Ma certo! E bravo Miguel… visto che io non ho mai voluto andare al cinema a vederne uno con lui, ha fatto in modo di portarne uno da me per quando sarebbe passato. Ma se pensa che ci caschi… - sogghignò.
Abbandonando il pensiero dei regali tornò a rilassarsi; accanto al divano, appoggiati ordinatamente sul tavolino, aveva preparato il suo libro preferito, un bicchier d’acqua e il cellulare nel caso Benny avesse chiamato. A completare l’atmosfera relax la luce soffusa di una lampada a risparmio energetico, montata su di una splendida piantana in stile liberty,
Si fermò ancora un attimo a godere di quella meravigliosa quiete, rotta sporadicamente dal sommesso ululare del vento di tramontana che da qualche giorno spazzava la città, rinfrescando particolarmente le serate.; poi prese il libro con l’intenzione di leggere. Ma non fece in tempo ad aprirlo che sentì suonare il campanello.
- Chi può essere a quest’ora? – sbuffò – non aspettavo nessuno. -
Stancamente si alzò dal divano e di malavoglia andò alla porta.
- Chi è? – domandò.
- Sono la fata turchina, sto cercando il principe azzurro – gli rispose una voce famigliare.
Jan sorrise. Miguel…. Chi altro poteva essere?!
- Prova in fondo alla strada, magari trovi qualcuno che ha bisogno dei tuoi doni – replicò ironicamente alludendo all’agenzia di incontri che avevano da poco aperto in fondo all’isolato.
- Oh io no sono qui per “dare”…ma per “prendere” – precisò l’amico.
Incuriosito dall’inaspettata e quanto mai strana risposta Jan aprì: Miguel sentì chiaramente i due chiavistelli della serratura sbloccarsi.
- Massima sicurezza eh? – pungolò il compagno.
- Non si è mai troppo prudenti con la gente che gira oggigiorno – rispose Jan con aria decisamente professionale. – E poi non dimenticarti che una “visita” l’ho già avuta – aggiunse facendo riferimento ad una non molto lontana aggressione subita proprio in casa.
- Ah già, hai ragione - ricordò Miguel. - Comunque potrebbe esserci in giro anche il lupo cattivo – ricominciò ad ironizzare per smorzare quel poco piacevole flashback - e magari decidere di venire ad importunare proprio un poliziotto… -
- E come potrebbe sapere che lo sono? – si prestò al gioco il biondino sorridendo. – Non mi pare di aver messo la dicitura “poliziotto” sotto il cognome Maybach sul campanello…. –
Miguel fissò un attimo la targhetta sotto il pulsante.
- Hai ragione – ammise con un sorriso ed un’espressione teneramente buffa.
- Che fai qui? – indagò Jan.
- Ciao Miguel, benvenuto!....No, no, accomodati pure, non fare complimenti! – lo riprese il moretto un po’ risentito per essere stato lasciato già anche troppo a lungo sul pianerottolo
- Ah scusa… Vieni entra – lo invito Jan imbarazzato.
Come Miguel varcò la soglia dell’appartamento rimase sbigottito.
- Non è che disturbo? – ipotizzò.
- Perché? – domandò Jan sorpreso.
- Vedo che l’atmosfera è piuttosto… come dire…. Suggestiva? Romantica? – insinuò Miguel leggermente infastidito dall’aver perso, da un paio di giorni, il monopolio delle serate del compagno. E preferendo tuttavia ignorare come egli impiegasse quel tempo.
Il biondino si guardò attorno; in effetti dovette ammettere che il suo ospite aveva ragione. La penombra, il chiarore fioco e soffuso della lampada e la fragranza rilassante e sensuale del profumatore elettrico creavano un’atmosfera decisamente “particolare”.
- Stavo solo cercando di godermi un po’ di relax – precisò.
- Allora ti ho salvato da una serata noiosa. – decretò Miguel soddisfatto. – Ma come fai a riempirti la testa di queste cose?! – aggiunse afferrando il libro che Jan aveva abbandonato sul tavolino per andare ad aprire e tenendolo con due dita, a distanza come fosse un panno sporco.
- Forse perché a me piacciono “queste cose” – glielo strappò di mano il collega.
Miguel sospirò.
- Dovresti movimentare di più le tue serate – gli consigliò roteando “allusivamente” le mani. – Ora capisco perché… -
- Le donne mi sfuggono? – lo interruppe Jan.
