lunedì 16 maggio 2011

Le regole dell'inferno





Fantastica fanfiction AU di frau ale...

grazie per l'onore...


LE REGOLE DELL’INFERNO


Un’ora. Era gia’ passata un’ora dal suo arrivo in carcere e quel tizio continuava a fissarlo. Sfacciatamente, con molesta insistenza. Appollaiato sullo schienale di una panca, immobile come una statua. E con quel ghigno.
Ma cosa voleva da lui?! Era sicuro di non conoscerlo, mai visto prima. Almeno non prima di quella mattina, quando era stato portato dalle guardie nello stesso settore.
Eppure quell’uomo non gli staccava gli occhi di dosso, rivolgendogli uno sguardo diretto e penetrante come volesse entrargli dentro.
E lui iniziava ad innervosirsi, si sentiva veramente a disagio. Più volte aveva cercato di guardare altrove, di concentrarsi su altri pensieri, ma gia’ il posto in cui si trovava non era certo d’aiuto; tutt’altro. L’istituto di massima sicurezza “Kreis”, tenendo fede al suo nome oltre che alla sua fama, sembrava un vero e proprio girone infernale. E non solo dal punto di vista estetico; la struttura fatiscente, umida ed inospitale era perfettamente in linea con la maggior parte dei suoi ospiti, tenuti parzialmente a freno solo dalla prospettiva di certi trattamenti riservati agli elementi più indisciplinati o semplicemente che non rispettavano le regole, al limite del trattato di Ginevra!
E inoltre il troppo pensare gli ricordava come fosse arrivato lì e questo gli rodeva ancora di più. Maledizione a quando aveva accettato di aiutare quel bastardo di suo cugino! Lui, Mark Kämpfer, rampollo di una famiglia ‘bene’ di Colonia che, forte del suo passato di ex poliziotto, aveva avuto l’ardire di cercare di purificare le infiltrazioni malavitose che infestavano la sua famiglia. Ex perché tutto era finito nel momento in cui aveva iniziato ad indagare su suo cugino ed aveva avuto la pessima idea di convincerlo ad uscire dal giro; ma Chris conscio di poter perdere tutti i milioni di euro che gli fruttavano i suoi loschi affari, lo aveva invischiato in un traffico di ragazzine a sua insaputa e poi lo aveva fatto denunciare da una testimone fasulla, in seguito misteriosamente scomparsa. Mark era finito sotto inchiesta e le prove schiaccianti costruite ad hoc gli avevano fatto perdere il lavoro in polizia e rimediare una bella condanna. Naturalmente lui non aveva commesso alcun crimine. Non lui, il classico uomo tutto d’un pezzo, di sani principi e per di più allora in procinto di sposarsi. No, era proprio suo cugino ad avere il vizio delle ragazzine, ad avere assoldato la falsa testimone e ad averla poi voluta morta perché in possesso delle prove che avrebbero potuto inchiodarlo. Chris era stato talmente furbo e scaltro da essere riuscito, con quella mossa astuta, a liberarsi tanto di lei quanto del fastidioso cuginetto in vena di brave ragazzate! E gli aveva pure fatto credere di volerlo aiutare pagando i migliori avvocati che pero’ nulla avevano potuto contro quelle accuse. Aveva perso tutto non solo il lavoro; persino la sua promessa sposa se n’era andata. Uscito dal carcere per buona condotta e deciso a vendicarsi si era messo in proprio, cercando di distruggere a modo suo Chris che lo aveva incastrato. Ma forse si era lasciato ingabbiare troppo dal mondo del crimine; al punto da ritrovarsi di nuovo in galera.
E poi…
E poi quel suo interlocutore silenzioso che non la finiva di infastidirlo con il suo sguardo pressante e quasi morboso lo incuriosiva. Doveva ammetterlo, aveva un’aria intrigante, magnetica. Forse la maschera da duro, forse quel ghigno strafottente. Ma era certamente riuscito a catturare la sua attenzione.
Si convinse che doveva essere qualche boss della mala o il capo di qualche gang di strada. E dal suo abbigliamento la seconda opzione gli parve la più probabile. Moro, capelli corti schiacciati da un berretto la cui visiera, celata sulla fronte, arricchiva di un alone di maggior mistero la figura e creava suggestivi giochi di luce in due occhi scuri dallo sguardo tagliente, una maglietta rossa macchiata in più punti ed in altrettanti lacera, più grande di almeno una taglia rispetto al fisico snello e scolpito di chi la indossava, così pure come i jeans stretti alla vita e larghi alle gambe che ricadevano su un paio di Nike bianche decisamente vissute. Un vero macho.
E stava puntando lui.
