lunedì 3 ottobre 2011

Rome meine liebe

Titolo: Roma, meine Liebe
Autore: Lipsialove
Paring: Alessandra, Gabriel Merz,
Rating: NC 17
WARRING: sesso anche senza protezione,
Genere: erotico, romantico





Dopo mesi di telefonate, mail e contatti con l’agenzia ero riuscita nel mio scopo: avere Gabriel Merz, mio attore preferito e volto della copertina di Lezioni di tango a Roma in occasione della presentazione. Quella sera, in attesa del suo arrivo, non stavo nella pelle. Ancora pochi minuti e l’avrei incontrato. Lo avevo chiamato in albergo per definire i dettagli, poi un’auto era andata a prenderlo. Giusi ed io lo avremmo visto direttamente al locale: un ristorante argentino nel centro della città. Per l’occasione avevo scelto con estrema cura il mio look: un top blu scuro con una leggera scollatura e una gonnellina azzurra con dei fiorellini. Un velo di trucco e i capelli ricci sciolti sulle spalle. Giusi mi venne a prendere a casa e insieme ci recammo fino al Caffè corrientes, un ristorante argentino nella zona di Monteverde. Anche lei era molto elegante, camicia bianca e pantaloni beige. Parcheggiare fu un’impresa ma alla fine un posticino per l’auto venne fuori e tremanti per l’eccitazione ci avviammo verso il ristorante. Io ero particolarmente nervosa, le mani mi sudavano e una leggera nausea cominciava a farsi strada. Neanche riuscivo a capacitarmi del mio stato. Finalmente la Mercedes fece la sua apparizione in fondo alla strada e io strinsi il braccio di Giusi “Spero di non vomitare quando lo vedo”
“Non sarà peggio di quando abbiamo visto Gede!” replicò lei con un sorriso “Stavo per collassare, ricordi?”
“Ricordo, per questo ho paura!” deglutii.
Quando l’enorme auto nera si fermò davanti all’entrata e ne uscì, lui, Gabriel Merz, il mio cuore si fermò per un istante. Era di una bellezza devastante, con i ricci ribelli, due occhi scuri e le labbra leggermente imbronciate. Lo fasciava una maglietta rossa a maniche lunghe e dei jeans intrappolavano le gambe sode. Mi lasciai sfuggire un gemito e strinsi più forte il braccio di Giusi, la quale taceva. Entrambe non riuscivamo a staccargli gli occhi di dosso. Il suo sguardo si posò su di noi e dalla sua espressione, compresi che ci aveva riconosciuto. Probabilmente dalle foto su facebook.
Sorridendo si avvicinò e io mi affrettai a stringergli la mano “Sera Gabriel, benvenuto a Roma” lo salutai in inglese.
Lui rispose al sorriso e mi attirò in un abbraccio baciandomi su entrambe le guance “Alexandra, piacere di conoscerti”
Nel sentirgli pronunciare il mio nome, avvampai talmente che non riuscii a replicare.
“Ciao, Gabriel” intervenne Giusi stringendolo a sua volta.
“Tu devi essere Giusi” mormorò guardandola negli occhi.
Lei annuì “Siamo felici di averti qui”
“Grazie per avermi invitato” lo sguardo si posò su di me e sentii le gambe tremare.
Nell’entrare nel ristorante lui mi poggiò una mano dietro la schiena sfiorandola. Provai un brivido di piacere, la sua mano era terribilmente calda. Accorgendosi di quel gesto, Giusi mi lanciò un’occhiata complice.
Una musica romantica ci accolse avvolgendoci. Il locale era molto caratteristico con archi in mattoni e pareti con pietre a secco. Su ogni tavolo, sistemato in modo che tutti i presenti potessero seguire la presentazione, una candela. Il luogo si presetava soprattutto per una cenetta a due. Fantasticai immediatamente di poterci tornare da sola con Gabriel.
Non essendo ancora arrivato nessuno, ne approfittammo per fare due chiacchiere con il nostro ospite. Lui sembrava molto a suo agio in quell’ambiente e io ne ero completamente affascinata. I suoi occhi scuri cercavano spesso i miei.
Nonostante l’ostacolo della lingua a volte rendesse difficile la comunicazione, la conversazione fu molto piacevole e Gabriel si dimostrò molto simpatico, dolce ed anche estremamente disponibile. Ci chiese anche di insegnargli qualche frase della nostra lingua e quando la sala cominciò a riempirsi, Giusi si allontanò lasciandomi da sola con il bel tedesco.
Imbarazzata dalla sua vicinanza, mi guardai intorno nella speranza di vederla tornare. Gabriel si sporse verso di me: “Finalmente ci conosciamo!”
“Non ne vedevo l’ora” gli confessai candidamente. “Sai, per noi sei una continua fonte d’ispirazione”
“Davvero?” scoppiò a ridere “Sono così interessante?” appoggiò la mano sullo schienale della mia sedia, accarezzandomi i ricci.
“Può sembrare sciocco, ma per quasi tutto quello che scriviamo prendiamo come modelli te e Marco Girnth o i vostri personaggi di Soko”
Gli occhi brillarono “Sarei curioso di leggere qualcosa, allora”
“Meglio di no!” arrossii violentemente.
“Perché?” il viso fu ad un soffio dal mio.
