martedì 21 settembre 2010

Pablo Sprungala

Nuove fotine del nostro stupendo Vincent!




lunedì 20 settembre 2010

domenica 12 settembre 2010

Pasión Latina












mercoledì 8 settembre 2010

Nel segreto dell'alcova


Titolo: Nel segreto dell’alcova
Autore: Frau Ale e Sokogirl
Fandom: Squadra Speciale Lipsia
Pairing: Jan Maybach/Miguel Alvarez
Storyline: quarta stagione circa
WARNING: contiene scene omoerotiche, adatta ad un pubblico adulto
Un rigraziamento speciale a Lipsialove per la grafica! :)


Erano passate le dieci di sera.
Dal cielo scuro di Lipsia alcuni fiocchi di neve scendevano lentamente.
Miguel parcheggiò di fronte l’abitazione del suo collega, un attimo più tardi Jan scese dall’auto di servizio.
“Sono distrutto, dodici ore sotto torchio! Non vedo l’ora di buttarmi nella vasca!”
“Hai deciso di lasciarci le penne Jan?” Miguel lo provocò. Sapeva quanto il collega fosse scrupoloso quando si trattava di un’indagine ma non gli stava bene che rischiasse la salute.
“Ho ancora un figlio che va a scuola, Miguel. Non mi è permesso essere stanco!”
Miguel, mani sul volante, lo fissò interdetto
“Magari si è dimenticato di farsi da mangiare e ora pretenderà che gli prepari qualcosa” aggiunse il padre.
“Potevamo passare in una friggitoria”
“Ma dai Miguel ho detto per dire, probabilmente se fosse stato tanto affamato mi avrebbe già chiamato” Jan fece per prendere il mazzo delle chiavi dalla tasca.
“Ti saluto Jan, buona notte e mi raccomando riposati!” Miguel girò la chiave nel cruscotto
“Aspetta” Jan era sbiancato.
“Che aspetto? Ti ricordo che ho un appuntamento!”
“Temo di essere uscito senza chiavi stamattina!”
“Cosa?”
“Speriamo che Benny sia a casa!” Jan uscì dall’auto il portone. Bussò. Essendo la scuola chiusa per le vacanze natalizie, le probabilità che proprio quella sera suo figlio tredicenne avesse deciso di dormire da un amico o di tirar tardi, erano altissime!
“Dannazione” Miguel sbuffò sonoramente.
Jan si voltò dalla sua parte: “È uscito”
“Sarà da qualche amichetto, chiamalo!”
“Magari” Le braccia scivolarono lungo i fianchi.
“Che vuoi dire con ‘magari’?” Miguel, stanco di parlare a quella distanza, spense il motore e scese per raggiungerlo “Allora? Perché non lo chiami?”
“Miguel, lui...” tentennò “con quei messaggi maledetti! Gli sms, ne mandava a profusione! Per non parlare delle telefonate chilometriche alla fidanzatina”
“E dunque?”
“E dunque glie l’ho tolto una settimana fa, per punizione!”
“Cosa hai fatto!? Hai tolto il cellulare a Benni?” a Miguel cascò la mascella.
“Ma non ti preoccupare” Jan si ricordò dell’appuntamento galante che il collega millantava di avere dalla mattina “Tu hai da fare con quell’Anika o Erika...”
“Marika! Si chiama Marika, Jan”
“Sì vai pure, aspetterò Benni qui” Jan prese posto stancamente sul terzo gradito della scalinata che conduceva al sua abitazione.
Miguel Alvarez, in piedi davanti a lui, non accennava a spostarsi di un millimetro.
“Che stai facendo? Perché sei ancora qui Miguel... ”
“Mai!”disse soltanto.
Alzata la testa, Jan lo fissò attento: “Che intendi dire con quel mai?”
“Mai, sì, un amico non lascia mai un altro amico per una donna, anche se si tratta di una ragazza fantastica, con una bocca mozzafiato e la quinta di reggiseno!” assunse un’aria trasognante come se l’immagine delle beltà appena decantate fosse comparsa al suo cospetto tipo miraggio!
“Fammi il piacere Miguel” Jan fece una smorfia. Tutte le volte che parlava di una sua conquista, provava un profondo fastidio, una sorta di dolore al centro dello stomaco.