Non che la cosa gli importasse; al momento era troppo preoccupato di come poter uscire presto da lì per poter pensare ad altro. Il carcere in cui era stato in precedenza era una reggia confronto a questo e l’ambiente in cui si trovava, ospiti compresi, decisamente non gli piaceva; gli riportava alla mente certi discorsi, certi luoghi comuni di ex colleghi che, tempo addietro, spaventavano delinquenti particolarmente ostici nel denunciare i propri complici favoleggiando sulla presenza di presunti “maschioni” poco raccomandabili che li avrebbero attesi in carcere.
Ma la sfida che sembrava volergli lanciare quel tizio lo attirava. Del resto, dopo tutto quello che aveva imparato a sue spese e le lotte quasi quotidiane per sopravvivere ora non si lasciava più suggestionare da nulla. E non avrebbe fatto eccezione per nessuno.
***
Il primo. Quell’uomo era il primo che riusciva a sostenere il suo sguardo così a lungo senza abbassare gli occhi e senza reagire, anzi abbozzando un ambiguo sorriso di rimando. E questo ne faceva una preda degna della sua attenzione.
Solitamente i nuovi arrivati, vuoi perché ancora non abituati a quello stile di vita, vuoi per le voci che giravano sulla “qualità” dei detenuti, rimanevano abbastanza spiazzati da quella che era l’atmosfera del Kreis, cercando il più possibile di evitare contatti con chi già vi stava forzosamente soggiornando… soprattutto per evitare problemi. E a volte, per quelli che si mostravano più spavaldi, bastavano giusto un paio delle sue occhiate per rimetterli a testa bassa, come bravi cagnetti al comando del padrone. Si perché lui lì dentro si considerava tale. Perché lo consideravano tale.
Felix Jäger era il più giovane dei reclusi, ma anche il più scaltro ed all’occorrenza il più pericoloso. Una personalità decisa e carismatica, formatasi per la strada dove era cresciuto e dove aveva imparato troppo presto che per sopravvivere bisogna schiacciare gli altri, bisogna farsi valere, rispettare con qualunque mezzo. Furbo e veloce come un gatto, ma con un innato sadismo che si scatenava quando qualcuno stuzzicava i suoi appetiti. Che lo facesse per sfogare la rabbia di un’infanzia difficile, o per il semplice gusto di infierire con il suo potere su di un altro essere umano poco importava. Per lui quello non era solo un modo per sopravvivere in quell’ambiente ancora più ostile della strada, ma una vera missione. La sua missione.
Così si era guadagnato il servilismo, più che il rispetto, dei suoi compagni di carcere, con il terrore e con pratiche dimostrazioni di quanto poteva essere sconsigliabile mettersi contro di lui o semplicemente non assecondare un suo ordine; spesso le sue bravate gli avevano fruttato periodi di isolamento, ma questo non aveva fatto altro che renderlo ancora più sadico e piu’ razionalmente crudele, più orgoglioso delle sue vessazioni messe in atto soprattutto con i nuovi arrivati, quelli che secondo lui “dovevano ancora imparare le regole”. Le regole dell’inferno.
Ma non tutti lo interessavano; i soggetti più deboli li lasciava volentieri agli altri “colleghi”; lui preferiva prede di carattere, prede che avrebbe provato più gusto a sottomettere e che gli avrebbero garantito per un po’ il divertimento della caccia e della lotta.
Prede come quella che si trovava di fronte. Come l’uomo che da un’ora era diventato il centro di tutte le sue attenzioni.
Già a prima vista non gli era certo sembrato un delinquente comune; lo aveva inquadrato piuttosto come qualche professionista proveniente da ranghi più specializzati della criminalità.
Elegante nei modi, esteticamente bello e ben proporzionato, curato nell’aspetto, sportivo in un paio di jeans un po’ scoloriti che gli fasciavano le gambe e una maglietta bianca fin troppo aderente abbinata ad un cardigan verdastro un po’ vintage completamente aperto sul davanti che non lasciavano certo solo immaginare il fisico scolpito che cercavano di coprire.
Lo sguardo era deciso e seducente; occhi azzurri profondi e misteriosi lo fissavano rispondendo alla sua sfida con un misto di sfrontatezza e superiorità, incorniciati dai capelli biondi con alcune ciocche a coprire la fronte.
Più fissava quell’uomo e contemporaneamente subiva il suo sguardo e più lo bramava, desiderava averlo quanto prima alla sua mercè, vederlo strisciare ai suoi piedi.
Si, quella era decisamente una preda che non si sarebbe lasciato scappare.
***
- Ehi ragazzi, “nuovo arrivato… “-
- Niente male…
- Non sembra venire dai bassifondi, anzi direi che sembra proprio un signorino. O forse, con quel visetto e quei capelli, una ”signorina”….