“Mi vergogno, ma mi piacerebbe darti una copia di tango” mi morsi un labbro “peccato che tu non conosca l’italiano”
“Già, un vero peccato” le dita risalirono ad accarezzarmi la nuca “ma potresti insegnarmelo tu”
In quel momento Giusi tornò per avvertirmi che la presentazione stava per cominciare ed io scattai in piedi seguendola. Nonostante cercassi di concentrarmi sulle parole del relatore, il mio pensiero andava a Gabriel, il quale continuava a mantenere il suo sguardo su di me fino a quando non fu chiamato sul palco. Prese il microfono e in un perfetto inglese si presentò ringraziando entrambe per l’opportunità che gli avevamo fornito di esssere parte del nostro progetto e di partecipare a quell’evento così importante. La presentazione durò per più di un’ora e dopo aver parlato entrambe di Lezioni di tango e di progetti futuri, le luci si oscurarono per lasciare il palco a un’esibizione di tango.
La musica e i movimenti dei due ballerini erano talmente coinvolgenti che non riuscii a staccare gli occhi dalla coppia che volteggiava, fino a quando Giusi non si sporse verso di me: “Hai fatto colpo, cicci”
“Come?” l’oscurità della sala celò il mio rossore.
“Gabri è cotto, ma non lo vedi come ti guarda?”
“Figurati” replicai scettica, ma avevo notato i suoi approcci.
“Fidati, il nostro tedescone vorrebbe stare da solo con te” ridacchiò felice “approfittane!”
“Ora Gabriel Merz si interessa a me” borbottai lanciando una fugace occhiata al nostro ospite, il quale seguiva con mal celato interesse il nostro confabulare. Sembrava quasi sapesse che stavamo parlando di lui.
“Gabriel ti mangia con gli occhi”
“Sì, come no” borbottai.
Al termine della rappresentazione, fu servita una cena tradizionale argentina, della quale Gabriel apprezzò particolarmente la grigliata mista, un tortino ripieno al cioccolato e un vino Piedra Negra. La sua vicinanza e i continui sfioramenti fecero sì che mi si chiudesse lo stomaco. Per il nervosismo cominciai a blaterare senza sosta sui monumenti che avrebbe dovuto visitare durante il suo soggiorno nella capitale. Spiazzandomi, Gabriel mi fissò e con la sua voce profonda e sensuale mi chiese: “Sarai tu a mostrarmi Roma?”
“Certo, ne sarà felice” rispose Giusi al mio posto “ha studiato Arte, sarà la tua guida!”
La fissai fulminandola, ma lei fece finta di niente “Ti mostrerà tutte le sue bellezze”
A quel punto Gabriel, senza staccare gli occhi dai miei replicò “Ne ho già due davanti”
La mia reazione fu di panico più totale. Non ero di certo preparata ad una simile frase. Giusi gongolava, mentre io ero terrorizzata, non mi sarei mai aspettata di fare così colpo su di lui. Certo, ci speravo, ma erano solo sogni.
Imporvvisamente Giusi si alzò “Io devo andare. Mauri sarà sul piede di guerra!”
“Okay” mi alzai a mia volta. “E lui? Mica possiamo lasciarlo qui!”
“Ha la sua Mercedes. Se vuoi accompagnarlo in albergo…”
“E poi, come torno a casa?”
Gabriel si alzò a sua volta, appoggiandomi poi una mano dietro la schiena.
“Problemi?” domandò il tedesco.
“No, nessun problema” rispose lei prontamente.
“Andiamo in albergo?” propose lui con fare malandrino. “È ancora presto!”
“Io non posso!” disse la mia amica prontamente “Devo tornare, ma Ale sarà felice di venire con te”
“Da sola?” strabuzzai gli occhi. Ero troppo intimidita anche solo per considerare l’ipotesi di restare da sola con lui. Per giunta nella sua camera.
Il volto di Gabriel s’illuminò e un sorriso apparve sulle labbra carnose.
“Osa, Ale!” mormorò Giusi.
“Eh? Sei matta? Come ci torno a casa dopo?”
“Sono sicura che Gabriel avrà un posticino per te, questa notte” mi strizzò l’occhio.
“Sì, certo”
“Non vuoi passare la notte con l’uomo dei tuoi sogni?” per impedire a Gabriel di sentire, abbassò il tono.
Non sapendo cosa replicare, restai a bocca aperta “Io…” balbettai in preda al panico.
Gabriel mi circondò la vita con un braccio e mi sussurrò qualcosa in inglese.
“Non fare la cretina!” insistette Giusi.
“Non posso non tornare! Mio fratello come minimo lo spiffera a mia madre!”
“Che stronzo se lo fa”
“Ma lo sai che lo farà! Cazzo, che situazione di merda”
“Digli che dormi da me!”
“Dici che se la beve?”
“Sti cazzi, cicci! Devi vivere la tua vita, non pensare a loro!”
“Okay” la salutai abbracciandola.
Dopo che Giusi fu andata via, salii sulla Mercedes di Gabriel e cercai di lasciarmi andare, di non sembrare troppo tesa e sprovveduta. Mandai un messaggio a mio fratello per avvertirlo che avrei dormito da Giusi, poi mi voltai verso Gabriel.
Lui mi fissava, giocando con un mio riccio ribelle. “Non sei felice di stare con me?”
“Certo, ma non pensavo che…” balbettai, in quel momento tutta la mia conoscenza dell’inglese andò a farsi benedire. Non ricordavo neanche una parola.