“Vai pure me la caverò” mise il broncio.
“Non esiste, le mando un messaggio e le dico che si fa per un’altra sera” risoluto prese il cellulare in mano. Spedito l’sms sedé al fianco di Jan. Questi si girò guardandolo con affetto.
“A parte il fatto che tra poco diventeremo due ghiaccioli! Non hai il numero di qualche amichetto di Benni?”
“Purtroppo li ho segnati in un’agendina che si trova nel mobiletto sotto il telefono” sospirò.
“Amico, sai cosa ti dico? Penso che a meno che non facciamo un’infrazione di domicilio resteremo a congelarci le chiappe a lungo qui!” nel frattempo aveva preso a nevicare in maniera copiosa.
“So che sei cresciuto per strada Miguel ma non pensarci nemmeno! Ci sono doppi vetri antisfondamento e un impianto antirapina che farebbe uscire di casa tutto il vicinato!”
A quel punto Miguel si alzò, “Su forza andiamo!” allargate le braccia, afferrò la mano dell’amico e lo tirò in piedi.
“Andiamo?"
“Andiamo sì, se non vuoi diventare un pupazzo di neve, seguimi!”
“Dove andiamo Miguel? Vuoi portarmi con te? Faccio il terzo incomodo con Marika?”
“Le ho già scritto un sms!”
“Che scusa le hai detto?”
“Che sono in servizio, un incarico speciale. Vedrai la prossima volta sarà ancora più vogliosa”
A Jan non trattenne una smorfia di disappunto. “Il solito pallone gonfiato” commentò.
“Su come dici tu, ora muoviti Jan che sono stanco di infradiciarmi!” si strinse le braccia attorno al corpo.
“Se magari ogni tanto mettessi il cappotto” Jan lo squadrò con severa dolcezza. Miguel sembrava sempre sfilare per la linea primavera estate, in qualsiasi stagione.
“Lascia stare ora i consigli e andiamo”
“Ho capito andiamo” entrarono nella macchina. In quella Jan ebbe un moto di ripensamento “Sì ma dove?”
“Come dove? A casa mia, no? Si capisce”
“A casa tua?” Jan era esterrefatto.
“Cosa pretende il signorino che gli prenoti una camera al Grand Hotel forse”
“No solo che...”
“Cosa?”
Jan sembrava nervoso e non celava un certo impaccio. “Tu hai un solo letto”
“Ho pure un divano Jan”
“Ok chiaro!” si vergognò per aver pensato che Miguel volesse concedergli un posto nel suo letto. Quel talamo teatro delle tante battaglie millantate dal collega. Bastò quel pensiero a provocargli un preoccupante irrigidimento alle parti basse...
“Tutto ok Jan?”
“Certo tutto ok!” dopo un ultimo sguardo curioso Miguel mise in moto e partì nella notte.


Il loft di Miguel era il tipico appartamento dello scapolone incallito. Il letto distava dalla cucina dieci metri. L’ideale per chi non vuole perdere tempo tra una sessione di sesso e l’altra per prendere qualcosa da bere. Con quel pensiero fisso per la testa (e anche tanti altri molto meno casti) Jan osservò l’ambiente circostante. Di fronte all’alcova troneggiavano alcuni abiti smessi del padrone di casa. Sul lavandino bicchieri usati e una scia di dopobarba aleggiava nell’aria.
“Forse dovresti aprire, senti che puzza di chiuso c’è qui Miguel?” questi si girò fulminandolo con i suoi occhi scuri. “Non fare il piccolo Lord, principino, mi sono morto di freddo e ora con cavolo che faccio entrare il gelo in casa mia”
“Come vuoi, non scaldarti tanto!” così dicendo l’ospitato prese posto sul divano. Il suo ospite tirò fuori dal frigorifero due bottiglie di birra.
“Non ho voglia di bere, ma ti ringrazio”
“Non essere noioso Jan, non vorrai già dormire?! Non è neanche mezzanotte!”
“Miguel domani dobbiamo alzarci alle sette se vogliamo arrivare in tempo, io dico di andare a dormire. ce l’hai una coperta?” Miguel gli fu accanto.