Felix non riuscì ad afferrare le parole, ma le sghignazzate e i fischi che le accompagnavano non gli lasciarono dubbi su chi fossero i guastafeste di turno: Tier e i suoi due idioti. Probabilmente non lo avevano visto o, dopo il loro ultimo scontro, non si sarebbero mai permessi di avvicinarglisi. Quanto erano fastidiosi e soprattutto quanto detestava quell’uomo; era sicuramente il peggior elemento tra quelli rinchiusi lì dentro. Un animale, una vera bestia. Tutto di Tier lo sottolineava: non solo era basso, tarchiato e brutto, ma aveva anche un temperamento fortemente violento e rissoso e un istinto da squalo, pronto a calpestare chiunque senza alcun ritegno anche senza un motivo valido, solo per compiaciuta crudelta’ o tornaconto personale. Si certo, forse un po’ Tier gli assomigliava, ma lui, Felix, anche se molto in fondo un suo codice d’onore l’aveva; rispettava chi riteneva suo pari. Tradotto in parole povere chi riusciva a resistergli e a picchiare più forte di lui. L’unico problema è che al Kreis non aveva ancora trovato nessuno che fosse stato in grado di spuntarla.
- Vai capo, è tutto tuo!
- Si, spaccalo in due!
I due scagnozzi stavano bellamente incitando Tier a dare il suo personale “benvenuto” al nuovo ospite… e questo Felix non poteva proprio sopportarlo; quella era la sua preda e non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via!
Appena vide Tier muoversi in direzione del nuovo arrivato, balzò giù dallo schienale su cui stava appollaiato e gli si parò davanti.
Il suo sguardo minaccioso avrebbe fatto squagliare chiunque.
- Cosa vorresti fare tu?
- Fatti da parte Felix quella è roba mia!
- Sei troppo brutto e puzzi troppo per uno così. Gli faresti solo schifo. E poi devo forse ricordarti che qui sono io che da’ gli ordini e che sceglie? – aggiunse avvicinandosi maggiormente al suo interlocutore, che iniziò ad arretrare.
- Maledizione non puoi sempre prenderti quel che vuoi e lasciare a noi gli scarti! Stavolta non te lo permetteremo, è ora che qualcuno ti ricacci al tuo posto! Giusto ragazzi?
Ma i ragazzi in questione, memori dei precedenti scontri con il moretto, si erano già dileguati.
- A quanto pare hanno avuto più giudizio di te. E al tuo posto seguirei il loro esempio.
Felix era passato dagli avvertimenti alle minacce.
- Cani rognosi! – li ingiuriò Tier.
- Smamma. E se ti becco a girare attorno a quel tipo te la vedrai personalmente con me. Sono stato chiaro?
Il silenzio, che suonò come un’ovvia risposta negativa, non piacque a Felix che afferrò il detenuto per il collo della maglietta.
- Chiaro??
Per tutta replica l’avversario emise un grugnito sommesso. Il giovane lo lasciò andare allontanandosi nel corridoio.
- Sei solo un maledetto figlio di puttana! – gli urlò dietro Tier.
- Lo prendo come un complimento – ghignò Felix senza girarsi alzando il dito medio all’indirizzo dello sconfitto.
Pochi minuti dopo anche l’oggetto della loro contesa decise di cambiare aria inoltrandosi nell’androne, seguendo la stessa direzione dell’uomo con il quale era rimasto a fissarsi così a lungo.
Passò accanto a Tier senza degnarlo di uno sguardo; quando questi se ne accorse cercò di bloccargli il passaggio.
- Ehi tu bastardo, come ti permetti di ignorarmi!
Ma il biondino, senza prestargli la benché minima attenzione andò oltre, mantenendo un freddo distacco ed un’aria di superiorità.
E l’altro, temendo un ritorno di Felix preferì desistere.
Appena svoltato l’angolo il nuovo arrivato notò a pochi passi da lui il suo silenzioso interlocutore che, appoggiato al muro e a braccia conserte, sembrava lo stesse aspettando.
Abbassata leggermente la testa e fingendo indifferenza lo superò. O almeno cercò di farlo. Ma si sentì trattenere per il cappuccio del cardigan.
- Non mi hai salutato.
Per tutta risposta Mark alzò le spalle e tentò di ripartire. Ma Felix con un violento strattone lo inchiodò al muro immobilizzandolo, una mano alla gola, l’altra appoggiata al muro accanto alla sua faccia.
- Ripeto, non mi hai salutato.
- Nemmeno tu.
- Qui gli ordini li do io, novellino. – nel tono del moretto una nota di provocante disprezzo – e ti conviene obbedire.
- Altrimenti?
- Tutti mi portano rispetto, ti assicuro per un valido motivo. E fossi in te non cercherei di scoprirlo.
- Dovrei aver paura?