“Cosa?” il suo alito caldo mi sfiorò il volto.
“Che sarei finita qui con te” balbettai.
Lui sorrise facendomi totalmente sciogliere. Benchè non perfetto, il suo sorriso era talmente sensuale da disarmarmi.
“Ti seguo da anni, sono una tua fan e non avrei mai pensato di conoscerti, figuriamoci venire in albergo con te”
“Forse era destino. Da quando mi hai chiesto la foto desideravo conoscerti e ora che ti vedo di persona…” mi accarezzò una guancia. Tremai sotto il suo tocco e lui continuò “Mi pento di non averlo fatto prima”
“Vivi in Germania e poi, eri fidanzato” mi sfuggì. Mi maledii mentalmente per avergli ricordato la sua relazione precedente. “Scusa”
“E di cosa?” mi prese il mento con due dita e avvicinò il viso al mio. Le labbra s’incontrarono. Fu come se mi avesse colpito un fulmine. Una scarica mi attraversò la schiena e il cuore fece un balzo tanto che ringraziai d’essere seduta. Mi lasciai sfuggire un lamento e lui ne approfittò per spingersi all’interno della bocca socchiusa e approfondire il bacio. Gli strinsi il braccio e lui mi pressò leggermente contro il sedile.
Assaporai fino in fondo il suo gusto misto a quello del vino e mi lasciai andare a quello che era decisamente il bacio più bello e coinvolgente che avessi mai dato. La mano scivolò lungo il corpo, sollevando la gonna fino alla coscia. Accarezzò la pelle liscia, senza avventurarsi oltre.
Solo il bisogno di respirare ci costrinse a staccarci. Gabriel mi scostò una ciocca dalla fronte e guardandomi con i suoi grandi occhi scuri, tornò a lambire le labbra con le sue.
Lo sentii mormorare qualcosa in tedesco, ma la sua vicinanza mi rendeva difficile anche ragionare.
In quel momento l’auto si fermò. Conclusi che dovevamo essere arrivati in albergo. Lui aprì la portiera e scesi seguita da Gabriel, ma prima che potessi raggiungere le porte girevoli mi attirò a sé “Aspetta!”
Sbattei contro il suo petto muscoloso. Toccai con mano quanto fosse massiccio e ricordai le volte che lo avevo visto a torso nudo in televisione o sul computer. Non ci credo che sto per vederlo dal vivo.
Sorrisi ebete. “Resta con me, stanotte!” negli occhi una passione bruciante.
In quel momento non avrei potuto dirgli di no neanche se avessi voluto. Annuii e lui trionfante mi circondò la vita con un braccio.


Qualche minuto più tardi varcammo la soglia della sua suite all’hotel Duca l’Alba. Si chiuse la porta alle spalle e mi spinse contro la parete intrappolando le labbra in un bacio ardente. Afferrato il volto con le mani, risposi con altrettanto trasporto. Sentivo che non sarei potuta essere più felice come in quel momento. Ero con l’uomo dei miei sogni e lui desiderava trascorrere la serata con me. Dopo esserci sbaciucchiati per qualche secondo, Gabriel mi lasciò andare, per dirigersi verso il piccolo frigo. Stordita barcollai, ma riuscii a restare in piedi. Guardandomi intorno mi mossi verso il letto matrimoniale. Accarezzai distrattamente il copriletto blu scuro con dei piccoli rombi dorati, poi mi avvicinai alla finestra, il panorama era da mozzare il fiato: il Colosseo illuminato si ergeva in tutta la sua imponenza.
“Bellissimo” aprii la porta a vetri ed uscii sul terrazzino.
Mi raggiunse, in mano una bottiglia di Champagne e due calici “Tu sei bellissima!” mormorò in italiano.
“Se ti va domani ci andiamo. voglio farti visitare il Colosseo di notte, è magico”
“Mi sembra stupendo! Entriamo, fa un po’ freddo” la sua voce sensuale mi rimescolò dentro.
Arrossendo lo seguì all’interno della camera.
“Perché arrossisci?” appoggiato il tutto sul tavolino al centro della stanza, mi alzò il volto con il palmo. “Nessuno ti ha mai detto che sei bellissima?”
“Non di recente”
“Questi italiani sono davvero ciechi” con il pollice massaggiò la guancia, poi si abbassò a stappare la bottiglia.
“Cazzo” mormorai in preda al panico. Respirando profondamente cercai di calmarmi. Il cuore batteva come un pazzo, le mani sudavano e mi sentivo come se dovessi svenire da un momento all’altro. Mi maledii per aver accettato di commettere quella follia. Non avevo alcuna esperienza ed ero andata ad impelagarmi con uno che aveva avuto di certo decine di amanti. Ero ancora immersa nei miei dubbi quando Gabriel mi porse un calice.
“Grazie” arrosssii allungando la mano, le dita si sfiorarono.
“Un brindisi” propose sorridendo.
“A Lezioni di tango”
“A noi” aggiunse senza smettere di guardarmi.
Il vetro tintinnò e io bevvi tutto d’un fiato, un po’ per darmi coraggio e un po’ anche perché ero terribilmente accaldata. Lasciai il bicchiere sul tavolino.
“Sei diversa dalle ragazze che ho conosciuto”
“Non capisco” aggrottai la fronte.
