martedì 22 febbraio 2011

Bello pure quando dormi





Titolo: Bello pure quando dormi
Autore: Sokogirl
Fandom: SOKO Leipzig
Pairing: Jan Maybach/Vincent Becker
Storyline: stagione futura


Vince era rimasto a casa con il piccolo Miguel Junior mentre Jan si occupava di interrogare l’energumeno che aveva ucciso una donna, colpevole di aver intascato un gratta e vinci! Leni era tornata al lavoro da poco, stava sullo stesso caso del compagno e i giornali da che mondo e mondo si scrivono di notte.
A Vincent Becker non dispiaceva fare il babysitter ogni tanto. Soprattutto quando Jan glielo domandava socchiudendo gli occhioni blu.
“Finalmente sei crollato” sussurrò al neonato avvolto in una copertina bianca tra le sue braccia: dormiva paciosamente. Mentre continuava a cullarlo si appollaiò alla poltrona. Continuava a rimirane i lineamenti che, sebbene la tenera età, ricordavano ogni giorno di più quelli del padre. Proprio bello come tuo padre. “Sai ranocchietto che quando dormi sei carino come il tuo papà?” si scoprì a dire ad alta voce. Le guance gli si colorarono all’istante. Ricordò quando qualche tempo prima, che Leni ancora non aveva partorito, avevano appostato un pregiudicato di sera tardi. Jan era distrutto dalle poche ore di sonno causate della compagna, la quale si lamentava della pancia al punto che tra una camomilla, un massaggio alla schiena, le volte che il commissario Maybach si era ritrovato ad addormentarsi all’alba, erano fin troppe. “Che noia!” furono le ultime parole che gli sentì dire Vince prima che un altro suono, dolce e melodico, uscisse dalle labbra socchiuse. Jan russava sommessamente, un respiro flebile. Vince si era voltato per prenderlo in giro, svegliarlo. Ma la visione lo arricchì di una tenerezza quasi dolorosa. Sei bello pure quando dormi, pensò.
Proprio in quel momento Jan rincasò facendo tornare Vince alla realtà.
Il poliziotto biondo si avvicinò alla poltrona occupata dal collega e dal figlio. Piombato alle spalle si piegò su di loro. “Dorme?”
“Già” Vince si voltò dalla sua parte. “Messi dentro i cattivi?”
“Ho fatto i compiti, e ora sono stanco”
“Devo cullare anche te?” a Vince scappò naturale ma subito se ne pentì soprattutto quando lesse nel volto di Jan un’espressione così deliziosamente sbalordita.
“Si fa per dire, tu pesi molto di più!”
“Lo porti tu dentro la culla?” rispose Jan toccandosi la nuca imbarazzato.
“Certo! Servizio completo” così dicendo Vince si avviò in camera da letto. Appoggiata la creatura nel suo giaciglio, si soffermò a guardarlo di nuovo, così preso non si accorse di Jan giunto alle sue spalle.
“Non so come ringraziarti” gli sentì dire.
A Vince vennero in mente almeno cento risposte, ma non ce n’era nemmeno una soltanto che non fosse vagamente maliziosa e dunque altamente pericolosa.
“Mi basta sapere che il piccolino sta bene e che il suo papà ha svolto il compito come si deve” si morse il labbro inferiore. Pure quella però, la centunesima, suonava vagamente ambigua.
“E tu Vince?”
“Io cosa?” trasecolò.
“Stai bene?”
“Intendi con Miguel?”
“Intendo in generale”
Vince girò intorno a Jan evitando il suo sguardo. Di nuovo una serie di risposte improbabili, del genere: come schifo faccio a stare bene se l’unica persona che vorrei amare, che mi blocca il respiro ogni volta che la guardo, è di un’altro? Una donna che gli ha appena sfornato un ragazzino e l’unico modo che ho per tenermelo vicino è fargli da babysitter? Si sorprese a bofonchiare qualcosa.
“Che c’è?”
“Cosa?” cercò di tornare in sé.
“Ho chiesto se hai detto qualcosa Vince!”
“E perché ti interessa sapere se sono felice?” ribatté con aria di sfida, petto in fuori.
“Perché ti scaldi?”
“Non mi sto scaldando”