- Dovresti.
- Peccato ti è andata male. Non mi lascio intimidire facilmente.
Il nuovo arrivato fissò l’altro con un’intensità tale da spiazzarlo, i visi talmente vicini da potersi quasi sfiorare. Gli occhi scuri, vibranti di lampi di sfida di Felix si trovarono a soccombere trafitti dagli azzurri cristalli di ghiaccio di Mark.
- Comunque se vuoi sopravvivere qui, devi rispettare alcune regole.
- E chi lo dice?
- Lo dico io!
La situazione stava andando per le lunghe più del previsto ma il moretto si stava decisamente divertendo; l’unica cosa che lo infastidiva era che quella loro scenetta aveva attirato un capannello di detenuti e la determinazione del biondino a resistergli stava rischiando di mettere in discussione la sua supremazia.
- Io non rispetto regole che non condivido. E nemmeno gli sbruffoni presuntuosi come te!
- Abbassa il tono e smettila di fissarmi in quel modo!
- Perché? Ti sto mettendo a disagio? – lo provocò Mark. - Dov’è finita la tua spavalderia, le tue “regole”…. Cos’è ti tremano le gambe?
Mollando la presa con una spinta e l’espressione insofferente, Felix si allontanò dalla sua preda; l’altro non ebbe nemmeno il tempo di spostarsi prima di essere colpito al volto da un violento pugno che lo mandò a sbattere contro il muro e lo obbligò ad appoggiarvisi per non cadere.
- Queste sono le mie regole – gli intimò l’avversario scandendo bene ogni parola.
Mark rialzatosi si massaggiò la guancia e si asciugò il sangue che usciva dal labbro spaccato, fissando con odio l’aggressore che scostatosi riceveva applausi e grida di approvazione dagli altri detenuti, accalcati nel corridoio o sulle logge superiori a godersi lo spettacolo.
Ma non appena lo ebbe di nuovo a tiro, con uno scatto fulmineo ricambiò con altrettanto vigore il pugno ricevuto. Felix barcollò finendo per sedersi sul pavimento, tenendosi lo zigomo sanguinante.
- E queste sono le mie! – annunciò il ribelle trionfante.
Due detenuti cercarono di avventarsi su di lui ma con scarso successo; rimediò qualche livido e qualche graffio, ma i suoi colpi rapidi e precisi costrinsero i malcapitati al tappeto. Quando altri due corsero a dar man forte ai compagni, Felix li bloccò con un cenno del capo. Si rialzò e si avvicinò a Mark ansimante per la lotta.
- Ti avevo sottovalutato “biondino”. Ma non credere che sia finita qui.
- Quando vuoi – accettò l’avversario con un sorrisetto di sfida cercando di risistemarsi.
Il moretto sogghignò di rimando e passandogli accanto per andarsene gli sussurrò all’orecchio “tanto presto sarai mio”.
***
Seduto sulla branda Mark cercò di tamponarsi il labbro ancora sanguinante. Si sarebbe volentieri risparmiato il duro scontro di poco prima ma, tutto sommato, era anche riuscito a cavarsela piuttosto bene.
Forse aveva sottovalutato l’avversario pensando che tenendogli testa ed opponendo alle sue attenzioni un muro di indifferenza lo avrebbe lasciato in pace; quando poi lo aveva visto allontanarsi aveva creduto di essere riuscito nel suo intento.
E invece si era sbagliato. Quel tizio stava solo aspettando il momento giusto per dargli il suo “benvenuto”, per fargli sapere che lì era lui a comandare. Ma se quello si illudeva di piegarlo alle sue regole aveva fatto male i suoi calcoli; in passato seguire le regole gli aveva portato solo guai ed ora era lui e solo lui a dettar legge per se stesso.
Si alzò dirigendosi allo specchio per constatare i danni subiti, ma anziché la sua immagine vide riflessa quella del suo antagonista, quel suo sorriso beffardo, quel suo ghigno fastidioso, quel suo fare presuntuoso ed arrogante. Ma vide anche i suoi occhi. C’era qualcosa in loro, qualcosa in quello sguardo… qualcosa di misterioso e pericolosamente attraente da rimescolarlo dentro. Il solo ricordo lo fece avvampare. Sciacquò il viso più volte sotto il getto freddo, ma non riuscì a scacciare quell’immagine.
Tutti i suoi propositi di evitare qualsiasi ulteriore contatto con quel detenuto svanirono improvvisamente; anzi Mark si trovò a desiderare di averlo di nuovo di fronte, di poterlo incollare al muro come quello aveva fatto con lui, di averlo in suo potere; non tanto per il gusto di ricambiargli il favore, quanto per poter vedere ancora quegli occhi scuri fissarlo con fierezza, guizzanti di lampi di sfida, sentire i suoi muscoli contrarsi sotto la presa delle sue mani, vedere quelle labbra arricciarsi in una smorfia provocatoria ma rabbiosa per non potersi sottrarre al suo assalto.