“Ma dai non fare lo stupido”
Jan lo fisso senza capire. “Guarda che non siamo tutti uomini duri rotti alle intemperie come te”
“Ma ho un piumone fantastico nel mio letto che è abbastanza grande per tutti e due.”
Jan schiuse le labbra in un moto di sorpresa.
“Hey Jan! Non ti farei mai dormire su questa specie di trappola mortale!”
La faccia del commissario Maybach rivelò tutto quello che c’era da rivelare. Non serviva certo uno guru capace di leggere il linguaggio del corpo per capire ciò che provava. Stupore, ansia, confusione.
Jan tentò di smorzare la tensione con una battuta. “Pensavo che lo scannatoio fosse off- limits per gli uomini, evidentemente mi sbagliavo...” sottintese con malizia.
Miguel fece il grugno “Non ti sbagliavi per niente... “ ma poi tornò a sorridere malandrino “diciamo che per quelli biondi e carini faccio un eccezione” gli pizzicò una guancia. Jan sperò che non si notasse che era diventato rosso scarlatto! Dopo aver fatto separatamente visita all’unico bagno, Jan e Miguel si ritrovarono, non con poco impaccio, nei pressi del letto. Miguel, canottiera bianca e slip scostò il piumone rosso e ci s’infilò sotto. Anche Jan indossava il minimo indispensabile, t-shirt e boxer neri. Bloccato di fronte a quel lettone piazzato al centro della casa, osservò con stupore un particolare che nelle precedenti visite gli era sfuggito. “No...!” ridacchiò con sbigottimento e incredulità. “Hai fatto scrivere il tuo nome sulla spalliera!”
Miguel sorrise tutto soddisfatto.“Carino vero?”
“Carino?” Jan gli lanciò un’occhiataccia al quanto severa. “È la cosa più egocentrica e volgare che abbia mai visto!”
Miguel non ribatté nulla. Era fiero della sua casa, del suo letto in ferro battuto con il suo nome inciso, quanto del resto. E il giudizio dell’amico non lo toccava.
A quel punto a Jan scappò una malignità: “Di un po’, lo hai fatto incidere per far ricordare il tuo nome alle ragazze prima che escano per sempre dalla tua vita?”
Miguel tutto tranquillo, mise le mani dietro la nuca. Poi rispose con altrettanta malizia: “Solo per fargli gridare qualcosa di diverso di ‘non smettere ti prego’. Penso che capirai a cosa alludo!” fece l’occhiolino.
“Finiscila!” Jan, evidentemente turbato da quell’informazione gratuita, si girò dall’altra parte e poi, dandogli le spalle, entro sotto le coltri.
Miguel tornò a bomba sull’argomento: “Pensi che ti prenda in giro? Modestamente da quel punto di vista sono una macchina da guerra. Devo ringraziare la natura, il fatto che sono cresciuto per strada e dunque ho fatto tante esperienze... ”
“Sì, come no...”
“Puoi chiederlo a chiunque delle mie ex. Io sono un’amante latino eccezionale. Posso durare ore oltre a questo...”
Ma prima che aggiungesse altra carne al fuoco Jan sbottò: “Smettila, pretendi che ti creda?”
Miguel lo fissò costernato.“Perché devi sempre sminuire tutto quel che dico?” ribatté sulla difensiva “Perché so quanto tu sia bravo a pavoneggiarti!” si aggiustò il cuscino dietro la testa. Essere in quel letto con l’amico già di per sé era imbarazzante, ascoltare i resoconti della sua vita sessuale peggiorava di gran lunga la situazione. Senza riflettere su quello che stava per dire biascicò: “Sai cosa penso? Un giorno all’altro tu e le tue donne mi farete impazzire!”
Jan era seriamente contrariato.
“Accidenti Jan che senso avrebbe che ti mentissi? Siamo amici o no? Ci diciamo tutto e...”
“Non lo voglio sapere!”
“E perché?”
“Perché? Come perché ... perché... perché avresti dovuto capirlo che mi da fastidio!”
“Ti da fastidio?” Miguel sembrava confuso.
“Si lo ammetto, mi da fastidio quando parli di quello che combini in questo letto, mi irrita e...” ormai era un fiume in piena, non riusciva più a ponderare la potenza delle sue parole.
