venerdì 27 novembre 2009
Mi chico latino
Miguel lo aveva baciato. Non riusciva ancora a capacitarsene. Era stato un bacio aggressivo, duro, di quelli che non te li dimentichi neanche col lavaggio del cervello. Era durato un sacco anche se non ne era sicuro. Avevano entrambi bevuto parecchi cocktail quel pomeriggio-sera interrogando decine di donne entrate in contatto con la vittima. L’omicidio legato all’agenzia matrimoniale era un caso pesante. Di quelli che tolgono il sonno. E ora, a scombinare le notti del commissario Maybach ci sarebbe stato pure il ricordo di quel bacio. Miguel lo aveva lasciato alla sua macchina come se niente fosse “Ci si vede domani” aveva biascicato aprendo la portiera. Jan l’aveva visto mentre veniva inghiottito dalla notte. Fermo immobile, aveva sperato che succedesse qualcosa. Magari si fosse ripreso da quel torpore alcolico.
Una volta tornato a casa si era sdraiato sul letto. Era crollato quasi subito. Ma alle quattro del mattino un’angoscia mista a stupore lo aveva svegliato. Sentiva un peso nel petto che gli toglieva il respiro. Come un macigno. Miguel mi ha baciato. Un rigagnolo di sudore solcò la sua tempia. Era vergognoso, inaudito e, allo stesso tempo, tremendamente eccitante. Fu proprio l’eccitazione fisica ad impedirgli di riprendere sonno. La bocca di Miguel sulla sua, su tutto il suo viso... a mapparlo, a saggiarlo. Era stato così sublime... intenso...
Quando era stata l’ultima volta che una donna gli aveva fatto provare qualcosa di simile? Scosse la testa odiandosi per quella domanda. No, non doveva porsi quello di quesito. Ma l’altro... Jensen... era stato con lui, solo con lui che si era sentito così. L’unico uomo della sua vita, il solo a portarlo ad un passo dalla perdizione. Dopo la fine di quel difficile rapporto, c’era stato il matrimonio con Anya, coronato con l’arrivo di uno splendido frugoletto, Benny. L’omosessualità poteva dirsi ricordo le passato, in soffitta come le cose vecchie di cui ci si vuole disfare. Anche se gli costava una fatica immane ammetterlo, la relazione con lo spacciatore era stata così intensa da eclissare qualsiasi rapporto passato o futuro con le altre. Nemmeno il menage con Anya dopo tutto era riuscito a sopportare il peso di quel rapporto, anche se i motivi della separazione erano ufficialmente altri. E per Jan l’unico obbiettivo per sentirsi in pace con se stesso era quello di trovare una donna. Qualcuna che facesse da madre a Benny. Non vi era riuscito, e nel frattempo il suo migliore amico non che collega l’aveva baciato gettandolo nel baratro del dubbio e della paura. Ci sarebbe stato un lunedì dopo quel bacio? Ci sarebbero state colazioni allegre con suo figlio? Morbidi panini spalmati di burro e barzellette da ascoltare e da raccontare? In quel momento gli sembrava impossibile che esistesse un domani. Che ci fosse per lui un solo tralcio di normalità. Aveva corrotto Miguel... anche se ubriaco perso. In ogni caso era stata colpa sua.
Gli omosessuali come lui mandano dei segnali ad altri omosessuali, spesso però intercettati da chi omosessuale non è. Miguel era solo caduto nella rete del ragno. Una rete tessuta con pazienza ed impegno. Tale era il disgusto verso se stesso che per qualche secondo meditò il farla finita. Ma non durò che un secondo. Amava troppo suo figlio considerare sul serio una cosa simile.
Incredibilmente il mattino arrivò. Osservò Benny salire sullo scuolabus. Una volta solo mise tuta e scarpe da ginnastica. Aveva bisogno di correre per scaricare la tensione.
Non poté evitare il commissariato e, di conseguenza, il confronto con Miguel. Colui che gli aveva rubato la tranquillità non era ancora arrivato. Ina stava compilando delle pratiche.
“Ciao Jan, il tuo amichetto?”
“Cosa?” impallidì.