Aveva trovato un fascino strano nello scontro con quell’uomo, una sensazione che andava ben oltre la semplice scossa dell’adrenalina nel momento del pericolo; era più l’emozione di un testa a testa, di un corpo a corpo alla pari, una bramosia che si stava prepotentemente impadronendo di lui.
Sorrise malizioso asciugandosi il sangue dal labbro con lenta sensualità; scosse la testa pensando che mai nella sua vita gli era capitato qualcosa di simile, mai aveva desiderato lo scontro fisico con qualcuno come con quel tipo. Pensò che non solo non avrebbe ceduto. Ma avrebbe vinto.
Rientrato nella sua cella Felix si pulì la ferita sotto l’acqua corrente; poi con tampone imbevuto di alcool che aveva preso in infermeria iniziò a disinfettarla. Bruciava dannatamente! Ma non solo quella. C’era qualcos’altro che bruciava, qualcosa dentro di lui, un fuoco inarrestabile che lo scontro del pomeriggio con il nuovo arrivato aveva ravvivato, come se avesse gettato benzina su un falò assopito.
Si lui era proprio la preda che aspettava e doveva averlo. Doveva averlo ad ogni costo o sarebbe impazzito. Quel tizio era lì solo da un giorno ed aveva portato più scompiglio nella sua esistenza di tutti gli altri suoi predecessori. C’era qualcosa nel suo modo di fare, qualcosa nel suo sguardo, nel suo resistergli con caparbio coraggio e con quella sua arrogante superiorità che trovava irresistibilmente magnetica, qualcosa che stava risvegliando i suoi istinti più profondi e più carnali.
Si buttò sul letto, cercando di riposare e scacciare quell’ossessione. Ma ogni sforzo risultò inutile. Nella sua mente c’era sempre e soltanto quell’uomo. Del quale a conti fatti non sapeva nemmeno il nome. Per lui era solo “il biondino”.
Chiuse gli occhi e se lo vide chiaramente davanti: ansimante per la lotta, sudato, i capelli incollati alla fronte e raggruppati in umide ciocche scomposte, i vestiti appiccati addosso che lasciavano intravedere un fisico davvero notevole… davvero desiderabile. E lo sguardo fiero.
Accarezzandosi voluttuosamente la ferita allo zigomo, assaporò il momento in cui avrebbe fatto la stessa cosa con la pelle di quello sconosciuto, gli parve già di sentirlo sotto le sue mani nell’attimo in cui l’avrebbe preso e fatto suo e di godere dell’istante in cui quegli occhi di ghiaccio lo avrebbero di nuovo fissato con odio, impotenti di fronte al suo potere.
Lo immaginò nella sua cella a medicarsi la ferita al labbro e il pensiero della sua bocca e di quello che ne avrebbe fatto lo costrinse a darsi una rinfrescata. Ma ben peggiore fu il pensarlo spogliarsi per constatare i lividi subiti nello scontro con gli altri due carcerati; vide le proprie mani sondare ogni centimetro di quel corpo che si dibatteva strenuamente in una lotta serrata per sfuggirgli, le vide risalirlo ed appropriarsene per disporne a suo piacimento, immaginò la propria carne su quella dell’altro, contro quella dell’altro… E dovette soffocare nel cuscino un gemito strozzato.
Nessuna delle altre sue vittime prima di lui gli aveva mai fatto questo effetto; cedevano troppo presto, si lasciavano intimorire troppo facilmente dalle sue minacce e questo faceva di loro solo giocattoli da usare e gettare; l’iniziale gusto di poter imporre a qualcun altro il proprio potere e volere si era trasformato in un rituale che non lo divertiva più come un tempo. Era solo abitudine ormai.
Ma con quel biondo no. Lui era diverso. Con lui la lotta si era rivelata e sarebbe stata alla pari e questo non solo stuzzicava il suo più profondo interesse ma non faceva altro che infiammare ancora di più quel violento desiderio che lo stava logorando dentro.
***
Il primo impatto non aveva sicuramente rivelato un ambiente dei più tranquilli ma certo non poteva aspettarsi di meglio considerato il pedigree dei reclusi al Kreis; e lui aveva avuto l’onore di scontrarsi nientemeno che con il loro “capo”. Che aveva dimostrato un interesse davvero particolare nei suoi confronti, al punto da riservagli un’accoglienza molto “sentita”.