“E?” Miguel cercò con gli occhi il suo sguardo nonostante la fioca luce dell’unica lampada accesa non permettesse di guardarsi sul serio.
“I tuoi racconti dettagliati mi rendono geloso” Jan distolse lo sguardo imbarazzato. Appalesare le proprie emozioni lo metteva sempre a disagio. Miguel si sentì esultare nel profondo.
“Sei geloso di me Jan?”
“Sì, e non c’è da scriverlo a caratteri cubitali! Lo sono e basta!” al colmo di un nervoso che gli impediva di stare fermo, si mise a sedere. “E poi sai che ti dico? Non mi interessa affatto sapere se quel che affermi sia vero o meno. E dopotutto non potrei mai pronunciarmi dal momento che non ho una bocca mozzafiato ne tanto meno una quinta di reggiseno!”
Negli occhi di Miguel brillò un lampo di compiaciuta malizia.
“Sulla prima non sono d’accordo, sulla seconda potrei sempre fare un’eccezione” aggiunse sogghignando pericolosamente all’indirizzo del compagno.
A Jan si gelò il sangue. Restarono per qualche secondo in silenzio, poi Jan tornò con più calma: “Senti, va bene, hai voluto scherzare ed io ci sono pure cascato come un’idiota, ma non ti pare di esagerare ora?!” si accorse di essere nel panico, il discorso stava degenerando su argomenti pericolosamente scottanti e lui non solo non sapeva come difendersi, ma non sapeva come sfuggire alla vicinanza sempre maggiore del collega….o forse semplicemente non voleva.
“Perché?” lo incalzò maliziosamente Miguel “hai paura? No, non dirmelo, il grande commissario Maybach, colui che con i suoi interrogatori fa tremare gli indagati messi sottotorchio, che ha paura di stare da solo con il suo sottoposto, nello stesso letto e…così vicino”.
Il tono dell’ispanico era diventato voluttuosamente irriverente, i suoi occhi braci ardenti che cercavano di penetrare quelli blu oceanici dell’amico. Fuoco contro acqua…acqua che anziché spegnere quel fuoco lo alimentava, in una chimica di mente e corpo che sfuggiva a qualsiasi naturale reazione conosciuta.
Jan indietreggiò istintivamente, ma solo quando sentì sulla schiena il tocco del gelido ferro della spalliera del letto si accorse di essere in trappola; Miguel ormai si era avvicinato talmente tanto che i loro visi quasi potevano sfiorarsi. Quel contatto lo stava spiazzando, distruggendo tutte quelle che finora erano state le sue certezze…e proprio per questo vi trovava qualcosa di irrefrenabilmente desiderabile, qualcosa che lo attirava quanto il fuoco attira una farfalla che ad esso si avvicina, incurante del rischio di rimanerne bruciata.
“Adesso basta!” lo scacciò Jan furioso, respingendolo dall’altra parte del letto, cercando di mantenere una certa dose di contegno e del suo proverbiale sangue freddo “ti stai prendendo gioco di me e questo proprio non lo sopporto! Cos’è credi di essere divertente?! Credi che io sia una di quelle donnette che di tanto in tanto vengono a scaldarti la parte vuota del letto?! Beh bello mio mi spiace ma stavolta hai sbagliato preda!”
Fissò Miguel con una tale intensità che avrebbe potuto incenerirlo all’istante, ma con uno sguardo che esprimeva tutt’altro che rabbia.
“Perché devi sempre rimarcare questo particolare” lo stuzzicò Miguel con aria di sfida “credi davvero di essere un santo tu? Si? Allora vogliamo parlare delle tue di avventure…che ne so, potremmo cominciare da quell’avvenente vedova nera che ti usava come suo giocattolo personale… dell’assistente sociale…. L’amica della Corradi, l’insegnante di medicina forense! Devo continuare?”
“Certo che anche a te hanno bruciato parecchio se ancora a distanza di tempo continui a rimuginare su queste storie…” la voce di Jan aveva un non so che di compiaciuto; non per senso di rivalsa, ma come se ora avesse avuto la conferma che cercava e sperava da tempo.
“Io non intendevo rimuginare ancora su ciò che è stato. Solo volevo farti passare la convinzione che io sia sempre il diavolo e tu l’acquasanta!” ribatté Miguel punto sul vivo.