“Miguel Alvarez, hai presente? Di solito arrivate insieme...” deglutì. Non rispose, superò la scrivania della collega per poi andarsi a schiantare sulla sua poltrona. Quando il suo non solo più collega-amichetto, come l’aveva definito Ina, arrivò, lui era occupato con Haio in un dialogo piuttosto importante riguardo l’indagine in corso.
“Eccoti finalmente.”
“Jan è arrivato?”
“Magari buongiorno o che ne so, ‘Ciao’” Miguel non aveva voglia di scherzare. Guardò la scrivania di Jan e vide il giubbetto appoggiato sulla poltrona. Doveva parlargli. Prima di subito.
“Comunque, è dentro con Haio, da almeno venti minuti. Il fatto che tu sia in ritardo non passerà inosservato.”
“Non c’è problema” si sentiva una specie di Dio. Aveva una forza dentro sé tale da farlo sentire invincibile. Avrebbe potuto comandare un drappello e andare alla guerra senza timori. Aveva baciato Jan, e lui non gli aveva creato problemi, anzi... aveva risposto al bacio con genuina passione. E quella che aveva sentito attraverso il pantaloni era eccitazione. Jan ce l’aveva duro durante la pomiciata più rischiosa della sua vita. Ma ce l’aveva fatta, aveva azzardato e, come in un miraggio, rivide il flashback della sera prendente.
L’ultima testimone era uscita. Jan era seduto sullo sgabello a ridosso del bancone. Miguel ballava con la cameriera un lento. Baciò la mano alla ragazza che si accomiatò da lui. Certo, se lei non avesse dovuto lavorare... magari avrebbe potuto sostituire Carmen Rubio. Peccato, era solo, anzi no, c’era Jan. Perché era triste? Sembrava dormisse. Dopo avergli confessato la certezza di aver conquistato il cuore di quella stupenda mora con gli occhi più neri della notte, si era addossato a lui. Che fai dormi? Gli aveva chiesto ironico con la voce impastata dall’alcol. Jan non aveva risposto. Si era però lasciato sbavare il collo. Ma quasi subito si era allontanato. Miguel aveva superato il segno quella sera. E niente erano servite le parole gridate da dietro. “Cosa ho fatto di male?” Jan era già in mezzo alla strada...
Poi un vicolo più buio, vicino all’auto di Jan. Miguel l’aveva raggiunto. Gli si era parato davanti.
“Ora me lo dici che ti ho fatto?”
“Non sei tu... non ti preoccupare.”
“E cosa? Ti da fastidio che durante un indagine ci abbia provato con una?”
“Perché, lo hai fatto?”
“No... in realtà ho solo flirtato un po’”
“Beh, hai fatto male” Jan guardò oltre la sua spalla. In verità era turbato perché una delle indagate aveva una figlia ed era single, proprio come lui. Gli sarebbe dispiaciuto un sacco se fosse stata lei ad aver commesso il delitto.
“Facciamola finita qui, dai” disse. Jan trattenne uno sbuffo di riso. Il solito egocentrico. Se lui rideva ed era felice, se era incazzato o triste doveva essere sempre e solo merito o colpa sua.
“Non ce l’ho con te, Miguel, hai capito?” Sorrise, di quei sorrisi che ogni tanto disarmavano lo spagnolo fino a farlo sciogliere. Fino ad una manciata di secondi prima lo stava abbracciando da dietro e ora Miguel moriva dalla voglia di abbracciarlo prendendolo da davanti. Stringere le braccia attorno alla sua vita e accostarlo a sé.
E lo fece, tutto d’un fiato.
“Jan Maybach” esalò mentre lo abbracciava. La bocca era attaccata all’orecchio.
“Miguel Alvarez” rispose. Fino a quel momento il mondo era ancora un posto normale. Abitabile. Gradevole, persino. Poi la bocca di Miguel si era spostata dall’orecchio alla gota, dalla gota al mento, dal mento al labbro inferiore. E poi, lentamente, era planata sulla sua. Jan aveva schiuso le labbra rispondendo ad un istinto atavico.