“Sei timida, riservata e non cerchi di…” si bloccò.
“Sedurti?” compresi finalmente quello che tentava di dirmi.
Gabriel annuì e io indietreggiai di un passo. Tentando di trovare le parole giuste, mi morsi il labbro inferiore.
“Che c’è? Non era un rimprovero, anzi” sorrise malizioso “non ti va di restare?”
“Vedi, io…” strinsi i pugni “non sono mai stata con un ragazzo” lo sputai tutto d’un fiato e chiusi gli occhi in attesa di una sua replica o quanto meno una risata. Ma non accadde nulla.
“Questa è una sorpresa” restò interdetto.
“Scusa, dovevo dirtelo subito invece di farti perdere tempo” feci per avviarmi verso la porta, ma lui mi bloccò “Non ho perso tempo. Tu mi piaci” mi confessò.
“Anche tu, da impazzire” cercai le sue labbra baciandole con ardore. Lo desideravo con tutta me stessa, ma il timore di non essere all’altezza delle aspettative mi bloccava.
Gabriel mi prese in braccio e senza smettere di baciarmi, mi portò sul letto. Una volta stesa sul copriletto di raso, lo attirai a me. Tornò a divorarmi le labbra e il suo odore naturale misto a quello di un leggero dopobarba, mi inbriò.
Si scostò solo il tempo necessario per sfilarmi il top che finì sul pavimento. La bocca si spostò sul collo scendendo verso il seno coperto dal push up nero. Con le dita cincischiò con il gancetto fino a quando non riuscì ad aprirlo. Titillò i capezzoli con i pollici.
“Ti piace, meine kleine?”
“Non ti fermare, Gabriel” lo incitai, le sue mani calde mi stavano facendo impazzire.
Sorrise maligno. Lasciò scivolare i polpastrelli verso il ventre liscio, percorrendo gli addominali appena pronunciati. “Sei uno splendore” Posò una scia di baci intorno all’ombelico, per poi risalire lungo i fianchi.
“Non è vero” negai, non mi ero mai considerata bella, ma sentirmelo dire da Gabriel Merz faceva uno strano effetto.
“Sì, lo sei”
“Sei troppo vestito”
“Spogliami!” ordinò fissandomi con occhi di brace.
Impacciata gli tolsi la maglia che finì ammonticchiata accanto agli altri indumenti. Osservai il petto villoso, la scia di peluria che spariva all’interno dei jeans e le braccia muscolose. Desiderai stringermi a lui, lasciare che mi coccolasse. Mi spinsi contro di lui e gli circondai le spalle con le braccia, affondando il viso nel suo collo. Inspirai il suo profumo e pressandomi contro il suo torace maschio strofinai il naso contro la sua pelle. “Sei così maschio, Gabri” Gli tempestai la gola di baci, poi mi bloccai.
Avvertii le sue braccia intorno alla vita “Tutto bene?”
“Sì, mi sto solo godendo il tuo corpo” sussurrai lambendogli il lobo con le labbra.
“Sei dolce. Non ho mai conosciuto una ragazza come te” le mani affondarono nei miei capelli.
“Facciamo l’amore, Gabriel!”
Lui rise “Mi sembra che siamo a buon punto”
Ci guardammo. Le bocche ad un niente. Mi sporsi a baciarlo, ubriacandomi del suo sapore.
Gabriel mi spinse nuovamente supina, schiacciandomi contro il materasso. Si mosse su di me, facendomi avvertire la sua eccitazione. Le sue dita s’insinuarono sotto la gonna, solleticandomi attraverso la biancheria. “Ich will dich” * sussurrò ansimante.
“Prendimi” lo accolsi tra le gambe, ma lui si scostò per sbottonare i jeans.
Li calò velocemente scalciandoli via, poi fece lo stesso con i boxer bianchi dal bordo firmato Armani.
Osservai il suo corpo tornito, gli addominali scolpiti. Lo trovai in splendida forma, ancora più bello di come appariva nei video.
“Rilassati, gattina” ghignando abbassò la gonna. Mi copriva solo un paio di slip.
Gabriel partì dalla caviglia ricoprendola di piccoli baci, poi risalì lungo il polpaccio. Mordicchiò la pelle raggiungendo il ginocchio. Lo leccò con la punta della lingua e proseguì lambendo l’interno coscia. Quando si trovò con il viso all’altezza della mia femminilità ormai irrimediabilmente bagnata, trattenni il respiro nell’attesa. Volevo sentire la sua bocca talentuosa su di me.
Mi sfiorò con il pollice attraverso il tessuto, poi appoggiò le labbra stuzzicandomi giusto il tempo necessario per farmi supplicare di darmi di più. Bramavo il suo tocco.
Sfilò le mutandine, ma invece di lasciarle cadere sul pavimento, le infilò nella tasca dei jeans. Quel gesto contribuì ad aumentare la mia eccitazione. Gli lanciai uno sguardo colmo di desiderio e lui cacciò la lingua tra i denti.