Lo scontro iniziava a farsi decisamente più interessante per entrambi; Jan sembrava essere riuscito a capovolgere la situazione.
“Secondo me è ben altro il problema…tu sei geloso di me almeno quanto io lo sono di te… E’ più che evidente” sogghignò facendo spallucce.
Sui due scese un silenzio glaciale. Jan attendeva una risposta che per il momento Miguel non voleva dargli la soddisfazione di avere. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, parlandosi con un linguaggio che solo i loro occhi ed i loro cuori sapevano comprendere.
“Forse avrei fatto meglio a dormire su quel gradino aspettando Benni. Almeno la sensazione di freddo sarebbe stata solo fisica”. Jan fece per alzarsi dal letto ma Miguel lo bloccò afferrandogli un braccio.
“Aspetta. Si, hai ragione mi girano, e mi girano parecchio anche! Lo so, penserai che sono un egocentrico, un maniaco, un’idiota e chissà cos’altro. Ma io a te ci tengo. E sottolineo IO. Non certo quelle approfittatrici che vedono in te il bel giocattolino da passarsi una sera o al massimo per un po’ e che al pensiero di qualcosa di serio se la danno a gambe, piantandoti senza tanti complimenti e senza farsi scrupoli di camminare suoi pezzi del tuo cuore!”
Miguel era sincero e Jan gioì nel profondo dell’anima a quelle parole. Tanto che si accorse troppo tardi di aver istintivamente replicato con un altrettanto sincero “credi che per me non sia lo stesso?”.
Le orecchie del compagno si drizzarono come quelle di un cacciatore all’udire l’avvicinarsi della preda. E non poteva certo lasciarsi sfuggire quell’occasione.
“Cosa stai cercando di dirmi?” lo sollecitò Miguel, gli occhi ridotti a due fessure che fissavano l’amico come a voler penetrare nella sua, a lui ben nota, corazza.
Accorgendosi di aver parlato troppo, Jan si morse la lingua. Ma ormai era tardi.
“Che…che anch’io detesto quelle donnette da quattro soldi che fanno le gatte morte solo per venire a letto con te e non capiscono invece quanto vali veramente! E non certo solo per quello!” gli occhi di Jan si colorarono della tonalità del mare in tempesta. “Cioè quello io non lo posso sapere…credo…!” Cercò di correggere il tiro, la voce sempre più incerta, le guance rosse di imbarazzo, l’astuta malizia che lo aveva portato a ribattere testa a testa con il collega facendo capitolare quest’ultimo pochi attimi prima, cancellata da quell’improvviso ed inaspettato colpo di spugna.
Miguel ascoltava, trattenendosi a stento da quello che tutto il suo essere gli stava suggerendo. In agguato…ecco come si sentiva. In agguato aspettando un momento che stava tardando anche troppo.
“E che d’altro canto…” continuò Jan che ormai non aveva più nulla da perdere “le invidio. Per le attenzioni che dai loro. Perché possono essere, anche se per poco, parte di te”.
Il tono del collega, ora colorato da note profondamente malinconiche, trafisse dolorosamente il cuore di Miguel.
“Ma Jan io e te siamo sempre insieme! Le attenzioni che ho per te loro non se le sognano neanche!” obiettò.
“Tsk, come no? Sempre insieme…eppure sempre divisi”.
Jan fissò Miguel dritto negli occhi; uno sguardo colpevole, intriso di palpabile disagio.
“Sai Miguel? Ti sembrerà stupido ed oltremodo insensato e se ti può consolare neppure io riesco a capacitarmi della cosa, ma…per una volta, anche solo per una maledettissima volta…” il biondo, contravvenendo alla propria natura oltremodo riservata, si stava letteralmente strappando le parole dal petto “ecco… per una volta vorrei essere al posto di una di quelle Meike, Erike, ecc!”.
Una bomba. Se Jan avesse lanciato una bomba in quel momento, probabilmente non avrebbe fatto altrettanto rumore né danno. Ma era esattamente questo che Miguel sperava.
La volpe era uscita dalla tana ed il cacciatore poteva finalmente farla sua.