Si stavano baciando, per la prima volta, senza trattenere tutta la virile passione che li caratterizzava. Miguel aveva agguantato il volto dell’amico stringendo le guancie. Il bacio era proseguito per tanto, incuranti dei possibili occhi indiscreti. Lipsia quella sera non era una città ma il loro nido d’amore. Senza motivo, Jan aveva perso una lacrima. Miguel l’aveva leccata. Per poi tornare a leccare la saliva attorno alla bocca.
“Mi chico hermoso” sussurrò con voce calda tra una succhiata di lingua e l’altra. Jan stentava a credere ai suoi occhi, alle sue orecchie, alla sua bocca. Al calore del fuoco che imperversava dentro sé. Ma soprattutto, non riusciva a capacitarsi che Miguel lo stesse baciando. E con tanta passione poi! I bacini aderirono fino a fondersi. Erano ancora così, abbracciati, bacianti e in mezzo alla strada. La sirena della polizia li riportò alla realtà. Si staccarono. Jan teneva gli occhi abbassati per la vergogna e lo stupore. Era così freddo senza il corpo di Miguel a scaldarlo.
“Ci si vede domani” così si era chiusa la faccenda.
Miguel tornò alla realtà. Ina lo stava guardando interdetta.
“Cos’hai oggi? Sei più svagato del solito.... una di quelle dell’agenzia ha fatto breccia nel grande cuore del commissario Alvarez” ironizzò sogghignando.
“Non proprio...” rispose più rilassato. Jan era dall’altra parte del muro. Riusciva a sentire la voce del suo capo che lo esortava a non dare nulla per scontato. Ma la questione indagine era lontana anni luce da Miguel... persino Carmen Rubio anche se le era piaciuto flirtare con lei, doveva ammetterlo. Ma la questione era stata surclassata in maniera piuttosto decisa da altro.
Haio uscì dal suo ufficio per primo seguito da un Jan con l’espressione più malinconica che aveva. Subito gli occhi dei due quasi amanti si incrociarono.
“Era ora, dormito bene?” Haio si rivolse al ritardatario con tono acido.
“Scusa capo, ma la macchina ha ricominciato a dare problemi e...”
“Risparmia le scuse e mettiti al lavoro. Jan mi ha aggiornato a sufficienza. Ma non abbiamo ancora capito da chi è stato ammazzato quel tizio. Dunque al lavoro e poche storie” tuonò. Miguel tornò a fissare Jan che rispose allo sguardo imbarazzato.
Per qualche giorno non tornarono sull’argomento. Miguel era stato impegnato a stanare la truffatrice Carmen Rubio. Sì perché alla fine della fiera era uscito che il morto e la bella ispanica truffavano l’agenzia matrimoniale fingendo di cercare l’anima gemella. In realtà spillavano denaro a poveri cristi con la complicità della titolare.
Jan voleva provare a mettersi il bacio alle spalle. Aveva visto l’amico turbato dalla presa in giro di Carmen nei suoi confronti. Questo lo aveva un po’ consolato. Se Miguel pensava all’indagata anziché al bacio di fuoco tra loro voleva dire che ricordava poco di quella notte... quella fatidica notte.
Lo aveva persino consolato con una pacca sulla spalla. Al solo contatto aveva sentito sciogliere la lastra di ghiaccio che attanagliava il suo cuore. Una volta scovato il colpevole, in quel caso ‘la colpevole’ tutti si sentirono più liberi di ricominciare la solita routine, magari in attesa di un nuovo caso. E a Lipsia non c’era quasi mai il tempo per crogiolarsi nelle scempiaggini.
Miguel cercava da giorni il momento giusto per parlare a Jan. Perché non lo trovava? Forse voleva inconsciamente rimandare il confronto? Temeva che lui si fosse dimenticato di quella notte, della loro appassionate pomiciata in mezzo la strada. Sarebbe stato clamoroso. Un eterosessuale incorruttibile come lui che si lasciava infilare la lingua in bocca da un uomo... e Jan? Non era etero pure lui? Miguel cominciava a nutrire dei sospetti. Come tutti, il commissario Maybach nascondeva un lato oscuro ben protetto dalla luce. Chissà se c’è qualcosa che deve dirmi il mio caro amico... pensò sentendosi geloso. Al solo pensiero che un altro l’avesse toccato prima di lui si sentì bruciare dentro. Doveva affrontarlo. Se non altro per mettere fine a quei dubbi che lo logoravano.