D’istinto Mark si sfiorò la guancia ancora dolorante ed il labbro ferito; doveva ammetterlo, a dispetto del fisico asciutto e snello quel moretto era davvero forte. E picchiava duro. Per questo probabilmente era riuscito a conquistarsi il rispetto di molti altri detenuti e forse anche lui avrebbe dovuto prendere le debite distanze; quell’uomo non avrebbe facilmente digerito la sua reazione all’assalto di qualche ora prima, ne’ tantomeno la sua ribellione davanti a tutti gli altri carcerati che poteva rischiare di mettere in dubbio la posizione ed il potere che egli aveva acquisito. Ma soprattutto non avrebbe digerito quel pugno. E sicuramente gliel’avrebbe fatta pagare.
Non temeva la sua vendetta; anzi sincero fino in fondo aveva trovato il loro confronto divertente, una vera scossa e molto interessante; o meglio aveva trovato quello sconosciuto molto interessante. Quell’aspetto un po’ mefistofelico, quello sguardo diabolico e battagliero, quel sorrisetto ironicamente malefico e più di tutto quei suoi gesti decisi e violenti ma con una carica sensuale non indifferente, avevano chiaramente lasciato un segno su di lui. E non solo a livello fisico.
Ma per la sua prima “uscita” ne aveva avuto abbastanza e decise che per il resto della giornata avrebbe cercato di stargli alla larga. Passeggiando nel corridoio semivuoto notò che gran parte degli ospiti stava lentamente rientrando nelle proprie celle, seguendo quello che sembrava un iter quotidiano; era ormai sera, presto i secondini sarebbero arrivati a richiamare tutti all’ordine per rinchiuderli per la notte e non conveniva certo opporre resistenza.
La luce che filtrava dai vetri opachi delle finestre sporche si affievoliva sempre di più e lunghe ombre scure creavano un’atmosfera inquietante, confondendo gli androni della struttura, rendendoli tutti uguali. Troppo.
Svoltato un angolo Mark si rese conto di essersi perso. Un brivido improvviso, come la percezione di un pericolo in agguato, lo fece arretrare di qualche passo nell’oscurità crescente. Istintivamente si girò di scatto guardandosi alle spalle. Nessuno.
Ma non fece in tempo a tornare sui suoi passi che uno spintone violento lo bloccò in un angolo, faccia al muro.
- E’ pericoloso girare da soli a quest’ora… “biondino”. Non hai paura di fare brutti incontri? O forse ti sei perso? Come mi dispiace….
Quel tono canzonatorio era inconfondibile.
- Ancora tu! Questo è proprio il tuo biglietto da visita!
- Ti avevo avvisato che sarei venuto a prenderti – gli bisbiglio’ l’aggressore all’orecchio, così vicino da poter percepire distintamente il suo alito caldo.
- Lasciami andare bastardo!
Provò a divincolarsi ma la posizione in cui il nemico lo aveva costretto, con un braccio rigirato dietro la schiena e l’altro schiacciato sotto al proprio corpo, non gli consentiva ne’ di muoversi ne’ tantomeno di difendersi.
- Ma quanta fretta… prima permettimi di ringraziarti per il regalo che mi hai fatto stamattina - continuò l’altro, le labbra ad un soffio dal suo volto. E gli assestò un pugno nel fianco scoperto che lo fece piegare in due.
- Il piacere è stato mio – replicò Mark a denti stretti, l’espressione sofferente per il colpo ricevuto.
- Hai ancora il coraggio di fare lo sbruffone… Meglio. Ti dirò che finora non avevo mai trovato un tipo come te. E il tuo caratterino mi piace. Mi stuzzica… - ghignò il moretto, la voce che tradiva un’insana bramosia.
- Aspetta che mi liberi e poi vedrai come ti stuzzico!
- Anzi, pensandoci bene, tutto di te mi stuzzica…
L’avversario gli si pressò addosso con maggior forza, una gamba tra le sue per cercare di impedirgli ogni movimento, ogni possibile ribellione. Solo in quel momento il biondino capì quali fossero le sue reali intenzioni.
- Non pensarci nemmeno! – cercò nuovamente di liberarsi dimenandosi furiosamente.
- E perché no? Il tuo corpo è così provocante …
Felix si scosto appena in tempo per evitare una forte testata a sorpresa.
- E quanto vigore! Mi stai proprio eccitando… Ma se continui così mi costringerai a punirti… - lo derise.
Ma la preda non mollava, lottando tenacemente e cercando di difendersi come meglio poteva.
- In questo modo ti farai solo male. Mentre se cedi potresti anche divertirti...
- Scordatelo!
Per tutta risposta ricevette un altro pugno, più forte del primo, che lo costrinse a piegarsi sulle ginocchia.
- Ora basta giocare! – sentenziò con tono stizzito ed imperioso il rivale mentre, infilata una mano sotto la maglietta, con tocco audace e sfacciatamente lussurioso iniziò ad esplorare quel corpo prigioniero in ogni suo angolo, scendendo sempre più e con sempre maggior possesso, come a volerne sottomettere l'essenza che fremeva per tornare libera.