Ridendo allargai le gambe per consentirgli un maggiore accesso. Finalmente dopo essersi limitato a carezzare il clitoride, cominciò a stimolarlo con la bocca. Catturò tra le labbra il centro del mio piacere, tirandolo. Lo assaporò come una fragola matura, succhiandolo e leccandolo. In preda agli spasmi, mi contorsi sotto di lui. Quando una vampata mi investì, il piacere si propagò fino al cervello staccando la spina e impedendomi di ragionare lucidamente. Non esistevano altro che Gabriel e la sua bocca. I gemiti incontrollati lo incitarono a continuare. Inarcai la schiena e buttai la testa all’indietro. Il godimento era immenso, anche oltre le mie aspettative. Pronunciai senza sosta il suo nome e quando l’orgasmo mi travolse, arricciai le dita dei piedi tanto che per qualche secondo non riuscii a muovermi. Gabriel si dissetò del mio nettare fino a quando ne fu ebbro. Cercando di riprendermi, ansimai. Le gambe mi dolevano e quando Gabriel sfiorò il pezzettino di carne gonfio urlai.
Risalì verso la mia bocca, la baciò solleticandola con la punta della lingua. “Hai un buon sapore”
“È stato…” boccheggiai “grandioso”
Gabriel ghignò e io allungai la mano verso il suo pene ormai semi eretto.
Il tedesco era eccitato e restai impressionata dalle dimensioni. Deglutii e cominciai a muovere le dita strappandogli un gemito dopo l’altro.
“Alexandra”sospirò chiudendo gli occhi, il naso mi sfiorò una guancia. I suoi gemiti mi infiammarono spingendomi ad osare di più
Lo spinsi con la schiena contro il lenzuolo e gli sedetti in grembo. Abbassai la testa, i capelli gli solleticarono il petto. Lambii la pelle sudata con le labbra, gustandone il sapore salato. Risalii verso i peli. Il suo corpo era bellissimo, massiccio e muscoloso. Le dita mapparono il ventre, strizzando un lembo di carne. Lui si agitò sotto di me e io insistetti. Da sempre desideravo farlo. In quel momento mi venne in mente Giusi e quando le avrei detto della notte trascorsa con Gabriel. Un sorrisetto mi illuminò il viso.
Mi accarezzò i capelli “Sei raggiante, piccola. Voglio vederti sempre così!”
“Sono felice di fare questa esperienza con te” confessai solleticando il ventre con le labbra.
Percorse la mia colonna vertebrale con i polpastrelli, raggiungendo le natiche. “Sarò il tuo insegnante. Puoi chiedermi tutto”
“Fermo, non distrarmi” lo rimproverai quando mi stimolò la fessura.
Invece di fermarsi, aumentò il tocco e io cominciai a gemere sommessamente “Non è valido. Ora tocca a me”
Portandomi una mano dietro la nuca, mi spinse verso il basso, fino a quando non mi trovai all’altezza della sua asta. Titubante, lo sfiorai, passando prima un dito sul prepuzio e poi tracciando tutta la lunghezza. Alzai lo sguardo verso di lui e sorridendo lo sferzai con una leccata decisa.
“Scheisse” mormorò quando ripetei l’operazione.
“Vado bene?”
“Sì, continua!” incitò “Appoggia la bocca, spingilo dentro”
Obbedii, facendolo scivolare tra le labbra. Lo accolsi e cominciai a ciucciare fino a quando non lo sentii aumentare di volume, diventare sempre più grosso. Non fu disgustoso come temevo. Mi piacque, ma soprattutto mi piaceva perché si trattava di Gabriel.
“Ti piace?” Alzai lo sguardo.
“Ne dubiti?” Gabriel era rosso in viso, la bocca socchiusa e gli occhi lucidi “Vieni qui” mi attirò a sé e pressandomi contro il materasso, ribaltò le posizioni. “Ci sai fare, gattina” s’insinuò tra le gambe.
Tornò a cercarmi la bocca, a divorarmi. Mi lasciai sfuggire un lamento e per avvicinarlo a me, gli circondai le spalle con le braccia.
“Fammi tua!” mi mossi sotto di lui. “Ce l’hai il…?” mi vergognavo a chiedergli di usare il preservativo, ma per un attimo il buo senso prevalse sull’istinto.
“Certo che ne ho, bambolina” si districò dal mio abbraccio e si sporse dal letto. Arraffati i jeans cercò nelle tasche. “Non preoccuparti”
Lo attesi mentre indossava il profilattico, accogliendolo poi di nuovo tra le mie braccia. “Quando ti voglio, Gabriel”
“Ti farò impazzire di piacere, Alexandra”
“Mi piace quando dici il mio nome con quel tuo accento sexy” cercai ancora le labbra carnose. Le solleticai con le mie “tu sei sexy”
“A me piacciono le donne come te, semplici e terribilmente dolci” mi accarezzò una guancia, scendendo verso il mento.
Gli presi la mano e baciai un dito alla volta. Se penso a quante volte ho fantasticato sulle sue dita.
“Sei pronta per me?” mi scrutò nel timore di leggere nei miei occhi un qualche ripensamento, ma io non ne avevo. Non avrei mai potuto averne, non dopo tutto quello che era accaduto tra noi.
“Sempre, ma…” balbettai “fai piano” allargai le gambe per permettergli di infilarsi in mezzo.
“Non temere” mi rivolse un sorriso dolcissimo che contribuì a calmarmi.
Dolcemente si spinse in me. Il dolore esplose rendendomi pressocché impossibile godermi il momento. “Fermati!” poggiai le mani sul suo petto. “Fa troppo male”
“Vedrai che ora passa, tesoro” si bloccò riempiendomi il volto di piccoli baci. Mi sussurrò qualcosa nell’orecchio. “dura solo per un attimo, poi ti piacerà da matti”
“Lo spero perché per adesso, non è granchè” ironizzai, ma ero seriamente preoccupata.