“Speravo che lo avresti detto” sorrise
“Lo speravi?” Jan, stupito per la confessione appena fatta al collega, trasalì ancora più scioccato.
“Si. E ti dirò di più…lo sognavo da tempo” aggiunse.
“Lo… sognavi?!” incalzò il biondo “ E…” ma non riuscì a finire la frase perché Miguel, colmando in un balzo la distanza tra loro, si prese prepotentemente la sua bocca, trascinandola in un bacio esplodente di passione.
“Allora? Ti ho prosciugato le parole rimaste?” abbozzò con un sorriso, mollando la presa e fermandosi a guardare con vivo piacere l’espressione attonita del compagno.
Fu un attimo; quando Jan realizzò ciò che era appena successo afferrò Miguel e senza pensarci due volte ricambiò il bacio appena ricevuto con focosa partecipazione.
“Strano, questa proprio non me l’aspettavo…avrei scommesso che mi sarebbe arrivato un pugno…” osservò meravigliato il moretto.
“Felice di essere stato io per una volta a stupirti” gli sorrise deliziosamente il biondo.
“Certo che sei davvero un infame” protestò Miguel con furbo disappunto.
“Perché?”
“Invece di girarci tanto attorno e farmi mille scenate, avresti potuto anche parlar chiaro prima!”
“No, ma senti da che pulpito vien la predica…parla proprio quello che ancora oggi la mena su conquiste passate e nemmeno sue!” concluse Jan allungandogli una cuscinata.
“Ehi ma cosa…?!” si parò appena in tempo da un altro assalto. “Vuoi la guerra allora eh?! Guarda che qui sono nel mio territorio e quindi nessuno mi può battere!”
“Non esserne troppo sicuro!” rise il compagno continuando gli attacchi.
Cercando di difendersi e di colpire a sua volta, Miguel si riavvicinò abbastanza da strappare il cuscino di mano a Jan ed immobilizzarlo sul letto.
“Adesso ti faccio vedere io chi comanda!” sibilò divertito.
“E come sentiamo?” lo provocò Jan.
“Ora vedrai….” sogghignò con tenera malizia Miguel avvicinando la bocca al collo del compagno, scostando leggermente la sua maglietta candida per scoprire quanto gli bastava per il momento, ed iniziando a soffiare delicatamente sulla sua pelle bollente. Sentì un gemito soffocato uscire dalla labbra del collega e questo lo motivò ancora di più. Perlustrò piano il collo, risalì lungo la mascella fino ad arrivare alle invitanti ed agognate labbra, sfiorandole con le proprie in baci eterei dal tocco appena accennato. Un vero tormento. Non voleva concedere troppo e subito, non c’era fretta. Dopotutto avrebbero avuto tutta la notte a disposizione.
“Quanto mi piaci” sussurrò a mezza voce.
“Se stai cercando di impressionarmi, ti avverto che... sei sulla buona strada…” mormorò Jan con un ansito. “Ma attento che non mi accontento facilmente”.
Vedendo la reazione di poco prima e conoscendo il carattere riservato del collega, Miguel non si sarebbe mai aspettato tutta questa improvvisa intraprendenza da parte sua e la cosa non gli dispiacque affatto. Era segno che i suoi sentimenti per lui erano altrettanto profondamente ricambiati.
Un altro bacio e un altro ancora, ogni volta più lento, più gustato, più approfondito da parte di entrambi, un preludio del vicendevole desiderio di appartenere l’uno all’altro fin nel profondo del proprio essere.
Le mani di Jan, dopo aver sfilato la canotta a Miguel, percorrevano in lungo e in largo la sua schiena in accurate e sensuali carezze, mentre il moretto, una volta liberato il compagno dalla maglietta, iniziò a baciarlo senza tregua in una scia che abbracciava tutta l’area del suo torace, per scendere poi lungo la linea dello sterno, giù fino all’inizio dell’inguine.
L’ispanico si staccò un attimo per osservare l’effetto della sua opera, beandosi nel vedere l’amante, scosso da onde di piacere, inarcarsi sotto di lui al ritmo dei suoi tocchi ora più lenti e sensuali, ora più audaci e passionali.
Ma pensare di avere già l’amato completamente in suo potere fu un imperdonabile errore di valutazione, perché Jan approfittando della tregua, con un colpo deciso ribaltò le posizioni ponendosi sopra di lui.