- Intendevo perché sei sempre così riposato – si schermì Miguel. – Comunque si, anche quello. Scusa. -
Per tutta risposta Jan gli sorrise teneramente.
- Ma per fortuna ci sei tu – osservò.
Questa volta fu il compagno ad abbassare lo sguardo, sorridendo imbarazzato.
- A proposito… – si ricordò il biondino – che ci fai qui a quest’ora? Hai detto che sei venuto a prendere… cosa? –
- Il giusto ringraziamento. –
L’espressione furba e sorniona di Miguel rimbalzò su quella attonita ed incuriosita di Jan.
- Ringraziamento? – chiese.
- Per il mio splendido regalo – statuì trionfante il moretto.
- Splendido regalo?? Quel film inclassificabile?! Sapevi benissimo che non guardo quel genere! – obiettò Jan.
- Appunto, dovresti ringraziarmi che allargo i tuoi orizzonti… ti faccio provare nuove esperienze… - si difese Miguel prendendolo in giro.
- Senti – iniziò il compagno con espressione sconsolata – credo di essere una persona di abbastanza larghe vedute e di aver assistito più volte a certe scene nel nostro lavoro, ma non abbastanza da… Ehi ma che stai facendo?! –
Mentre Jan parlava, Miguel non aveva perso tempo passando all’azione ed il dvd era ormai nel lettore.
- Non ho alcuna intenzione di guardare quell’orrore! – protestò il padrone di casa.
- Horror Jan, non orrore – precisò divertito l’ospite.
- Non mi importa, non lo guarderò e basta! Toglilo subito! – cercò di imporsi l’amico vistosamente contrariato.
Miguel gli lanciò addosso, di striscio, uno sguardo deciso ed obliquo, arricciando appena le labbra in un sorrisetto malignamente canzonatorio.
- Cos’è… hai paura? – lo provocò scandendo bene ogni singola parola. Sapeva quanto Jan tenesse alla sua immagine di uomo “tutto d’un pezzo” , virile, professionale e sicuro si sé. E quindi sapeva di aver colpito nel segno.
Se c’era una cosa che Jan riusciva solitamente a fare era resistere alle provocazioni; anzi spesso era lui a provocare avversari e sospetti per raggiungere il suo scopo. Ma essere considerato un fifone per uno stupido film e per giunta proprio da Miguel, era una provocazione troppo grande anche per lui.
- Io non ho affatto paura! – si impuntò afferrando la custodia del dvd e sventolandola sotto il naso dell’amico.
- Allora dimostramelo – continuò il moretto.
- Non devo dimostrarti proprio nulla! – replicò alterato e risoluto il compagno – E’ inutile che ci provi, la mia risposta è no! –
- Come vuoi… - continuò Miguel con il fare beffardo ed insidioso di chi sa che ormai la vittima sta per cedere.
Jan, esasperato da quell’atteggiamento, gettò con rabbia la custodia del dvd sul divano, voltò le spalle al collega ed incrociò le braccia. Mai e poi mai avrebbe ammesso che gli horror gli facevano paura! Si sentiva intrappolato, in gabbia!
Miguel gli rivolse un sorriso di dolce comprensione. Si avvicinò, posandogli delicatamente una mano sul braccio.
- Ehi stavo solo scherzando – si scusò. – Mi spiace, forse ho esagerato. -
- No, scusami tu – si voltò Jan – è stata la mia reazione ad essere esagerata. Dopotutto è il tuo regalo e anche se non è il mio genere sono felice del tuo pensiero. -
Si guardarono entrambi dritti negli occhi; in quella stanza semioscura in cui le ombre la facevano da padrone, il marrone vibrante degli occhi di Miguel incontrò l’azzurro vivo di quelli di Jan, per un silenzioso scambio di inconfessate emozioni.
- Il fatto è che…. – attaccò Jan abbassando lo sguardo – insomma… è che mi impressionano, ecco. –
- Delicatino eh? – Miguel non riuscì a tenere a freno la lingua, ma un’occhiataccia lo riportò nei ranghi.
- E’ perché non li hai mai guardati con la persona giusta – continuò.
- E’ perché non mi piacciono – sentenziò Jan. – Odio tutto quel sangue, quelle scene macabre, quello splatter rivoltante, il tutto volutamente amplificato e sbattuto in faccia senza ritegno! –
- Ma è solo finzione! – lo riprese Miguel.