Lo beccò nel lato ufficio adibito a cucina: “Jan stasera hai da fare?” non c’era nessuno. Jan roteò gli occhi confuso.
“Sì.”
“Lo immaginavo.” E poi aggiunse aggressivo: “Non m’importa. Ti passo a prendere alle otto”
“Non sono organizzato con Benny...”
“Chiami zia Erta..”
“Ma...”
“Alle otto.” Si allontanò da lui senza dagli possibilità di replica alcuna.
Jan era agitato, di più. Benny lo guardava mentre si faceva la barba con estrema cura. Aveva appoggiato il cambio d’abiti sul letto come se dovesse recarsi ad un appuntamento galante.
“Esci con Miguel, perché ti agghindi?”
Jan lo fissò sgomento. “Mi sono solo fatto la barba.”
“Ti sei pure spuntato i peli del naso.”
“Che dici.. tuo padre non ce li ha i peli del naso...”
“Sì, come no...” Jan lo rincorse per scherzo. Finirono ruzzolando sul pavimento. Zia Erta arrivò in quell’istante. Subito dopo il telefonino del commissario vibrò. Miguel gli chiedeva di scendere con uno squillo.
“Non farò tardi, in ogni caso faccia in modo che non si metta in testa di aspettarmi sveglio”
“Non si preoccupi, vada pure signor Maybach” gli sorrise complice. Perché tutti pensavano che avesse un appuntamento galante? Cosa dava quell’impressione? Sbuffò. Raggiunse l’auto di Miguel a grandi falcate. Aveva già il fiatone.
Miguel indossava una camicia blu e una giacca nera a righe grigie alternate ad altre del medesimo colore della camicia. Si girò a guardarlo.
“Ciao”
“Ciao”
Nell’auto si creò un molesto silenzio. Poi Miguel cominciò a guardarlo di sottecchi. Notò che aveva una camicia carina sotto il giubbotto di pelle e si era rasato da poco. Era così bello da far venire l’acquolina in bocca. Che avrebbe pensato di lui se lo avesse portato direttamente a casa sua? Non lo faceva nemmeno con le ragazze, nemmeno con quelle più facili. Doveva toppare così proprio con lui? Il problema è che non aveva fame. Fatto inconsueto per uno della sua pasta.
“Dove andiamo?” domandò quando furono fermi ad un semaforo.
“Non importa” Jan lo guardo con tenerezza. Miguel rispose al suo sguardo.
“Ma se ci prendiamo una cosa dal cinese e ce la portiamo a casa mia, la trovi una cattiva idea?” Jan rimase a bocca aperta. Miguel voleva appartarsi con lui! E non erano nemmeno ubriachi.
“Sì, ma non ho fame.”
“Nemmeno io” lo disse con il tono di voce più basso che aveva. Jan rabbrividì. Chiuse gli occhi. Non voleva pensare a cosa stava facendo, che forse stava per corrompere un innocente. In ogni caso, Miguel, il suo Miguel, meritava di conoscere la verità.
Gli involucri d’alluminio furono lasciati sul tavolino a fumare. Entrambi gli uomini avevano gli stomaci incordati. Impossibile solo pensare di mangiare. Miguel gli fu accanto. Lo guardò con desiderio.
“Jan non sai da quando sto cercando un’occasione per parlarti...” gli brillavano gli occhi. Jan si tenne a debita distanza per evitare che gli venisse in mente di saltargli addosso. Non poteva lasciarsi andare prima di avergli spiegato che razza di essere abbietto avesse scelto per passare dall’altra sponda.
“Miguel anch’io devo parlarti. Siediti.”
“Sedermi? Perché quello che stai per dirmi mi farà crollare per terra?” era ironico. Molto probabilmente non sapeva quanto fosse vicina quell’ipotesi alla realtà.
“Va bene, sono seduto, parla” lo esortò. Jan si sedette a sua volta.
“Da quella sera....” s’interruppe per riprendere fiato “da quella sera non faccio che pensare a...”
“Anch’io”
“Miguel non m’interrompere.”