- Cos’è? La mia presenza ti rende nervoso? Sei tutto teso…. mmm…. ma proprio tutto….
Mark chiuse gli occhi voltandosi dal lato opposto, sottraendo l’espressione alla vista del suo aguzzino e facendo appello a tutte le sue forze per non cedere. Risate beffarde, sguardi infuocati … non gli serviva vederli per sentirseli addosso; e quel corpo che si premeva rapace su di lui, quella mano che scopriva ed artigliava la sua pelle, quella presa violenta e carnale… Sentiva la rabbia crescergli dentro, o forse sentiva un impulso nuovo infiammargli l’anima.
Un sussurro rabbioso, l’ultimo baluardo di una strenua difesa, annientata dalla stretta che si chiuse a morsa torcendogli il polso, provocandogli un forte dolore.
- E’ inutile resistere… Puoi anche urlare, tanto non verrà nessuno a salvarti.
Affatto rassegnato, il biondino smise improvvisamente di opporsi. Aveva bisogno di riprendere fiato per poter fronteggiare quel che stava per succedergli.
Felix ghignò trionfante.
- Ora sei mio…
Cercando di assaporare ogni istante della vittoria, iniziò a torturare lentamente la sua vittima, concedendosi fugaci sguardi per studiarne le reazioni. Le sue labbra sfiorarono con viziosa voluttà la pelle avorio dell’altro, bollente sotto i suoi tocchi, alternando soffi leggeri a piccoli sensuali morsi, godendo dei fremiti che il trattamento provocava alla sua preda; le sue mani continuarono a vagare lungo quel corpo alla sua mercè, così perfetto da averlo fatto impazzire, esplorandolo e possedendolo con maniacale accuratezza tra avide carezze ed impietosi affondi.
Eppure ancora non gli bastava; non voleva solo la sua carne, voleva anche la sua anima, prendersi il suo essere, in una totale sottomissione. Voleva farlo completamente suo fino in fondo. Voleva tutto.
- Ora viene il bello.
Con la mano libera, iniziò pian piano a calare i pantaloni all’altro e, convinto ormai di averlo in pugno, allentò la presa per poter fare lo stesso con i suoi. Ma quello che doveva essere l’atto finale, la realizzazione dell’ossessivo desiderio di dominare la sua conquista, fu invece un errore fatale.
La minaccia risvegliò in Mark l’istinto di sopravvivenza, che per un attimo aveva accantonato sottostando senza difendersi alle angherie del nemico, moltiplicandogli le energie. Forte della parziale libertà si divincolò con un violento strattone, incurante delle fitte al fianco ed al polso, spiazzando l’aggressore e con un calcio all’indietro e una spallata riuscì a liberarsi, scaraventandolo a terra. A Felix sfuggì un’imprecazione di dolore e, furioso per l’inaspettata rivolta, cercò di rialzarsi. Ma il ribelle in un balzo gli fu addosso.
Si ritrovarono a lottare corpo a corpo, a terra sul pavimento anziché in piedi in un angolo, occhi negli occhi accesi da rabbia e rivalsa, mentre le mani duellavano per prevalere ed affermare il proprio dominio sull’altro.
La vittima, divenuta predatore, riuscì a bloccare l’antagonista tenendolo per i polsi, le braccia sopra la testa. I due si fissarono intensamente per un istante che sembrò lunghissimo, i loro respiri fusi insieme, le fronti che arrivarono a sfiorarsi.
- Odiami, pestami! Avanti che aspetti?! So che vuoi farlo, te lo leggo negli occhi! – gli ringhiò contro Felix tentando di dibattersi, lo sguardo dardeggiante incatenato a quello glaciale del suo assalitore.
Per tutta risposta, l’avversario con un gesto stizzoso lo ribaltò, costringendolo nella stessa posizione subita pochi attimi prima, imponendogli il peso della propria figura. I due corpi si sfiorarono di nuovo, di nuovo così pericolosamente serrati l’uno all’altro, la stoffa che li copriva solo un dettaglio.
- Cosa si prova eh? - ringhiò sarcastico Mark, nella voce vendetta.
- Lurido figlio di puttana, liberami subito o te la farò pagare molto cara!
Con un gesto fulmineo l’uomo lo rialzò di poco tirandolo per la maglia, spintonandolo subito di nuovo a terra, facendolo sbattere con la fronte contro il pavimento.
- Pensavi che fossi una preda così facile? O forse di essere il primo che ha cercato di fottermi?! Beh in entrambi i casi hai sbagliato di grosso!
Premendo con forza quel corpo contro il freddo rivestimento, gli si sdraiò addosso, a cavalcioni.