- Si, lo so. Ma a me infastidisce lo stesso – concluse l’amico. – Però se ci tieni tanto, lo guarderò con te. -
- Davvero?? – il collega non credette alle sue orecchie.
- Si. Almeno la smetterai di tormentarmi – abbozzò Jan con un sorriso tirato.
Il moretto, spiazzato dall’improvvisa vittoria, si fiondò sul divano, sistemandosi comodamente e facendo posto al padrone di casa; il biondino dal canto suo, sempre meno convinto di quello che stava facendo, gli si accomodò accanto, studiando con una certa apprensione l’aria divertita e soddisfatta del compagno.
- Posso andare? – domandò cautamente Miguel, telecomando in mano e pronto a dare il via allo “spettacolo”.
- Vai – sospirò la vittima rassegnata. – Prima che cambi idea! –
Il film si rivelò ancora peggio di quel che Jan aveva preventivato; apprezzava il tentativo del collega di “alleggerirgli” la visione mettendosi a commentare ironicamente i momenti più pesanti, ma a lui stava davvero venendo il voltastomaco.
Così, cercando di non farsi notare, alle scene peggiori distoglieva lo sguardo, per poi tornare a fissare lo schermo al minimo movimento gli suggerisse che l’ospite stava per girarsi.
D’altra parte Miguel si era già’ accorto dell’escamotage usato dall’amico per sviare le parti più impressionanti, ma aveva preferito far finta di nulla lasciandogli credere che l’idea avesse funzionato, rispettando il fatto che Jan avesse accettato di guardare quel film solo per farlo contento.
Passò un’ora ma della pellicola entrambi non videro che la metà del contenuto, impegnati com’erano a controllare i reciproci movimenti ed a portare avanti le proprie strategie.
- Non è che hai qualcosa da bere? – proruppe improvvisamente Miguel. – Mi è venuta sete. –
- Ho un paio di birre in frigo. Vado a prenderle – si offrì immediatamente Jan scattando in piedi.
Miguel non si stupì di quel pronto entusiasmo, immaginando che probabilmente da tempo il biondino cercava un modo per sottrarsi un attimo a quella indesiderata visione.
Ma stavolta anche lui aveva un piano.
Non appena Jan sparì in cucina Miguel afferrò il telecomando, premendo velocemente il tasto dell’avanzamento rapido; aveva visto quel film abbastanza volte da sapere che stava arrivando la parte più spaventosa e per delicatezza verso il compagno, che già aveva fatto uno sforzo notevole per resistere fino a quel punto, era intenzionato a risparmiargliela. Immerso nel suo compito non si accorse che Jan, tornato prima del previsto, lo stava osservando più che sorpreso dalla porta.
Sorrise teneramente all’indirizzo del moretto, trovando il suo gesto estremamente dolce; arretrò qualche passo e tossicchiò, annunciando il proprio arrivo.
Miguel, svelto come un gatto, riportò il dvd a velocità normale giusto in tempo; Jan entrò nella stanza tornando a sedersi accanto a lui e porgendogli una bottiglietta di birra.
- Mi sono perso qualcosa? – indagò con strano interesse.
- Niente di che – rispose vago Miguel afferrando la birra e volgendo prudentemente lo sguardo verso il televisore, evitando di incrociare quello dell’amico. – Comunque non durerà ancora molto. –
- Strano, me l’avevi descritto più lungo – lo stuzzicò Jan.
- Devo averlo confuso con qualche altro – tagliò corto Miguel sentendosi la coda di paglia.
- Già – concluse con aria scaltra e compiaciuta Jan bevendo un sorso.
La mezz’ora successiva passò in modo decisamente più piacevole. Miguel non riuscì a star zitto per più di cinque minuti, imbarazzato dai fugaci ma insistenti sguardi che gli rivolgeva il compagno e per togliersi d’impiccio gli raccontò buona parte della fine del film; a Jan la cosa non dispiacque affatto, da un lato perché così, con la scusa di guardare in faccia il suo interlocutore, si risparmiava un’altra buona parte di quella sofferta première e dall’altro perché il modo di raccontare del moretto lo affascinava. O meglio, tutto di lui risvegliava il suo più profondo interesse… che puntualmente Miguel ricambiava.