“Perché ne parli con quella faccia da funerale. È stato bello, non provare a dire che non ti è piaciuto” gli mise una mano sulla coscia. Jan gentilmente la scansò.
“Sì, mi è piaciuto. Anche se non è detto che se una cosa ti piace ti farà anche bene.”
“Di che stai parlando Jan?”
“Miguel tu non sei gay!”
“Sono felice che tu ne sia accorto” ridacchiò borioso.
“Io sì” ammise. Miguel lo guardò di sottecchi.
“Ne ho avuto il sospetto quella volta che hai litigato con Ina per accopparti l’ultimo dolcificante rimasto.”
“Non scherzare, parlo sul serio.”
“Vuoi che ci creda? So che ti piacciono le donne e... e sei stato sposato. E Benny?”
“Ma non l’hai ancora capito? Anya era solo una copertura. Un poliziotto omosessuale è roba da film, la realtà è diversa. In ogni modo, le cose tra noi non hanno funzionato. E ho continuato a recitare con tutti, compreso con me stesso. Le donne me le sono fatte piacere perché cercavo una madre per Benny e magari dei fratelli, anche” si asciugò la fronte matita di sudore. “Mi sarebbe piaciuto avere una famiglia vera. Ogni volta che torno a casa ci penso. Mi sento così solo.” Abbassò lo sguardo abbattuto.
“Ma non sei solo. Ci sono io con te” Miguel era felice. Jan gli aveva aperto il suo cuore. Forse si sarebbe anche lasciato amare. Non riusciva a pensare a qualcosa di altrettanto dolce.
“Miguel... ma cosa dici?” lo guardò finalmente dritto negli occhi, “perché ti stai lasciando infinocchiare così?”
“Infinocchiare?”
“Plagiare? Lo capisci plagiare?” Miguel ebbe un moto di stizza che represse quasi subito. Aveva voglia di prenderlo a sberle quel testone, ma soprattutto di tramortirlo a forza di baci. Fece altro. S’inginocchiò ai suoi piedi. Jan lo guardò sbigottito.
“Ma che fai?”
“Jan, guardami, te lo dirò una volta sola per stasera, imprimitelo bene in capoccia”
“Ma...”
“Niente ma. Io ti amo, hai capito? Ti amo... tu non mi hai plagiato. Non è da ieri, ne dall’altro ieri...”
“Cosa stai cercando di dirmi?” sorridendo con dolcezza il moro si accostò di più a lui. I visi furono ad un soffio. “Jan sto cercando di dire che ti amo da una vita e senza avere il minimo sospetto che tu potessi provare qualcosa per me, o tanto meno fossi omosessuale.” Jan sentì dentro sé incrinarsi qualcosa. Perché ostinarsi a credere altro quando la dichiarazione di Miguel sembrava così accorata e genuina?
“Ti è chiaro il concetto?” Jan annuì arrendendosi ai fatti. A Miguel non servì altro. Si gettò tra le sue braccia. Lo strinse a sé affondando la testa tra spalla e collo, sussurrando dolci parole.
“Dio come ti amo Jan...”
“Affermavi che non l’avresti più ripetuto” Miguel rispose sogghignando. Lentamente la sua guancia scivolò su quella dell’amico. Per qualche secondo furono immobili, quasi paralizzati. Poi fu Jan a sposare di qualche centimetro la testa di Miguel verso di sé. Le fronti slittarono mentre gli occhi si cercavano per guardarsi oltre lo sguardo. Poi fu solo una questione di secondi perché le bocche non urtassero per poi accarezzarsi con dolcezza. Ed in fine, aprirsi e fondersi. Il bacio scatenò una tempesta di sensazioni a lungo represse. Sudore e saliva si mischiarono in un orgia di lingue. La passione del loro primo bacio in mezzo alla strada, impallidì rispetto a quello che stava succedendo. Jan e Miguel avevano intrapreso uno dei momenti più erotici della loro esistenza. E mentre le bocche si azzannavano insaziabili, le braccia cominciarono a toccare, tastare, saggiare il corpo dell’altro. Miguel tirò fuori dai pantaloni prima la camicia di Jan e poi la sua. Incoraggiato da quel gesto Jan sbottonò il sopra poi il sotto. Nella confusione più totale e senza smettere di baciarsi, i due poliziotti si ritrovarono nudi l’uno di fronte all’altro. Quando se ne resero conto, la cosa li turbò un poco.