- Volevi farmi provare le tue regole? D’accordo, vediamo se le ho imparate bene… – sussurrò avvicinando il viso a quello del rivale, accarezzandogli la nuca prima con la punta del naso e poi con leggeri sfiori di labbra, mentre la mano libera scendeva a lambirgli un fianco.
Felix non riuscì a trattenere un gemito quando l’altro approfondì la perlustrazione, lasciando scivolare il tocco sotto i pantaloni, scoprendo l’eccitazione che lo aveva colto e che iniziava a fargli male.
Il biondino sogghignò maliziosamente compiaciuto.
- A quanto pare anche tu sei molto “teso”…
Il moretto, ansimante, capì che non avrebbe resistito a lungo: ancora un attimo di quel trattamento e sarebbe davvero impazzito. Ma mai e poi mai avrebbe ammesso di essere stato battuto con le sue stesse armi da qualcuno che, con tutta evidenza, le sapeva usare bene quanto lui; se non meglio.
- Sei un dannato bastardo. Hai finto di cedere solo per costringermi ad abbassare la guardia…
Non riusciva a liberarsi, non poteva nemmeno contorcersi per difendersi. E forse nemmeno voleva.
- Vedi? Anche l’animale più innocuo se costretto all’angolo può diventare pericoloso.
Silenzioso ma deciso scivolò su di lui, sistemandosi meglio sul suo corpo in modo da averne il totale controllo.
- Che dicevi prima? Ah si, “ora viene il bello”….
Parole ardenti pronunciate sulla pelle sudata, straziata da labbra che rivendicavano una gustata vendetta… imprecazioni e ringhi, mescolati ad ansiti indefiniti che la penombra del luogo nascose come il più fedele dei complici.
***
ll giorno dopo Felix, lo attese appoggiato ad una delle colonne del portico, durante l’ora d’aria. Imprecò non vedendolo arrivare e rientrò nell’androne.
- Ehi capo, allora com’è andata?
- Scommetto che gliele hai cantate sode a quel mezzo damerino!
- Si, si, si sarà messo a piangere e supplicarti come una puttana!
Decise di non rispondere. Nessuno avrebbe dovuto sapere cosa fosse realmente accaduto quella notte.
All’insistenza dei suoi compagni rispose con un ghigno ed un’occhiata silenziosa. E nessuno osò più fare domande.
Continuò il suo giro, quando improvvisamente da dietro un angolo sbucò Mark. Il moretto lo squadrò per un attimo, bramandolo con gli occhi, mentre un brivido di piacere gli scosse la spina dorsale; poi appositamente gli si fece davanti, fare tronfio e petto in fuori. Il biondino, immerso nei suoi pensieri, si accorse solo all’ultimo momento di lui; alzò leggermente la testa, bersagliandolo con il suo sguardo misterioso ed ammaliante, sfida e avvertimento. L'altro allora riprese la sua strada e passandogli accanto gli allungò volontariamente una spallata.
Entrambi si girano a fissarsi. Ma a dispetto delle aspettative dei presenti, che avrebbero preferito assistere ad un altro scontro come quello del giorno precedente, Mark gli rivolse un malizioso sorrisetto soddisfatto e Felix si leccò lascivamente i denti con la lingua, allusivo e visibilmente compiaciuto.
Chissà magari per aver vinto....magari per aver perso....

2 commenti:

  1. Tesoro per me è un onore ogni volta che pubblichi qualcosa di scribacchiato da me! Ed è merito tuo l'aver scritto questa AU, di quando mi hai fatto vedere la puntata "Taximorde" dove c'è quel favoloso spunto che ha messo in moto gli ingranaggi del mio cervellino ormai fuso... Quindi grazie, anche e soprattutto perchè rileggendola ora mi piace e mi emoziona di più, anche se ancora non mi capacito in primis di aver scritto qualcosa di simile e poi...di essere riuscita a finirla senza provocare allagamenti di bava...mazza non so se è stato peggio rileggerla o visualizzala mentre la scrivevo!! E poi tu sai che alla fine ho pure realizzato di sentirmi un po' Felix... Grazie per lo spazio cara! Un beso fuerte! Frau

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  2. Complimenti ragazze! E' semplicemente favoloso, intrigante e sensuale. Non mi aspettavo che Mark fosse così battagliero e che gli desse filo da torcere. Da come era iniziata immaginavo Mark soccombere a Felix, è stata una vera sorpresa vedere il biondino, come lo chiama lui non solo tenergli testa ma addirittura sottometterlo fino ad avere il sopravvento. Bello anche il fatto che nn è descritto quello che accade dopo in modo da lasciare molto spazio all'immaginazione. Brave mi è piaciuta da impazzire.

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