Continuando a parlarmi, Gabriel tornò a muoversi entrando sempre più in profondità. “Sei splendida, piccola”
“Gabriel” ansimai allacciando gli occhi ai suoi. “adoro la tua voce, ma soprattutto adoro il tuo corpo” gli circondai le spalle muscolose con le braccia per attirarlo più vicino. Ero così eccitata che ben presto il dolore si attenunò fino a sparire del tutto.
“Ancora! È stupendo!” le mie mani scesero ad agguantargli le natiche sode. Lo supplicai di continuare, di non fermarsi.
I colpi si susseguirono duri e potenti. Lo sentii implacabile dentro di me, tanto che in pochi istanti, Gabriel mi portò al picco, ma continuò a muoversi fino a quando le contrazioni non si esaurirono.
Il sudore gli imperlava il petto. Desiderai affondare il viso nei suoi peli, assaporare il gusto maschio della sua pelle madida. “Oh, signore, sei un dio del sesso”
“Cavalcami!” negli occhi un lampo di lussuria.
Desiderosa di sperimentare tutto, annuii districandolo dalla mia stretta. Gabriel si stese trascinandomi su di sé. Gli sedetti in grembo e quando fui pronta, mi mossi con estrema lentezza. “Ti sento così bene. Riempimi tutta” mormorai abbassandomi a cercare le sue labbra. Catturai il labbro inferiore tra i denti e lo tirai leggermente, spostandomi sul collo. Proseguii verso il torace villoso. Mentre la lingua vezzeggiava in lungo e largo, gustandone golosa il sapore “Il mio torello”
“Il tuo toro ora ti monterà per bene!” Gabriel mi afferrò per la vita e dopo avermi fatto stendere su un fianco si posizionò alle mie spalle “Voglio proprio mostrarti tutto” Scostati i capelli umidi, affondò il volto nel mio collo. “Sperimentare ogni cosa”
“Non vedo l’ora”
“Che birichina. Mi piace in una donna”
“Sono felice di avere aspettato. Adoro fare l’amore con te, è perfetto” confessai con estrema sincerità.
“Tesorino, l’amore si fa in due” solleticò la pelle con il naso, “Siamo in sintonia, due parti di una mela” Sentendolo nuovamente dentro di me, mi lasciai andare a dei gemiti incontrollati. “Non ti fermare! Più forte!” piegai la testa di lato per dargli maggiore accesso. Con la punta della lingua leccò la pelle umida, spostandosi verso la nuca “Sai di agrumi, mi fai impazzire”
“Bagnoschiuma al pompelmo” chiusi gli occhi “ma ora toccami, fammi godere!”
Gabriel percorse il mio corpo con i polpastrelli, sfiorando delicatamente il ventre “Così?”
“Più giù”
Le dita raggiunsero il monte di Venere, si soffermarono sulla peluria “E ora?”
“Fuochino” gemetti “non torturarmi”
Ridacchiando lasciò scivolare il medio nella mia femminilità ormai bagnata.
“Sì, di più”
“Siamo insaziabili” ogni colpo del suo pene toccava un punto erogeno tanto che ad un certo punto persi la ragione mormorando frasi senza senso.
Quando solleticò il nucleo del mio piacere con il pollice, mossi il bacino per incontrare il suo tocco.
“Voglio farti venire ancora e ancora”
“Mi porterai alla follia, Gabriel. Le tue carezze sono una droga, ne desidero sempre di più” agognavo a farlo durare il più a lungo possibile, ma sentivo imminente l’ennesimo orgasmo.
“Cazzo quanto sei sexy mentre vieni e la tua patatina si contrae” e aumentò la violenza delle spinte fino a quando il godimento non mi travolse come un tornado. “Bambolina” si spinse con forza un’ultima volta e con un gemito soffocato venne a sua volta.
Boccheggiante appoggiai la schiena contro il suo petto. Ero stremata, ma felice. Gabriel si portò alle labbra le dita impiastricciate succhiando i miei umori, poi uscì da me per sfilarsi il preservativo.
Indolenzita mi voltai a guardarlo, le sue labbra erano lucide, nella barba delle goccioline di sudore misto alla mia essenza. Mi sporsi a baciarla, spostandomi verso la bocca carnosa. Lambii la cicatrice che tanto mi aveva attratto fin dal primo momento in cui l’avevo notata in Lipsia, ma che era celata dalla peluria.
“Ti da un’aria da duro questa cicatrice” sussurrai percorrendola con la punta della lingua.
Lui mi attirò tra le braccia, intrecciando le gambe con le mie “Un duro dal cuore tenero. Quando incontro una ragazza come te divento il più inguaribile dei romantici.” Mi scostò un riccio dalla fronte.
“Davvero?” vezzeggiai il mento con il naso “Potrei anche perdere la testa per te, Gabriel e la cosa sarebbe davvero pericolosa”
“Perché? Sei una stalker psicopatica?” si finse spaventato.