- Ecco, ci siamo! – sbottò improvvisamente l’ispanico facendo sobbalzare il collega. – Questo è il momento clou, ora vedrai chi è…. – ma non riuscì a finire la frase che saltò la corrente, lasciando i due completamente immersi nel silenzio e nel buio.
- Nooo proprio ora! – protestò.
- Ma cosa… - provò ad abbozzare Jan, quando un tuono richiamò l’attenzione di entrambi.
Concentrati sul film e sui loro discorsi, non si erano accorti dell’arrivo di quello che si preannunciava come un violento temporale.
- Un fulmine deve aver fatto saltare qualche centralina nelle vicinanze. –
- Ma proprio adesso che eravamo alla fine?! – se ne uscì Miguel con un’espressione talmente comica che Jan non trattenne una risata.
- Non credo che al temporale interessi – ironizzò divertito.
- Che infame, te la ridi perché ti è andata bene vero?! Saltata la corrente, fine dello spettacolo – ribattè l’amico con disappunto.
- In un certo senso si – ammise sincero Jan. – Ah, sta iniziando a piovere. –
- Maledizione, ho anche parcheggiato in fondo alla strada – imprecò Miguel. – Meglio che vada… se proprio devo farmi una doccia preferisco farmela a casa sotto un bel getto caldo! –
- Se vuoi… puoi fermarti da me – suggerì il biondino.
- Cos’è? Dopo la brutta visione il signorino ha paura a stare da solo? – insinuò con sottile malizia il moretto avvicinandosi sinuosamente.
- Ah Miguel vattene! – lo cacciò Jan sbattendolo fuori con aria fintamente offesa.
Miguel si appostò sul pianerottolo davanti alla porta e attese. Dopo qualche minuto “l’offeso” riaprì, trovandolo poggiato con una mano allo stipite, sul viso un’espressione sfacciatamente trionfante.
- Avevo ragione allora – puntualizzò.
- Non proprio… - accennò Jan facendolo entrare.
Miguel non sapeva resistergli quando faceva il misterioso.
- Devo ricordarti che mentre tu sei già a casa io dovrò affrontare il diluvio per arrivarci? – finse di protestare.
- Mi pare di averti offerto la mia ospitalità – rispose l’altro calmo, iniziando a dosare una cospicua razione di sguardi diretti sapientemente alternati ad altri furtivi molto intriganti.
- Ho capito – ridacchiò Miguel – vuoi ringraziarmi. Dai ammettilo, il film non era poi così male… -
- Orrendo -
- E c’erano pure delle scene divertenti… -
- Disgustose -
- Per non parlare dell’ottima compagnia… - concluse con un’impennata di stuzzicante presunzione.
- Su quello devo darti ragione –
- E’ ovvio… -
- Ma solo su quello – precisò il collega.
- Peccato per la fine -
- Eh si, un vero peccato… –
Miguel si rese conto che Jan lo stava decisamente prendendo un po’ in giro e dopotutto, conoscendolo bene, aveva preventivato una sua piccola ritorsione. Eppure quel gioco gli piaceva.
- Adesso devo proprio andare… credo tu ti sia divertito abbastanza – salutò guardando preoccupato la pioggia battente flagellare il vetro della finestra.
Il compagno lo bloccò parandoglisi davanti.
- Cos’è? Ora sei tu a battere in ritirata? – si vendicò.
- Miguel Alvarez non batte MAI in ritirata! Dovresti saperlo bene – lo riprese puntandogli un dito contro.
- Meglio così…. – lo squadrò Jan con espressione volutamente maliziosa.
Senza staccare lo sguardo dall’amico, anzi con studiate occhiate provocatorie, chiuse a doppia mandata la porta e tirò i chiavistelli, in modo che da fuori nessuno potesse aprire. Poi estrasse la chiave dalla serratura e la ripose in un cassetto.
- Che intenzioni hai? – sondò incuriosito ed allettato Miguel.
- Beh, non abbiamo visto la fine del film… ma io ne ho una molto personale da proporti – annunciò il biondino con aria irresistibilmente sexy e stuzzicante, accostandosi pericolosamente al collega.
- Vuoi farmi “tremare”? – lo provocò spudoratamente l’altro pressandoglisi contro.
Jan sogghignò allusivamente, spingendo il compagno contro il divano e bloccandolo con il proprio corpo.
- Veramente io ho intenzione di farti “urlare”… -