“E ora che facciamo, Miguel?”
“Secondo te?” fece un sorriso storto tutto malizia.
“Ma sei sicuro di quello che fai? Tu non sei mai stato con un uomo, non sei capace di...” Miguel lo interruppe appoggiando il palmo della mano sulla bocca.
“Sai cosa diceva il mio nonno spagnolo? Se una cosa non la sai fare imparala, se non hai il tempo di impararla, improvvisa!”
“Saggio il nonnino. Sai invece cosa diceva il mio?”
“Cosa?”
“Fattela spiegare.”
Miguel sogghignò per poi tornare ad assaltare la bocca. Quando la voglia di baci fu placata, tornò al discorso interrotto: “Non vedo l’ora di imparare, maestro.”
Jan sorrise. “Non aspettarti troppo però, è tanto che non faccio certe cose.”
“Dai Jan, non fare il difficile, non sarà così diverso da una donna.”
“Non puoi saperlo finché non provi.” Miguel lo stava trascinando nella sua stanza.
“Lo voglio provare, lo voglio sapere... voglio farti godere Jan. E voglio godere con te” Jan chiuse gli occhi mentre lo seguiva. La sola prospettiva lo eccitava da morire.
Stava per succedere.
Nel giro di poco si ritrovarono sul letto. Nudi, eccitati, desiderosi di darsi piacere a vicenda.
Jan gli afferrò la mano.
“Ora ti spiego come voglio che mi tocchi”
“Ok” Il tedesco purosangue spostò il palmo lungo il torace. Miguel lo guardò pieno di desiderio. Non avrebbe mai pensato che il bel corpo villoso dell’amico gli avrebbe fatto quell’effetto. Le dita si fermarono all’altezza del capezzolo destro.
“Ora vorresti strizzarlo, vero?”
“È sbagliato?”
“Per niente ma prima bagnati le dita con la saliva sennò stride troppo”
“Non fare il maestrino, anche le donne hanno i capezzoli e ci so fare io con le donne...”
“Finiscila, fanfarone e fai quello che ti ho detto” dopo il piccolo alterco, il tono di Jan tornò sensuale. Miguel insalivò per bene pollice e indice. Jan pensò che fosse dannatamente sexy con le due dita in bocca! Solo quel gesto lo avvicinava al culmine. Diligentemente, l’alunno si occupò del capezzolo. Non trattenendo gli ansimi di piacere, Maybach si lasciò andare a quel tocco.
“Ti piace?” domandò Miguel
“E me lo chiedi?”
“Posso anche baciarteli se vuoi”
“No, non ora. Passiamo al resto...”
“Ok...” Miguel lasciò che l’amico trasferisse la sua mano lungo la linea di peli scuri. Sotto il pube, l’erezione spingeva in alto.
“Non devi spiegarmi come si fa una sega, Jan, sono pratico con il mio. Sai, da ragazzino, ci giocavo spesso.”
“Non devi farmi una sega.”
Miguel lo guardò sorpreso. “Cosa?”
“Devi succhiarmelo.”
“Davvero?”
Jan scoppiò a ridere. “Sì, devi, ma non ora...”
“Perché non ora?”
“Perché sono così eccitato che se tu mi facessi un pompino, anche il più insoddisfacente, verrei in un baleno” così dicendo con l’indice lambì la bocca.
“Le tue labbra sono così belle Miguel, così piene... non riesco a pensare a qualcosa di altrettanto eccitante come averle attorno al mio sesso.”
“Lasciamelo fare, sono un incapace lo so, ma potrei sorprenderti. Mi piace provare qualcosa di nuovo. E di solito mi riesce alla grande.”
“Modesto come sempre.... piuttosto avevo in mente altro...”
“Dimmelo.” Jan non rispose ma agguantò la testa e la spinse verso le sue cosce tese.
“Baciami qui e poi arriva dove pensi io abbia bisogno... di essere baciato.” Miguel capì al volo. Vezzeggiò l’interno coscia posando una scia di baci e leccatine leggere fin quando non si ritrovò ad un passo dalla fessura e dai testicoli di Jan. L’odore che emanava il corpo del suo amico era intossicante.