“Scemo!” gli sferrai un buffetto sul petto “No, è che…” divenni improvvisamente triste “apparteniamo a due mondi opposti, tu sei un attore famoso, io…” in un attimo di sconforto mi strinsi a lui, circondandolo con le braccia. “scusami, sono una cretina. Dimentica che ho parlato”
“E con questo? Sono sempre un uomo, zuccherino” mi alzò il mento, il tono di voce divenne profondo “e poi, posso sempre tornare a trovarti o tu venire a Berlino” le bocche si unirono riaccendendo il desiderio.
Dopo avermi fatto stendere a pancia su, si lasciò scivolare lungo il mio corpo, lasciando una scia di piccoli baci e carezze. Ansimando, inarcai la schiena. Quell’uomo era davvero il sogno di ogni donna. Il piacere della partner sembrava il suo obiettivo primario e io ero più che felice di usufruire di quel trattamento privilegiato.
“Gabriel” mormorai quando ricominciò ad occuparsi del bottoncino roseo che al tocco delle sue labbra si schiuse come un bocciolo. “Mio dio”
“Adoro il tuo grilletto, sembra una ciliegia matura, pronta per essere colta e mangiata”
“Grilletto” ripetei trattenendo una risata “mi piace”
Lo catturò con le labbra tirandolo.
“Divorami!” lo supplicai
Lui obbedì affondando il volto tra le mie gambe e assaporandomi con solerzia. Succhiò, mentre con le dita si spingeva dentro e fuori. Artigliai il lenzuolo e buttando la testa indietro mi lasciai andare a gridolini di estasi. “Sei fantastico! Mangiami! Di più!” Lo incitai spalancando le cosce.
“Potrei anche annegare nel tuo nettare”. Sostituì le dita con la lingua penetrandomi.
“Sì, ancora!” l’estasi mi sommerse. Ero certa che l’indomani sarebbe stato faticoso perfino camminare dopo quel trattamento.
“Vieni, piccola!” insistette fino a quando non sentìì arrivare l’orgasmo. Incapace di bloccarmi, gridai.
La contrazione mi provocò un crampo nel polpaccio. “Dannazione!” imprecai.
Gabriel si leccò le labbra imbrattate, poi strofinò il naso contro la mia femminilità dolorante, ispirandone l’odore. Si spostò verso la coscia sfregando il mento contro la pelle liscia.
“Smettila” mi lamentai della sua barba “Pizzica!”
“Dimmi che non ti piace” continuò risalendo di nuovo verso il nocciolino gonfio.
Al tocco della sua barba ispida, gemetti. “Sei sadico”
“Mi piace che non sei depilata” passò il palmo sul monte di venere “sei più donna così”
“Credevo agli uomini non piacessero i peli” infilai le dita nei suoi ricci.
“A me piacciono” con i denti ne tirò un ciuffetto facendomi scattare.
“Ehi!” protestai
Lui si lasciò scappare una risata, poi tornò a tormentarmi con la sua bocca talentuosa tanto che presto fu di nuovo pronta e bagnata per lui.
“Ancora non ne hai avuto abbastanza?” in realtà, non mi stavo lamentando. La sua prestanza e fantasia mi aveva contagiato talmente che gli chiesi di mostrarmi qualcosa di nuovo.
Negli occhi apparve una luce malandrina e compresi che aveva in mente una posizione particolarmente divertente.
“Vieni con me” si alzò dal letto, il pene era di nuovo sull’attenti. D’istinto mi leccai le labbra e lo seguii al centro della stanza. Dopo aver indossato il guanto protettivo, mi tirò su, mettendomi le mani sotto le ascelle.
“Mettimi le braccia intorno al collo” e io obbedii, mentre lui mi agguantava le natiche. “E le gambe, stringimele in vita”
Obbedii e quando mi abbassò sulla sua asta gemetti per la sorpresa. Aiutandomi con le braccia, mi mossi in modo da approfondire il più possibile la penetrazione. Volevo sentirlo tutto dentro.
“Adoro questa posizione” mi confessò premendomi contro di lui.
“Ce la fai a tenermi?” lo strinsi di più per paura di cadere, ma le braccia muscolose di Gabriel mi sorreggevano.
“Sei uno scricciolo, tesoro” cercò le labbra. Lo baciai carezzandogli la lingua con la mia. Indietreggiando mi pressò contro la parete. I colpi ricominciarono sempre più secchi e decisi. Mi stava letteralmente sgusciando come una noce.
“Gabriel, oh, sì” gli conficcai le unghie nella schiena “non ti fermare! Più forte” non riuscivo a pensare ad altro che a lui e a come la mia fantasia di come sarebbe stato fare l’amore con Gabriel, non si era neanche avvicinata alla realtà. Gabriel Merz era uno stallone da monta e io ero la sua giovenca.
Urlando il suo nome, raggiunsi l’apice. Un ultimo impatto tra i nostri colpi e anche Gabriel raggiunse l’orgasmo. Restammo immobili per un po’, ansimanti ed esausti, poi lui mi lasciò andare. Ma quando provai a stare in piedi non ci riuscii, le gambe mi vennero meno. Scivolai sul pavimento e Gabriel si accovacciò accanto a me. “Stai bene?” mi baciò la fronte sudata.
“Non mi sento più le gambe” appoggiai il viso sul suo petto.
“Ci credo” ridacchiò compiaciuto.” È stato fenomenale!”
“Ma è sempre così?” domandai perdendomi negli occhi scuri del mio amante.
“Tu che dici?” lambì le labbra con un piccolo bacio, poi mi prese in braccio per condurmi a letto.