“A me sembra di sì” Vince non riuscì a dire altro e tentò di sgusciare dalla camera da letto... dove Jan e Leni fanno così bene l’amore... si sentì invadere dalla nausea.
Jan, afferratolo per un braccio, lo bloccò con maschia decisione: “Dove vai?”
“Il babysitting è finito, vado a casa a leccarmi le ferite visto che sono tanto infelice” Vince si odiò per quella frase stucchevole e per niente degna di un poliziotto. Di un uomo.
“Vince, perché fai così? Se è colpa mia... se ho fatto qualcosa che...”
“Perché dovrebbe essere colpa tua Jan”
“Perché non riusciamo ad essere amici” ammise Jan alla fine: “Intendo dire: siamo colleghi, e ci stimiamo. Ma tu mi tieni a distanza, come se ti fosse difficile considerarmi amico”
Ma bravo Maybach, che bella scoperta! Ci sei arrivato! “Non dire cavolate Jan: noi siamo amici”
“Hai appena detto che ti tratto come una tata, o sbaglio?”
“Era ironico”
“Non lo sembrava”
“Mi dispiace, ultimamente i toni non mi riescono come dovrei. Forse dovrei davvero fare un ripassino da S.O.S Tata”
“Finiscila di fare il cinico”
“E tu abbassa la voce sennò svegli tuo figlio!” ma lo disse lui più forte e, difetti, il ragazzino eruppe in un fragoroso pianto. “Provo a dargli i ciuccio, magari si calma” Vince, tornato subito efficiente, accostò alla bocca del neonato il gommotto di caucciù scivolato fuori dalla sua portata. Per i primi venti secondi non ne volle sapere, ma poi si rassegnò.
“Tanto tra venti minuti deve mangiare” sussurrò Vince tenendo sempre la mano sul ciuccio per impedire che gli sfuggisse di nuovo.
“Vorrei che restassi allora” mormorò Jan ad un passo da lui. Vince si sentì invadere da un calore totale: il corpo di Jan.
“Ma il latte di Leni è già in frigo, bisogna solo scaldarlo”
“Però ho notato che quando glielo dai tu mangia più volentieri”
Vince pensò che suonava come una scusa bella e buona e avvampò. Jan gli aveva non solo appoggiato un braccio sulla spalla, ma aveva pure posto l’altro su un fianco. “Vince, togli la mano. Ora dorme profondamente, e secondo me ne avrà per ben più di venti minuti”
“Dunque?”
“Perché non continuiamo quel discorso sull’amicizia?”
Vince deglutì, con Jan addossato così a lui, i discorsi sull’amicizia gli sembravano appropriati come il salame per antipasto ad una cena tra musulmani!
Perché no! Perché cazzo vuoi parlare d’amicizia? Perché ti amo! E voglio fare l’amore con te! Cavolo Jan ma sei empatico come un secchio di vomito! Dovresti cambiare mestiere! “Voglio esserti amico Jan” si limitò a rispondere con le labbra che non riuscivano a smettere di tremare.
“Anche io Vince, ne ho bisogno” si abbracciarono. Un abbraccio tra amici che non potevano essere amici. Vince con il suo terrore che l’altro scoprisse che bleffava. E Jan con l’altrettanto terrore che Miguel Junior ricominciasse a piangere. Perché l’abbraccio di Vince desiderava gustarselo a lungo, in silenzio. Unico suono: il battito dei loro cuori.

2 commenti:

  1. Semplicemente fantastica! Vince che fa il babysitter al figlio di Jan, ma che in realtà vorrebbe essere molto di più per lui. Lo ama e farebbe tutto pur di stargli vicino. Io scommetto che anche Jan prova gli stessi sentimenti e con quella specie di interrogatorio gli dimostra quanto tenga a lui e alla sua felicità. Credo che Vince abbia dovuto far presa su tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso.

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  2. E' bellissima, un cameo di tenerezza e un turbinio di sentimenti che agguantano il cuore e sanno strappare sia un sorriso che un groppo alla gola. Perchè è davvero troppo reale, talmente tanto da sentirsela dentro!
    Che altro posso dire se non che mi emozioni ogni volta?
    - Frau -

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