“Ora inizia a leccare piano, senza spingere dentro con lingua, ok?”
“Sì, tranquillo. Riguardo a questo non devi spiegarmi nulla” si pavoneggiò.
La bocca di Miguel si occupò dell’apertura con solerzia, questo mandò totalmente su di giri l’altro commissario che iniziò a muoversi verso di lui.
“Adesso sì... adesso spingila dentro” ordinò con la voce contratta dal piacere. Miguel ubbidì scatenando sensazioni che sconvolsero entrambi. Jan si abbarbicò più forte verso la sua bocca. Istintivamente avrebbe continuato così fino a quando il piacere non l’avrebbe tramortito fino a farlo esplodere. Era una sofferenza chiedergli di smettere ma era più che deciso a non venire così.
“Ora basta”
“Vuoi che smetta?”
“Sì...” intontito dal piacere Jan si scostò da lui. Senza preavviso gli prese il sesso in mano.
“Jan... che fai?” Miguel era sorpreso. Lo desiderava talmente tanto, eppure si sentiva intimidito. Jan gli stava dando piacere. E lui temeva che ne sarebbe morto.
“Quando saremo un po’ meno su di giri faremo molti giochi con la bocca. Ma ora basta preliminari. Ti voglio dentro di me” Miguel spalancò la bocca sorpreso. Aveva capito bene? Jan gli aveva chiesto.... proprio...
“Vuoi che ti scopi?”
“Certo che lo voglio, Miguel...” un dubbio subitaneo unito ad un moto di gelosia invase il giovanotto.
“Era quello che ti facevi fare... da i tuoi amanti?”
“Un solo amante e, in ogni modo, la risposta è sì, mi facevo scopare il culo. Ti stupisce?”
“Dovrebbe stupirmi ancora qualcosa?” Miguel sorrise tornando sereno. “Scusami piccolo, è che sono talmente geloso all’idea che tu abbia fatto queste cose con un altro...”
“Ma ora sono tuo, conta solo questo, ok?”
“Sì, hai ragione. Ora dimmi quello che devo fare.”
“Hai già fatto abbastanza” Jan impugnò il sesso alla base avvicinandolo a sé. Si voltò dando le spalle all’amico.
“Adesso prendimi.”
“Sei sicuro, non ti farà male?”
“Non essere sciocco. Non è la prima volta e poi mi hai lubrificato così bene...” sorrise malizioso. Miguel lo guardò pieno di desiderio. Era così sexy il suo Jan in quella posizione. Nudo, carponi, e con i capelli umidi di sudore che gli solcavano la fronte.
“Prendimi” ripeté. Non era una richiesta ma una supplica. E Miguel non aveva più intenzione di farlo aspettare.
“Sì, amore mio” esalò appoggiandosi a lui. Lo sormontò stendendosi con il torace sulla schiena.
“Sei mio...” sussurrò prima di spingersi dentro lui e lasciarsi avvolgere dalla quella meraviglia. Quando fu completamente immerso iniziò a muoversi piano. Dalla bocca uscirono suoni incoerenti e dolci parole piene di gratitudine.
“Jan... è stupendo... io non credevo...”
“Ora vai più veloce...”
“Sicuro che posso?”
“Non puoi, devi. Lasciami godere con te dentro” quelle parole lo infiammarono. Miguel afferrò l’amico per i fianchi mentre si lasciava andare inferendo colpi secchi e precisi che ben presto mandarono in visibilio il beneficiario. Jan si abbandonò al godimento a sua volta, non trattenendo grida estatiche mentre lo incitava a non smettere, a non rallentare il ritmo.
“Continua così... mi fai diventare matto”
“Tu mi fai diventare matto” rispose Miguel mentre si approssimava a perdere il controllo. Jan continuava a spingersi verso di lui con i fianchi, e con il corpo tutto. Sembrava volesse anche lui entrargli dentro.
“Sto per venire” fece sapere. Gli assalti sempre più pressanti e ravvicinanti di Miguel stavano coccolando il suo punto speciale. Doveva esplodere in breve tempo. Rischiava di morire in caso contrario.