Il mio sguardo cadde sull’orologio che aveva al polso: le 2 e mezzo. Ci avevamo dato dentro per quasi tre ore. Il tedesco scostò il copriletto e mi aiutò ad infilarmi sotto le lenzuola. Dopo essersi accoccolato accanto a me, mi accarezzò una spalla con i polpastrelli. Gli baciai il petto, giocherellando con un ciuffetto di peli per poi abbandonarmi ad un sonno ristoratore.
Il mattino seguente un raggio di sole mi colpì il viso disturbando un sogno bellissimo. Ero con Gabriel al Circeo e facevamo l’amore in riva al mare, al chiarore della luna. Sorridendo riaprii gli occhi. La schiena muscolosa di Gabriel occupava metà del letto, mentre le braccia erano sotto il cuscino. Dormiva sommessamente. Mi avvicinai sfiorandolo. Quasi non credevo che avevo trascorso la notte con lui. Solleticai la pelle con le labbra, spostandomi verso la spina dorsale. Lo sentii muoversi, così continuai il mio cammino fino a quando lui non ruotò il viso a guardarmi. “Ben svegliata bambolina”
“Ciao”
“Non ti fermare”
Il mio stomaco brontolò.
“Hai fame tesoro?” si girò del tutto per poi attirarmi in una stretta.
“Da morire. Stanotte ho perso un paio di chili, sicuro”
“Ora ordino una bella colazione così recuperiamo le energie” mi prese la mano e portatosela alle labbra mi mordicchiò le dita.
“Gabri, tu sì che sai come coccolare una ragazza” sorrisi.
In quel momento il cellulare vibrò, era un sms di Giusi. Non lo lessi. Avevo intenzione di chiamarla più tardi per ragguagliarla sulla notte appena trascorsa. Non feci neanche in tempo ad appoggiare l’apparecchio sul comodino che la musica familiare di Lady Gaga si diffuse nella stanza. Sentii Gabriel scoppiare a ridere e lanciandogli un’occhiataccia, mi affrettai a rispondere, allontanandomi da lui. Era mio fratello. Lo liquidai con poche parole. Non volevo certo potesse capire con chi ero.
“Susse, komme hier*” mi richiamò.
Chiusa la comunicazione tornai dal mio tedescone, il quale dopo avermi chieso cosa volessi per colazione, chiamò il servizio in camera.
Quando arrivò il carrello, Gabriel prese il vassoio e lo portò a letto. C’era un po’ di tutto, compresa frutta fresca, panna e altre ghiottonerie.
“Ti tratti bene, tesoro” gli dissi sgraffignando uno spicchio d’arancia.
“Questo è il bello di essere delle star” mi strizzò l’occhio, poi si buttò sulla pancetta mangiando con le mani.
Lo osservai eccitata succhiarsi l’olio dalle dita e attaccare le uova strapazzate.
“Che c’è?” alzò la testa fissandomi interrogativo.
“Sei così arrapante”
Sorridendo maligno raccolse un po’ di panna montata e me la porse. La succhiai disegnando dei piccoli cerchi con la lingua. “Scheisse, meine Liebe” mormorò “Me lo fai rizzare”
“Vedo” l’erezione svettava poggiandosi sul ventre. Mi sporsi a incontrare le sue labbra unte. Lo baciai con ardore, pressandomi contro il suo torace. Senza staccarmi dalla sua bocca talentuosa, gli sedetti in grembo
“Alexandra” si spinse in me vigoroso. Muovendomi a prenderlo in profondità, lo abbracciai stretto. Affondai il volto nel suo collo e mormorai il suo nome fino a quando l’orgasmo non mi sommerse. Ormai sapeva che punti sfiorare per farmi godere. Gabriel alzò il bacino un’ultima volta, poi uscì da me e venendomi sulla pancia. Sgranai gli occhi. ero talmente presa dalla passione da non rendermi conto che non avevamo usato alcuna precauzione. Per fortuna, lui era un uomo prudente e attento ai bisogni altrui.
Il cellulare ruppe l’atmosfera ovattata. Sospirando, mi districai dalla sua stretta e per la prima volta da quando avevo varcato quella soglia, tornai alla realtà. Mi resi conto che era giunto il momento di tornare alla mia vita, alla routine di tutti i giorni e soprattutto di lasciare Gabriel.
Al solo pensiero avvertii una fitta al petto. Restai in piedi, accanto al letto, il cellulare stretto in mano e lo sguardo perso nel vuoto.
“Tutto bene?” domandò Gabriel raggiungendomi. Mi avvolse nel suo abbraccio al quale mi abbandonai. Lasciai che lui mi coccolasse poi ci rifugiammo nella doccia dove ricominciammo ad amarci.
Prima che lasciassi la suite, Gabriel mi tenne stretta a sé, poi mi sussurrò in italiano “Non ti dimenticherò e quando leggerò il tuo libro penserò a te”
Misi il broncio “Non mi va di andarmene”
“Ci vediamo stasera? Una cenetta solo noi due in un ristorantino qui intorno”
“Non vedo l’ora” lo baciai con trasporto e quando fu il momento dell’arrivederci, gli lasciai scivolare in mano un bigliettino col mio numero.
Uscendo dall’albergo, mi voltai un’ultima volta a guardare la finestra della sua camera, poi mi avviai verso la fermata della metro.