“Mai abbassare la guardia” lo prese teneramente in giro “dovresti saperlo con il lavoro che facciamo”
“Non ti facevo così pericoloso…almeno non da ” sghignazzò Miguel vedendo il suo sguardo accendersi sempre più di piacere.
“Massima allerta…” terminò Jan stringendosi a lui ed iniziando a tormentarlo di baci ovunque la sua bocca riuscisse ad arrivare. Passò le labbra sulle sue in un rapido affondo, fuggendo immediatamente lungo la linea della giugulare, giù fino alla punta di una spalla, assaggiando quella pelle prelibata e già bollente, scendendo a mordicchiarla fino al ventre, in un susseguirsi di baci voluttuosi alternati a sguardi tanto astutamente dosati, quanto maliziosamente compiaciuti.
E dal punto di vista di Miguel irresistibilmente sexy.
No, non era possibile, pensava l’ispanico, non era possibile che stesse accadendo proprio a loro, a quelli che tutti pensavano essere due eterni amici, immaginando con imbarazzo cosa si potesse nascondere sotto quei reciproci gesti quotidiani che travalicavano le barriere del semplice affetto. Eppure tutto questo era reale, era voluto, desiderato, ambito da parte di entrambi. E quella notte i loro cuori avvampavano nel fuoco della passione che finalmente libera di uscire si manifestava in tutta la sua prepotente completezza.
Miguel sorrise, lo sguardo immerso nei suoi pensieri, riuscendo a distrarre per un attimo il compagno e a ristabilire la propria supremazia. Ora era nuovamente lui a dirigere il gioco.
“Chi la fa l’aspetti” dichiarò trionfante.
“Me lo merito” sospirò rassegnato e divertito Jan “per aver abbassato la guardia dopo averti appena redarguito”.
“E tu davvero pensavi di poter mettere così facilmente al tappeto il grande Miguel Alvarez? Che illuso…” lo prese amabilmente in giro, sistemandosi tra le sue gambe e scostandogli dalla fronte una ciocca dei capelli biondi umidi di sudore, per poterlo guardare meglio negli splendidi occhi blu.
“Ora ti mostrerò il meglio del mio repertorio, qualcosa che tenevo in serbo per un’occasione speciale…per un amore speciale. Come il nostro” bisbigliò dolcemente.
“E quanto dovrò ancora aspettare?” lo sollecitò Jan con tenera impazienza.
Miguel gli rivolse uno sguardo profondamente dolce eppure magnetico, provocante, penetrante ed oltremodo allusivo, uno sguardo che prometteva una nottata rovente.
“Che lo spettacolo abbia inizio” concluse.
Jan restò nell’estasi di chi aspetta qualcosa che si è tanto desiderato senza sapere nemmeno di desiderarlo. Gustando appieno la maliziosa attesa che il tanto decantato show iniziasse, e ben felice di lasciare il timone di comando al compagno.
Il problema fu che il sipario crollò ben prima del previsto.
“Scusami Jan, è stata l’emozione” si giustificò il moro arrossendo. Jan capì bene cosa era successo, e l’amò ancora di più, ma non resisté alla tentazione di fargli assaggiare un po’ di polvere.
“Ma Miguel, meno di un minuto e mezzo, anzi meno di un minuto! Mi deludi!”
“Jan!”
“E l’amante latino? La macchina da guerra? Posso durare per ore, non smettere ti prego?” sogghignò malignamente. Miguel fu sul punto di ribattere qualcosa di pesante ma dall’espressione divertita di Jan capì che non era il caso di dare seguito a quel battibecco. Tornò a cercare le sue labbra: “Sono cose che succedono agli amanti latini quando trovano qualcuno che gli piace troppo” in un sospiro Jan accolse la bocca nella sua.
“Davvero? Non lo sapevo, e dopo?” replicò quando la fame di baci si fu placata.
“Dopo... beh dopo, messa da parte la figuraccia iniziale...dopo...”
E finalmente lo spettacolo iniziò sul serio, e , con buona pace di Haio decisamente stanco dei loro battibecchi quotidiani degli ultimi tempi sulle rispettive conquiste, si protrasse ben oltre la notte.