“Anch’io sto per venire” fece sapere Miguel. Sentì come una scossa elettrica partirgli sotto i testicoli e propagarsi lungo la spina dorsale. E Jan fu riempito dal suo seme. Dopo un urlo di gioia venne anche lui. Miguel si lasciò andare sull’ampia schiena e Jan, per sostenere il peso improvviso, piegò le ginocchia fin quando non toccarono il letto.
Per qualche secondo restarono immobili a godersi quel silenzio calato improvvisamente dopo la confusione dei minuti precedenti. Abbracciati, nudi, ammantati di sudore. Ed uniti. Il sesso ancora duro di Miguel era stretto tra le natiche.
Avevano fatto l’amore. Era stato incredibile. Ora avrebbero dovuto affrontare il ‘dopo’ ma prima dovevano riprendersi dallo stordimento. Fu Jan a muoversi per primo. Si scostò da sotto il corpo scivolando verso la spalliera del letto. Appoggiò la testa su di un cuscino.
Miguel si voltò dalla sua parte. Si guardarono negli occhi.
“Come sono andato?”
“Vuoi sentire i complimenti ora? Vero macho latino?”
“Se ti va di farmeli...” Jan allungò la mano per accarezzargli il volto.
“Scopi da Dio” ammise sorridendo. “Mentre dimmi, tu, da neofita, cosa ne pensi del sesso con un maschio?”
“Per la miseria Jan, penso sia evidente cosa ne penso” gettò quelle parole andandosi ad accostare a lui. Le bocche si lambirono per qualche istante per poi ricominciare un bacio lento e sensuale.
“Essere dentro di te, sentirti godere attorno a me piccolo, è stato come essere in paradiso senza morire.”
“Sicuro che non la dici a tutte questa bella farse?”
“Sicuro, già. Sicuro che tra poco ricominciamo”
“Pensi di avere energie a sufficienza?”
“Per almeno un sei-sette ore sì, ce la posso fare.”
“Sei uno sbruffone Alvarez, te l’ho mai detto?”
“Sì, bello mio, sarò anche uno sbruffone ma scommetti che non vedi già l’ora che te lo rimetta tra le gambe, non è così?”
“Puoi giurarci stallone” Miguel sorridendo lo agguantò per la vita trascinandolo sopra di sé.
“Ora vuoi farlo così?” chiese Jan una volta cavalcioni su di lui.
“Il maestro sei tu, si può fare?”
“Si può fare tutto.” Ma Jan aveva un’altra idea prima di cavalcarlo. Si abbassò per baciargli il petto. Miguel rabbrividì un po’ mentre la bocca del collega si spostava diretta nei lidi più umidi del suo corpo. Dopo aver leccato e succhiato l’ombelico, si spostò a vezzeggiare i peli pubici. Miguel già non resisteva più a quella tortura.
“Prendilo in bocca, Jan, non farmi tribolare più.”
“Non dirlo a me, sto soffrendo anch’io per quanto ho voglia di succhiartelo” Miguel era sorpreso. Jan non solo sembrava davvero a suo agio in quella situazione ma era anche più intraprendente delle donne con cui era stato. E, in quel letto, n’erano passate parecchie! Jan accarezzò la punta con le labbra. Miguel urlò qualcosa di veramente osceno. A quel punto Jan non ebbe più incertezze, lo accolse tra le labbra. Durò poco, una serie di assalti decisi e una quantità di liquido saporito s’infranse sul palato di Jan.
“Ti piace la mia essenza?” domandò ironico.
“Sì, è proprio come te, piccante e allo stesso tempo dolce”
“Vieni qui ora” Miguel lo aiutò a scivolare lungo il suo corpo. Furono petto contro petto. Si baciarono così che anche l’ispanico ebbe modo di sentire il sapore di una parte di sé.
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MIo diooooooooooooooooo! Non c'è niente di più erotico di questi due che fanno l'amore, come si sfiorano, si baciano e le cose che si dicono. Questa volta hai superato te stessa, tesoro.
RispondiEliminaGrazie carissima... non vedo l'ora di arrivare al dunque in tango così da poter scrivere qualcosa del genere con te. So già che sarà una meraviglia
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